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lunedì 13 dicembre 2010
Let's socialize! - Socializziamo!
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Wednesday/Mercoledì 15 dicembre
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Socializzamo! Scordatelo!
Uno dei miti del pianeta educazione in Italia è quello della socializzazione. Già l’acutissima Paola Mastocola, scrittrice e insegnante molto apprezzata, stimata e intervistata, alla quale è stato dedicato anche un blog elogiativo, ne aveva parlato nel suo tagliente e profondo saggio La scuola raccontata al mio cane illustrando come la scuola pubblica sia scivolata in questo equivoco arrivando in alcuni casi estremi ad affermare che il compito dell’insegnamento sia quello di favorire la socializzazione tra alunni piuttosto che fornire elementi chiari ed aiutare la famiglia a plasmare buoni cittadini, brave persone.
Non ci è dato sapere se questo mito, paradossale, sia diffuso a livello globale, e se in particolare colpisca anche quelle nazioni dalle quale provengono i lettori di questo blog: Stati Uniti, Svizzera, Australia, Regno Unito, Belgio, Corea del Sud, Federazione Russa e molti altri ancora.
Certo, socializzare può essere il modo laico, o se vogliamo essere un po’ pepati ed acidi, per provocare reazioni e poter discutere insieme, la degenerazione laicista di ciò che i cristiani chiamano semplicemente carità: può essere, ma per molti maitre-à-penser nostrani questo sembra lo scopo di tutto. E questo concetto ha finito per pervadere l’ambiente diventando un mantra collettivo. Curioso se consideriamo che questa in cui viviamo è l’epoca con meno barriere alla relazione di sempre. Curioso e inquietante forse proprio per questo: non sarà mica che questo abbassare i muri invece che favorire la “socializzazione” ha finito per allontanare le perse fagli altri, avendole avvicinate così tanto a se stesse da aver perso la misura di che cosa voglia dire non diciamo l’amore, ma anche solo l’amicizia? Ma di questo, se vorrete, ce ne occuperemo in altre occasioni.
Torniamo a noi: siamo perfettamente d’accordo che la socializzazione possa essere un gradito e auspicato effetto collaterale dell’insegnamento. A partire dalla scuola materna, forse addirittura dalla scuola primaria. Troviamo un po’ sorprendente è che sempre più mamme di bambini dell’asilo nido chiedano se esista una attenzione specifica alla socializzazione. Ora come un bambino di sei mesi possa socializzare resta un mistero insolubile. Anche prendendo in esame un bimbo di 30 mesi, il problema resta di difficile quadratura.
Ora a che cosa serve un asilo nido oltre che a provvedere all’accudimento e a fornire un servizio di utilità civile alle famiglie nelle quali la mamma lavora? Ce lo spiega Franca, che tra le molte attività che svolge, come ogni donna, gestisce anche alcuni nidi della rete Happy Child.
Che cosa ne pensate? Qual è il vostro contributo?
Che cosa ne pensate?
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English version
Let’s socialize! Forget about!
One of the myths of the Italian education is system is expressed by the mantra “let’s socialize”.
Paola Mastocola, an italian writer and teacher, described this mania in her book La scuola raccontata al mio cane showing the origin and consequences of this decision.
We do not know if this word, and this myth, is widespread: it would be very interesting to know what’s happening in your countries, especially in those countries from where the readers of this blog come: although it could be unlikely we are proud, and somehow confused, to daily discover that these pages are read not just in Italy and the US, but in South Corea, UK, Belgium, Swiss, Russia, Singapore, Australia, New Zealand and some other more countries. It would be interesting to understand if this same myth, the socialization factor, is also present in your country and how.
Here, in Italy, if we can put it paradoxically and even a little bit provokingly, it seems that the principal aim of all the education system it is not to provide a wide baggage of knowledge and know how, mixed up with the fundamental elements required to be not only learned but overall wise, it’s not to shape good citizen, good people, but it looks like the main aim of the Italian school system is to help you be friendly.
Socialization may be the lay way, or to put it spicy the secular degeneration, of what charity is for Christian: it could, but it’s for several Italian maitre-à-penser to establish social relations seems to be the most relevant goal that every education agency should pursue.
We can agree about it’s utility for high school students, for second grade ones and even for first grade children, although we have to confess that we find quite amazing, and sad, that kids have to be taught how to socialize and make friends, an attitude we believed inborn: maybe this is the consequences of a world that pushed so hard to promote the individual, to find out that it goes along not just with selfishness but with solitude too.
What we find weird, and a little worrying is that several moms ask for and look for socialization even at kindergarden: now how a six months kid could socialize it’s really a tough question. And if you consider a 30 months child instead, you didn’t reduce the complexity of the problem.
What should you ask to a kindergarden? Let’s listen to what Franca as to say about in this video…
What do you think about?
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3 commenti:
Interessante questo video! Purtroppo nella mentalità comune si pensa ancora che l'asilo nido sia un posto dove lasciare i bambini quando i genitori lavorano, che siano lì "parcheggiati" e che le educatrici si occupino solo dei loro bisogni fisici, pertanto non sia richiesta una grande preparazione... E' deleterio pensare questo, soprattutto per chi come me ha studiato e ci ha lavorato, perchè i bambini a questa età hanno enormi potenzialità che devono essere sviluppate attraverso esperienze sensoriali a 360°. Infatti la grande pedagogista Maria Montessori, definì la mente dei bimbi di questa età come una "mente assorbente" proprio per indicare la capacità di assorbire gli stimoli dall'ambiente esterno e di immagazzinare i "dati" a partire dalle esperienze concrete.
Per cui il lavoro dell'educatrice non è affatto semplice,deve fornire al bambino tutti gli stimoli necessari allo sviluppo della sua personalità, offrirgli la possibilità di fare esperienze, aiutarlo a crescere come PERSONA.
Ma vi assicuro che è una professione che dà molte soddisfazioni, perchè vedere e aiutare questi bimbi a crescere è un'emozione meravigliosa!
Mi chiedevo cose ne pensate di un libro come "Contro gli asili nido".
Da un lato ho la convinzione che ci siamo presi in giro da soli quando per decenni si continuava a dire che "l'importante è il tempo di qualità". Per un bambino, specie piccolissimo, sono convinta che importantissima sia la quantità di tempo che passa con i proprio genitori o al massimo con la famiglia allargata. Ci sono asili nido bellissimi, alcuni basati anche su ipotesi pedagogiche interessanti, come quelle montessoriane, ma ritengo che sia un grande limite della nostra società la spinta a tornare subito (o, a volte, mai più) nel mondo del lavoro: in moltissimi nidi i bambini vengono consegnati frettolosamente come pacchi, altrettanto frettolosamente ripresi, a volte anche dopo 10/12 ore. I genitori (e, ammettiamolo, soprattutto le mamme) devono fare equilibrismi per far quadrare tutto: lavoro, famiglia, casa... con il risultato che vivono vite sbranate, spesso inseguite dai sensi di colpa. I bambini poi sembrano le vittime di questa organizzazione economico-sociale: non stupisce che molte famiglie riescano a gestire un solo figlio e non di più.
D'altro canto, molte statistiche dicono che dove gli asili nido sono abbondanti e funzionano bene, dove le famiglie possono godere della maggiore flessibilità del mondo del lavoro, lì la media di figli pro-capite aumenta sensibilmente.
Infine, la socializzazione scolastica sembra essere sempre più distorta: in moltissimi casi i bambini soffrono la permanenza nell'ambiente scolastico più di quanto non ne traggano vantaggi (dal punto di vista della socializzazione). Gli insegnanti inoltre non sempre sono in grado di correggere le dinamiche di gruppo distorte (parlo di elementari e medie), con il risultato che non è infrequente scoprire che si manda tutti i giorni il proprio figlio in un luogo dove soffre profondamente. Ci sono anche tante situazioni che funzionano bene (per fortuna) ma quando qualcosa va male si ha l'impressione di essere impotenti. Di fatto la socializzazione mi sembra molto più dichiarata che effettiva.
Da tempo seguo numerosi blog (italiani e stranieri) sull'homeschooling e mi stupisco ogni volta come quella che è la principale critica a questa scelta educativa (la mancata socializzazione) sia di fatto smentita dalle statistiche: gli homeschooler che arrivano nelle high school americane sono fortemente ambiti dalle scuola stesse proprio per l'elevato livello di autonomia, la capacità di approfondimento e per... una migliore socializzazione!
Mi piacerebbe sapere il vostro parere su questi argomenti.
Sono domande e questioni affascinantissime. Ti prometto un post prima di Natale, spero, dati che credo che quest'argomento vada condiviso per quanto è importante.
Grazie!
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