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mercoledì 1 dicembre 2010

Bulli e pupe - (Bad) guys and dolls

 Prossimo post Next post Saturday/sabato 4th dicembre
 Scroll down for English version please


Capita abbastanza spesso, navigando in blog che trattano di vita familiare, di leggere di mamme che si lamentano del fatto che i figli di due anni sono oppressi da bambini violenti di tre con episodi di bullismo. 


Come ad esempio nel bellissimo blog di Bismamma.


Capita che questi bambini gli facciano pipì addosso, gli rubino la merenda, disegnino o scrivano sul loro astuccio, o anche li picchino. In alcuni asili bambini di venti mesi strappano i ciucci dalla bocca di compagni di classe più piccoli solo per vederli piangere.


Che cosa sta succedendo?

La nostra società ha scoperto solo ora che la natura umana tende ad essere cattiva? Che l’egoismo è una vittima sempre arrabbiata e pronta a ferire? Davvero il nostro mondo credeva che fossimo tutti buoni e bravi e che il male esistesse solo nei videogiochi e nei film?
E quindi? Dov’è il problema? Perché ci troviamo di fronte ad un problema.

Bambini con comportamenti da bulli diventeranno adolescenti violenti e adulti pericolosi se non li fermiamo e correggiamo subito e da subito. Cosa che del resto è il compito più importante dei genitori: condurre alla civiltà i nostri selvaggi primitivi. In un certo senso è misterioso e divertente, un’ironia della creazione, che ogni famiglia debba rivivere l’intera storia della società, dallo stadio primitivo a quello della civilizzazione, dal livello più basso della piramide di Maslow al più alto, aggiungendone talvolta un sesto che possiamo riassumere con la parola “santificazione”.


Il vero problema è che i genitori sembrano impreparati ad affrontare i loro figli piccoli: hanno perso non solo le armi – preferite chiamarli strumenti? – di cui hanno bisogno, ma anche la strategia, l’approccio: non sanno fermare gli “hooligans”. Perché per fermare un teppista è necessaria una forza interiore che sembrano non possedere più.
In realtà, se proseguite nella lettura di quei blog che abbiamo menzionato prima potreste trovarvi davanti esattamente questo racconto: abbiamo detto ai loro genitori di fare qualcosa, loro ci hanno guardati con disperazione, con gli occhi spalancati in un’espressione disperata: “non possiamo, non ne siamo capaci!”
Prima di tutto, prima di andare a ricercare cause e soluzione, è importante comprendere che essere genitori è un lavoro duro, anche per le star di Hollywood!
Abbiamo scelto, non siamo stati obbligati a mettere al mondo dei bambini. Ora dobbiamo loro i nostri migliori sforzi per aiutarli a crescere.
Torniamo al punto: come siamo arrivati alla situazione in cui i genitori non sanno gestire bambini così piccoli?
Proviamo a trovare le cause, la cui radice è una sola, secondo la nostra opinione: un’interpretazione completamente sbagliata di cosa sia l’essere umano e di conseguenza di cosa sia l’amore. Non vogliamo discutere questa affermazione in questo post, fatelo nei commenti, se vi interessa, oppure lo faremo in un articolo futuro se le vostre richieste ci suggeriranno di dedicare del tempo a questo argomento.
Affrontiamo ora le conseguenze:
se ritenete che la natura umana sia espressione di sé, sentimento, emozione, istinto, se davvero credete, perché l’avete imparato da libri, tv, blog, da chiunque altro, che l'educazione non sia affatto plasmare un carattere, estrarre una scultura dalla pietra grezza (cosa che tra l’altro la parola educazione significa secondo l’etimologia), ma al contrario se ritenete che educazione significhi solo osservare e sorridere e lasciare che i cuccioli facciano ciò che vogliono, dovete poi inevitabilmente affrontare queste conseguenze. E’ matematico: state crescendo un potenziale teppista e se invece diventerà una vera signora o un gentiluomo non sarà vostro merito ma un dono della Grazia.
Amare, infatti, non significa rifiutarsi di essere al comando e dire no quando è necessario. Dobbiamo agire avendo come scopo quello di favorire la sana felicità dei nostri coniugi, dei nostri figli, quelli che vogliamo e dovremmo amare.
Se non ci adoperiamo per aiutare i nostri cari a conquistare il loro bene, ci possono essere solo due ragioni:
  1. non sappiamo quale sia il bene
  2. non sappiamo cosa fare

Qualsiasi altra possibilità significa che non vogliamo essere un aiuto, un amico. In altre parole: non amiamo i nostri figli (o chiunque altro).


Detto questo, chiediamoci sinceramente: so qual è il bene per i miei figli? Come posso aiutarli ad ottenerlo? Sono davvero consapevole che per ogni decisione che prenderò devo affrontare questo terribile dilemma:

    1. farò qualcosa per soddisfare le loro richieste, cioè “faccio ciò che vogliono?

oppure

    2. farò qualcosa per aiutarli a crescere in modo sano, cioè “faccio ciò di cui hanno bisogno”?

Di solito non è possibile soddisfare contemporaneamente queste due premesse.
E ciò che dovremmo fare, ciò che dobbiamo in realtà fare, è ciò di cui hanno bisogno, che scatena regolarmente dolori e resistenze. Dobbiamo dire “no”. E motivarlo! 
Dobbiamo, se vogliamo educare i nostri figli, insegnargli che ci sono dei limiti che non possono essere oltrepassati.
Dobbiamo mandarli a letto quando è ora, ed il letto non può essere il nostro; devono mangiare ciò che decidiamo noi e non ciò che vogliono, e quando decidiamo che è l’ora giusta. Devono smettere di piangere, di guardare la tv, di giocare ai videogiochi, devono mettere in ordine la loro stanza e così via. Perché così facendo stanno in realtà facendo molto di più che dormendo da soli, mangiando ciò che trovano nel piatto, mettendo in ordine le loro stanze e via dicendo. Stanno imparando che ci sono dei doveri e delle responsabilità e che non possono fare esattamente ciò che vogliono ma ciò che è richiesto dalle circostanze,  e che devono lottare e sforzarsi per raggiungere i loro obiettivi.
Come possiamo essere in grado di comportarci in questo modo?
Possiamo non sapere cosa è bene per loro, e per noi. O possiamo non essere intimamente convinti che ciò che stiamo chiedendo loro sia ciò di cui hanno bisogno.
Dobbiamo studiare e fidarci di persone che hanno maggiore esperienza di noi.
Dobbiamo iniziare a ragionare e a pensare alle conseguenze a lungo termine dei nostri comportamenti immediati. Dobbiamo valutare quale impatto può avere o non avere sul futuro non nostro ma dei nostri figli, ogni decisione che prendiamo.
Perché amarli non è conquistare la loro approvazione: questo non è amore, è egoismo.
Non vogliamo pagare il prezzo di essere genitori, che può essere l’impopolarità. Apparentemente perché i nostri figli sanno cosa è bene per loro stessi, e noi diciamo “no” solo perché desideriamo vederli soffrire.
Suggeriamo di dare un’occhiata a questi post pubblicati in precedenza:

Amare è lottare per scegliere sempre la soluzione migliore, prendere la decisione migliore per il loro futuro seguendo un piano educativo che ci porterà lontano quanto più possibile dal nostro piccolo adorabile uomo delle caverne fino alla soglia della civiltà.
Quali sono i vostri suggerimenti? Cosa dovrebbero fare i genitori secondo la vostra esperienza? Cosa possiamo fare per sopportare questo fardello?


 English version





It’s happing quite often: you read a blog about family life, and moms are complaining because their two years kid is oppressed by a three years old rough guy bullying her or him. The nasty boy pees on her/him, steels her/his snack, draws or writes on her/his case or even beat her/him. In some nursery twenty months children snatch away pacifiers from the mouth of younger classmates just to see them cry.

Now, what’s new? Has our society discovered just now that human nature tends to be mean?  That selfishness is a prey always angry and always ready to bite? Does our world truly believe that we are all good and good-willing and that evil is resident only in videogames and movies?
So what? Where is the problem? 


Because we are facing a problem. Malicious kids will became rough teens and nasty (wo)men   if we do not stop and correct them right now. Which by the way is  the main duty of parenting: brings out civilization from primeval savages. It’s in some way mysterious and funny, irony of creation, that every family should relive the full story of human society, from the primitive stage to the urban one, from the lowest level of the Maslow’s pyramid  to the highest one, sometime adding a six step to that trigon, that we can summarize in the word sanctification.
Now, the actual problem is that parents seems unarmed in front of their little children: 
they have lost not only the weapons –would you like to call them tools instead?- they need but even the strategy, the approach: they can’t stop the hooligans. Because to stop thug you need an inner force that they may no more own.
Actually, if you go on reading those blogs we mentioned you find out exactly this situation: we told their parents to do something, they look at you in despair with eyes wide shut, with an hopeless plaint on their face: “we can’t, we are not able to!”.
First of all, before going on finding causes and solution,  it’s important to understand that parenting is an hard work, even for Hollywood stars!
We choose it, we were not obliged to father a kid. Now we owe them our best efforts in helping them to grow.
Back on track: how comes that parents cannot handle so little kids?



Let’s try to find out the causes, whose root is just one, in our opinion: a completely wrong interpretation of what human being is and consequently what love is. We won’t discuss this sentence in this post, let’s do it in comments, if you are interested in, or in a future article if your requests will suggest us to invest your time on this topic.
Let’s face now consequences:
if you believe that human nature is self-expression, is feeling, emotion, instinct, if you really believe, because you have been taught to by books, tv, bloggers, who else you want, that education is never on earth mould a character, extract from raw stone a sculpture (what by the way the word education means by etymology), but on the opposite education means just watch and smile and let the puppy do what (s)he wants, then you have to face these consequences. It’s mathematical: you are growing up a potential roughneck and if (s)he will become a lady or a gentleman, that won’t be your credit by a gift of the Grace.
Love actually does not mean to refuse to be in command, and say no when it’s required. It requires mandatory to act to promote the healthy happiness of our spouse, our kids, those we want and should love.
Now, if we do not take action s to help our beloved to conquer their good, there can be just two reasons:
  1. we do not know what good is
  2. we do not know what to do

Every other options just means we do not want to be a support, to be a friend. In other words: we do not love our children (or anybody else).
Having said that, let’s sincerely ask to ourselves: do I know what good is for my children? How can I help them attain it? Do I really know that every decision I will make has to face this terrible dilemma:
    1. will I do something to fulfill their requests, so “do what they want”?
Or
    2. will I do something to help them grow healthily, so “do what they need”?
Usually we can’t fulfill these two premises together.
And what we should do, what we must actually do, is what they need, which regularly generates pains and resistances. We have to say no. And mean it! 
We have to if we want to educate our children, confirm that there are limits and that these boundaries cannot be overcome.
We have to send them to bed when it’s time, and that bed must not been ours; they have to eat what we decide it’s good for them and not what they want, and when we decide it’s the right timing. They have to stop crying, watching tv, playing videogames, put their room in order and so on. Because doing so they are doing much more than just sleeping alone, eating what it is in the their dishes, putting their rooms in order and so on. They are learning that there are duties and responsibilities and that they cannot just do what they want but what it is required by the situations and that they have to strive for reaching their goals.



Now why we cannot be able to do so?
We may not know what it is good for them, and for us. Or we may not be convinced deep inside that what we are asking them is what they need.
So we just have to study and trust people we have more experience than we have.
We have to start reasoning and think of the long terms consequences of our short term behaviors. We have to consider which impact every decision we make can have not on our future but on the future of our kids.
Because loving them is not winning back their approval: this is not love, this is selfishness. We do not want to face the costs of being parents, which can be unpopularity. Apparently because our children do know what is good for them, and that we are not saying “no” just because we like seeing them suffering. We suggest to take a look to these previous posts:

Love is struggling to always choose the best solution, take the best decision for their future following an education plan that will bring as far as it would be possible our little lovely cavemen towards the threshold of civilization.
Which can be your suggestions? What in your experience should parents do? What we can do to bear this burden?

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il tema è spinoso e rischio di scrivere un commento chilometrico.
Il problema è che sono di gran moda una serie di pedagogie che di per sé hanno numerosi aspetti interessanti e anche positivi (montessori, steiner, attachment parenting...), ma che arrivati al fondo della questione affrontano il bambino come una creatura perfetta, capace di trovare entro di sé motivazione, abilità, direzione. Per alcuni sostenitori di tali pedagogie, l'adulto dovrebbe avere solo il ruolo di rispettoso spettatore, perché in tutti gli altri casi rischia di danneggiare il bambino. Bisognerebbe evitare non solo le percosse, ma persino la lode, la disapprovazione, ogni forma di castigo (da quelli pesantissimi ai cinque minuti di break per riflettere)... insomma il bambino non farebbe mai capricci ma esprimerebbe sempre legittime esigenze... temo che in questo caso si tratti di una cattiva antropologia.
I presupposti di queste pedagogie sono che la natura umana sia naturalmente buona, che possa essere corrotta solo dalla società e dai rapporti sociali, in cui la famiglia rischia di essere visto come un elemento di danneggiamento, quando non è istruita doverosamente sui metodi da seguire.
Personalmente, anche se amo con tutto il cuore che i miei figli manifestino le proprie doti, i propri interessi e le proprie caratteristiche individuali, credo la natura umana nasca con la ferita del peccato originale, sia quindi un impasto di bene e di male, capace di luce e di ombra... il mio ruolo di educatore è quello di incoraggiare la luce e aiutare a tenere a bada l'ombra, in ultima istanza di indicare un percorso di santità come possibile. Certamente, non potrò poi vantarmi dei loro successi né ritenermi l'unica responsabile delle loro sconfitte: gli elementi sono moltissimi, e i genitori, per quanto importanti, non esauriscono gli input che riceve un bambino.
Ma è chiaro che se il bene e il male si sfumano, se la nostra scala di valori si relativizza, se si ritiene che il male sia esclusivamente una costruzione sociale (mentre invece la società, se correttamente intesa, costituisce un argine)... allora è evidente che nessuno può intervenire su un altro, neppure un adulto su un bambino di pochi mesi o anni... il quale viene invece visto come il misterioso portatore di una natura incorrotta... fino a quando non ci si trova degli adolescenti sbandati o degli adulti immaturi, ma ormai è troppo tardi!

Rossella - Casa Lellella ha detto...

come sempre condivido su tutto.

vorrei solo sottolineare un'altra volta come la moda del genitore-amico abbia fatto più male che bene.

Paolo Pugni ha detto...

Grazie Rossella, non sai quanto sono d'accordo con te!

Paolo Pugni ha detto...

carissima perfectioconversationis siamo non dico in totale ma se possibile ancora di più accordo! Ignorare la ferita originale ha prodotto una serie di sciagure che ricadono in primis sui figli e poi su tutta la società. Bamboccioni e adolescenti -enni ne sono un esempio.
Don Mazzi scriveva che se volessi rovinare un figlio, farei in fretta a trovare come e avrei la garanzia di successo: cioè la sua rovina; volendo invece aiutarlo a scopirere il bene, si fa fatica e il successo è nelle mani della volontà umana (e nella Grazia).
A voler essere pignoli potremmo quindi dire che possiamo essere fortemente responsabili, o corresponsabili, dell'insuccesso dei figli e nell'altro caso... beh... servi inutili siamo, abbiamo fatto il nostro dovere!
Grazie ciao
F&P

Corie ha detto...

Sono in linea di massima d'accordo con quanto è stato detto. Perfectioconversationis forse ha innalzato anche il livello della discussione. Intano in età prescolare c'è un minimo sindacale che dobbiamo esigere dai nostri figli, e che porrà le basi per far loro comprendere qualsiasi altro discorso quando saranno più grandi. E il minimo sindacale per me é il rispetto degli altri: non si picchia nessuno, non si risponde male a nessuno, non si strappano di mano i giocattoli agli altri bambini.
Piangeranno, soffriranno di non avere il genitore complice delle loro malefatte, ma pazienza, impareranno cosa è bene e cosa è male.
Il problema di noi genitori è che spesso non sopportiamo (per stanchezza, per debolezza, per mille altri motivi) lo stress del pianto. Ma così i primi a subire i loro atteggiamenti negativi siamo noi.
Il discorso sarebbe lunghissimo a questo punto, quindi mi fermo qui. Grazie dello spazio.

Paolo Pugni ha detto...

Corie, di nuovo perfettamente d'accordo. E questo mi preoccupa... tutti i commenti sin qui raccolti sono sintonici. Abbiamo sbaragliato il campo con la razionalità.... o che cosa?
Sto pensando di raccogliere tutti questi commenti e fare un post speciale su questo... grazie
Paolo