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lunedì 30 aprile 2012

What parents fear: facing risks - Che cosa gli potrà succedere? Le paure dei genitori




Next english post Wednesday May 2nd  
Prossimo post mercoledì 2 maggio

Testo in italiano qui sotto - grazie







We start talking some post ago we talked about what parents fear.  To start going deeper let’s first list them again, as Mariolina Migliarese our favorit psychiatrist uses to define them, so that we could be able to understand better each of them

1)   we fear to make mistakes, to hurt our kids because we take wrong decisions
2)   we fear for their health: diseases, risks, wrong friends, wrong places…
3)   we fear to lose their love, their appreciation
4)   we fear to impose them our values, what we believe in
5)   we fear they can suffer in any way, especially frustration

Last week we discussed the fear to make mistakes so today we will face the second listed fear: that they could be hit by something terrible, they could fall ill, they can meet wrong people, the can be exposed to risks and so on.
In some way that is an healthy fear: it’s one of our duty to protect our kids and to teach them how to face the dangers that life & world will through against them.
And that’s precisely the point: we have to prepare them, teach them, train them to face life. Not manipulate life to prevent any potential risk.

It’s important to consider two main factors here, in my opinion:

First: we improve and get smarter only, or mainly, when we face issues and we are able to overcome them or to cope with the defeat. That’s the way people fortify their personality. To become stronger we need to face the unexpected and solve the problem. It help us to learn, therefore to make our reason brighter, and to reinforce our will.
Second: to learn how to face concerns we have first… to face some. It’s a on-the-job learning process. We need to have problem to solve to learn how to solve problems! So it’s our duty, as parents, to find out the best balance between protection from risks and exposition to dangers to toughen our children. We already talked about this in the post we wrote about Lenore Skenazy and the free range kid approach.

Let’s get back to our childhood: I know the world was much less dangerous than now (but then again: is this true? Was it really less risky or were the perils just different from now) and I know that the environment was really different from town to town from block to block, not to talk about different countries. But let’s remember: how did we learn what life was?

Testo in italiano



Qualche post fa abbiamo ripreso una conversazione di Mariolina Migliarese che presentava le principali paure dei genitori. Per riprendere il tema partiamo elencando qui di seguito quali sono, secondo la psichiatra infantile, le nostre paure prima di discuterle una alla volta.

1) abbiamo paura di sbagliare, di ferire i nostri bambini perché prendiamo decisioni errate
2) temiamo per la loro salute: le malattie, i rischi, gli amici errate, posti sbagliati...
3) abbiamo paura di perdere il loro amore, il loro apprezzamento
4) abbiamo paura di imporre i nostri valori, ciò in cui crediamo
5) abbiamo paura di farli soffrire in qualche modo, soprattutto abbiamo paura che provino frustrazione.

La scorsa settimana ci siamo occupati della paura di sbagliare, oggi tocca alla paura per la salute dei nostri figli.  Che cosa può accadere loro? Si possono ammalare, farsi male, frequentare compagnie inadatte, o addirittura pessime, essere esposti a rischi e così via…
Certamente questa paura ha in sé qualche cosa di sano: è il nostro dovere di proteggere i nostri figli e insegnare loro a saper fronteggiare quei pericoli che a vita e mondo scaglieranno contro di loro.

Ecco infatti il punto: dobbiamo prepararli, istruirli, allenarli ad affrontare la vita. Non manipolarle il mondo per creare un ambiente protetto e innaturale intorno a loro. Insomma per ripetere una frase che ci piace molto: non preparare il cammino per i figli, ma i figli per il cammino.

Per questo, secondo me, è bene avere presenti due punti.

Primo: la persona umana migliora e cresce solo, o soprattutto, se viene messo di fronte a problemi da superare e impara risolvendoli e cavandosela o impara a gestire la delusione del fallimento. È così che fortifichiamo la nostra personalità. Per diventare più forti abbiamo bisogno di fronteggiare gli imprevisti e essere capaci di risolvere il problema. Ci aiuta ad apprendere, quindi rende la nostra ragione più lucida, e fortifica la nostra volontà.

Secondo: per imparare a gestire i problemi dobbiamo innanzitutto… avere problemi da gestire. Si impara solo dalla pratica. Dobbiamo avere sfide da affrontare per imparare come affrontare le sfide. Come genitori abbiamo dunque il dovere di trovare il giusto equilibrio tra protezione dai rischi ed esposizione ai pericoli con fine di crescita. Ne abbiamo parlato quando abbiamo presentato Lenore Skenazy e il suo approccio all’educazione.

Proviamo per un istante a tornare alla nostra infanzia: lo so, lo so. si dice che il mondo fosse molto meno pericoloso di oggi (ma è poi vero? O i pericoli erano solo diversi da quelli di oggi?) e so benissimo che le situazioni erano molto diverse da quartiere a quartiere da città a città da città a campagna. Ma… come abbiamo imparato che cosa fosse la vita?

sabato 28 aprile 2012

Sabato italiano: L'alibi della scoliosi


Sabato Italiano: il post solo nella lingua del Belpaese
Italian Saturday: only for Italian speaking readers



Next english post Monday April 30th - 
Prossimo post lunedì 30 aprile






Qualche volta è una nonna, più spesso una mamma. Talvolta capita al nonno. Tutti a congiurare contro il cucciolo, che spesso ha superato l'età del primo ruggito, anche del secondo, e de terzo.
Ma non ha ancora l'età per portarsi a spalle la cartella.
Che sarà anche pesante, e i giornali parlano della scoliosi e dei difetti di crescita.
D'inverno nelle località sciistiche assume altri contorni: sono gli sci che mamme, papà o spesso tate (quando ci sono) portano in spalla mentre il pargolo, poverino, sgambetta agitando stanco bastoncini e scarponi. Qui il problema sono le spalle. E poi un po' di attenzione per la fatica. E' qui a divertirsi, il tesorino, mica a faticare. 
Però.
Però mia mamma lo chiamava olio di gomito. E più che fatica produce fortezza e resistenza.
E comprensione di che cosa sia la vita.
Ora scuserete il tono acido, sarcastico, ma certe cose faccio fatica a capirle. Che poi ci lamentiamo se alla prima frustrazione crollano, se poi quando sono adolescenti diventano ingestibili, se poi finiscono per fare danni gravi, alcuni gravissimi.
Che cosa abbiamo fatto per far capire loro che la vita è bellissima sì, ma è dura e va affrontata col petto in fuori e i denti digrignati?
Che cosa abbiamo fatto per insegnare loro la fortezza?
Già, ma la fortezza è virtù da insegnare? Vale ancora oggi?



giovedì 26 aprile 2012

ROOMEEFFOC Family disorder - Disordini in famiglia



Roomeeffoc Thursday 
The provoking post

Giovedì Roomeeffoc
La provocazione per riflettere



Next english post Monday April 30TH - 
Prossimo post Sabato Italiano 28 aprile

Testo in italiano qui sotto - grazie







Dyslexia is nothing to laugh at. And even we are under the cover of the Roomeeffoc Thursday we want mock in anyway this tragic and painful problem that upset many families. I want to be very clear about this to avoid any potential misunderstanding and sufferance that I do not want to cause in any way.
I’m not talking of a certified pathology, an manifest language disorder.
Having said that I feel free to point out a phenomenon which is increasing rapidly in Italian school, and it would be great to know more from our foreigner readers about what’s going on in their country. The fact is easy: as soon as in middle school marks worsen, and study becomes more difficult and demanding, here we are: a magic certification that the kid is affected by some learning disorder. 
The consequences are simple: a different way of evaluation, simpler, different homeworks and different way of checking what has been learnt.
Once more I’d like to underline that I’m not talking of kids who actually suffer dyslexia or something similar: what I want to point out is that some families, a growing number though, are using this short cut to apparently help their children, while actually, far from being of any help, they are causing severe consequences in their kids: a loss of self-esteem and self-confidence, taking from them the chance to learn through efforts to reinforce their will and personality, exposing them to the mockery of other kids, showing them that if you are smart enough you could always find a cutoff through problems even if this is unfair or even illegal.
Is this what we call love?

Testo in italiano





La dislessia non è uno scherzo e non si può certo metterla al centro di una burla, o di una provocazione, anche siamo nella terra franca del giovedì Roomeeffoc. Non si scherza sulla sofferenza altrui. E non voglio certo dare l’idea di voler mettere alla berlina o attaccare ciò che fa soffrire molte famiglie. Voglio essere molto chiaro su questo punto per evitare ogni tipo di fraintendimento. Non sto parlando di patologie conclamate, di disordini manifesti dell’apprendimento o del linguaggio,
Ciò che voglio stigmatizzare è un pessimo approccio educativo, un fenomeno crescente nella scuola media italiana, che ridicolizza l’insegnamento e genera bamboccioni, caratteri flaccidi ego referenziati, personalità infiacchite da un presunto amore.
Che cosa succede? Capita che dopo i primi votacci alle medie, dopo le prime difficoltà di studio, la fatica ad apprendere, le ore che si moltiplicano, invece che sostenere i figli in questa nuova avventura che richiede coraggio e sforzo, un numero purtroppo crescente di famiglie sceglie la scorciatoia. E voilà compare il magico certificato che attesta i problemi di apprendimento del cucciolo che, prodotto a scuola, genera una serie di effetti a catena: corsia preferenziali per i voti (almeno sufficienti) metodologia ammorbidita di interrogazione e compiti in classe, sempre con la soluzione pronta alla mano, lezioni specifiche, compiti ridotti e così via.
Affermo ancora una volta di non stare parlando di reali patologie, di minorazioni che feriscono la famiglia in tutti i suoi componenti. Sto parlando di chi fa il furbo, di chi esagera una difficoltà che non è se non una malattia della volontà non dell’intelletto, e penalizza i figli i nome di un sedicente affetto che in realtà è comodità e perbenismo.
Quali le gravi conseguenze?
Perdita di autostima e fiducia di sé, esposizione alle reazioni non simpatiche dei compagni, privazione della possibilità (o diritto) di plasmare la propria personalità attraverso lo sforzo e la sfida, dimostrazione che nella vita i furbi se la cavano sempre con scorciatoie neli migliore dei casi scorrette o immorali quando anche non illegali.
Per tacere dei problemi provocati alla classe e quindi ai compagni.
Secondo voi questo è amore?

mercoledì 25 aprile 2012

Happy families? Famiglie davvero felici?


Next post Tomorrow April 26th  
Prossimo post domani 26 aprile

Testo in italiano qui sotto - 
scorrere per trovarlo - grazie







It’s time to clarify, to explain. What we do mean with the brand of this blog: happy families, that’s the simple translation of Famiglie felici.
Well, not so simple actually. What do we mean with happy? What happiness is? That’s a weird word when applied to people and families.
We can easily answer what we do not suggest: not a perfect family, not a perfect marriage. As far as we know flawless families are unhappy, truly miserable. And seeking to reach perfection in a couple or in a family usually leads quite soon to sorrow and dispair. And immediately after to divorce.
So we do not want to promote a model of family that will end up destroying the family itself.
So what happy means? In our vision happiness is a state of mind much more than a measure of wealth and health. It’s the typical attitude of people staying well together and better with the world. A team of people with a strong team spirit, family spirit to tell the truth, that means the will to contribute to each success, which is once more not a wonderful career or a huge bank account but a sense of accomplishing.
An happy family is a  family based on a strong reciprocate love, the human action that nourish self-esteem and self-trust in other people, accepting them as they are while pushing constantly to improve them.
Such a family can be happy even if all its members are far away from being perfect. What it’s mandatory, and it’s enough, is that they are all ready to listen, to love, to invest one’s own life for the other people of the family. For ever.

Oh, by the way, today april, 25th  2012, it's our 27th anniversary... 

Testo in italiano




È il momento di chiarire, di spiegare con profondità e dovizia di particolari. Già perché questo titolo, famiglie felici, può sembrare un’utopia o un progetto di marketing di scarsa qualità.  Non è certo quello che intendevamo usando questo brand per il nostro blog. Forse più che brand direi una visione, una aspirazione: una meta.
Che cosa è la felicità? Oggi si fa molta confusione e molte sono le interpretazioni di questa parola che in fin dei conti è ciò che tutti cerchiamo nella nostra vita.
Ecco, possiamo are subito una risposta semplice. Che cosa non è una famiglia felice: non è una famiglia perfetta, non è una coppia perfetta. Per quello che sappiamo anzi una coppia senza imperfezioni, una famiglia assoluta, se esistono, sono generalmente infelici. E quelle famiglie o coppie che fanno della ricerca della perfezione il proprio obiettivo possiamo affermare con certezza che sono infelici. Che questa ricerca conduce rapidamente alla tristezza, alla disperazione, all’inferno. E spesso, subito dopo al divorzio.
Perché questo concetto di perfezione impone tensione continua e generalmente tritura i deboli, non ammette sbagli, non perdona le cadute.
Invece  il concetto di felicità che abbiamo in mente è proprio il contrario: è uno stato del cuore quindi, non è misurabile in termini di ricchezza, salute, successo, potere. È l’atteggiamento tipico di chi sta bene insieme e ancora meglio con il mondo, se possibile. Un gruppo di persone animate da un forte spirito di squadra, anzi spirito di famiglia per l’appunto, vale a dire la volontà di contribuire al successo gli uni degli altri, dove per successo non intendiamo certo una carriera impeccabile o un conto in banca senza fine.
Una famiglia felice è una famiglia costruita su un forte amore reciproco, amore essendo quell’atto della persona che nutre l’auto-stima e la fiducia in sé dell’altro, accettandolo così com’è proprio mentre lo si incita e sostiene ne miglioramento di sé.
Una simile famiglia può essere felice anche se i suoi membri sono ben lungi dall’essere perfetti. Ciò che è necessario, e sufficiente, è che tutti siano pronti ad ascoltarsi, amarsi, aiutarsi, sostenersi, battersi l’uno per l’altro. Per sempre.

Ah, tra l'altro, oggi 25 aprile è il nostro 27simo anniversario di matrimonio...

lunedì 23 aprile 2012

Making mistakes - Del commettere errori


Next post Wednesday April 25th  
Prossimo post mercoledì 25 aprile

Testo in italiano qui sotto - 
scorrere per trovarlo - grazie






Some post ago we talked about what parents fear.  To start going deeper let’s first list them again, as Mariolina Migliarese our favorit psychiatrist uses to define them, so that we could be able to understand better each of them

1)   we fear to make mistakes, to hurt our kids because we take wrong decisions
2)   we fear for their health: diseases, risks, wrong friends, wrong places…
3)   we fear to lose their love, their appreciation
4)   we fear to impose them our values, what we believe in
5)   we fear they can suffer in any way, especially frustration

They are listed in a sort of (il)logical way, being the fear to make mistake the “in the beginning…” terror that terrify and petrify a huge number of parents.
To overcome this frightening nightmare let’s start to consider why we are obsessed with that and which are the consequences of it.
We do love our kids, greatly: since when they are just born till… well… till the end. Our end. So we do not what to hurt them and since nowadays we are so fragile, oppressed by a lot of self-calling  experts that state what we have to do and claim what we don’t, we are very confused about dos and donts. Every decision seems to have a bad effect on our kids and hurt them.
So we prefer to give up: no decision seems better that hurting decision.

Actually it’s not.

Mariolina suggests to consider two main areas of reflection:
a)    consequences: kids could seem to be pleased by their parents’ inaction, but in reality they tend to consider this withdrawal as a clear sign of lack of love, absence of attachment. You do not want to risk for me, therefore you do not love.
b)   Are we intimately sure that we do not want to take decision because we do not what to risk to avoid hurting our kids? Couldn’t it be because we cannot resist without having their full and evident approval, which our decision could deny us? Why this? Because usually our decisions imply refusals, we have to say no. And we are afraid of losing their love, their appreciation. And this is a selfish fear.
Actually, loving and educating kids means being responsible for them, provide –and teach them to discover- what it’s good and what is right. We need therefore to take decision for them, we should not seek perfection, but hunt for their good.
What do you think about?


Testo in italiano







Qualche post fa abbiamo ripreso una conversazione di Mariolina Migliarese che presentava le principali paure dei genitori. Per riprendere il tema partiamo elencando qui di seguito quali sono, secondo la psichiatra infantile, le nostre paure prima di discuterle una alla volta.

1) abbiamo paura di sbagliare, di ferire i nostri bambini perché prendiamo decisioni errate
2) temiamo per la loro salute: le malattie, i rischi, gli amici errate, posti sbagliati...
3) abbiamo paura di perdere il loro amore, il loro apprezzamento
4) abbiamo paura di imporre i nostri valori, ciò in cui crediamo
5) abbiamo paura di farli soffrire in qualche modo, soprattutto abbiamo paura che provino frustrazione.

Quest’elenco segue una sorta di filo (il)logico, dato che la paura di commettere errore sta, come dire, “in principio….” rispetto a tutte le altre, e si tratta di un terrore capace di pietrificare e congelare molti genitori.
Per superare questo terrificante incubo iniziamo a capire perché ne siamo ossessionati e quali siano le conseguenze di questo timore.
Amiamo i nostri fili. Sempre. Da appena nati sino… alla fine. La nostra fine. E non vogliamo ferirli assolutamente. E oggi siamo così fragili perché siamo oppressi da un crescente mumero di esperti che pretende di dirci che cosa fare mentre afferma categoricamente cosa non dobbiamo fare. E spesso questi comandamenti variano in un breve lasso di tempo da un opposto all’altro. Siamo molto confusi. Sembra che qualunque decisione finisca per ferire i figli.
Quindi meglio rinunciare, lasciar perdere e non agire. Non decidere appare la soluzione ideale, quella che non ferisce.
In realtà è proprio il contrario.
Mariolina suggerisce di riflettere su due punti in particolare:
a)    conseguenze: i figli possono anche sembrare lusingati da questa assenza di azione, ma in realtà considerano questa fuga una diserzione, un chiaro segnale di mancanza di affetto, di amore. Non vuoi rischiare per me? Non vuoi metterti contro di me? Non vuoi fissarmi dei limiti? Allora non ti interessa nulla di me, non mi ami.
b)   Siamo poi proprio così sicuri di non voler prendere decisioni per non ferire i nostri figli? Non sarà mica che, nel profondo del cuore, sotto sotto, ciò che ci interessa è di non perdere audience, gradimento, approvazione? Perché in fin dei conti prendere decisioni il più delle volte significa negare, rifiutare, respingere: dire di no. E questo comporta ruvidità, reazioni. E scatena la nostra paura di perdere il loro amore, di non essere amati. Che è un terrore egocentrico ed egoistico.
A dire il vero, educare (amare) i figli comporta prendere decisioni per loro, assumersi la responsabilità di scegliere, mostrare ed insegnare che cosa sia il bene, che cosa sia giusto. Dobbiamo prendere decisioni per loro: non cerchiamo la perfezione, commetteremo errori e inevitabilmente li feriremo, li deluderemo forse anche. Ma nella ricerca del bene queste ferite sono inevitabili e spesso utili.

sabato 21 aprile 2012

Sabato italiano: i voti servono?

Sabato Italiano: il post solo nella lingua del Belpaese
Italian Saturday: only for Italian speaking readers



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Prossimo post lunedì 23 aprile




Ha tenuto banco nelle ultime settimane questa vicenda dei voti nelle scuole. La proposta è di abbattere i voti bassi, quelli che umiliano.
Com’era da attendersi le reazioni sono state molte, e rigidamente asserragliate su posizioni opposte: feroce rigetto o entusiastica adesione.
Da un lato chi sostiene che bruttissimi voti rafforzano il carattere, dall’altro chi è convinto che si limitino solo ad umiliare e a gettare nella disperazione.
Conviene ragionare, partendo dalle condizioni al contorno.
È sicuro che le generazioni più giovani -non stiamo qui ora a vedere perché limitiamoci a constatarlo- hanno una capacità di resistere alla frustrazione decisamente scarsa. Pressochè inesistente. E’ un male, certo. E bisogna darsi da fare per alzare il minimo. Perché la vita è dura e quello che conta è saperla affrontare, saper superare le frustrazioni.
Ecco il punto. Appioppare un 2 aiuta? O invece è un segnale per lasciar perdere? Per scatenare magari un genitore incapace di distinguere tra ignoranza (del figlio) e malafede (dell’insegnante)? I ragazzi di oggi sanno trarre esperienza dal voto bassissimo per crescere? Temo di no.
Il che non significa che allora si debbano dare sufficienze a tutti sempre. Cadremmo nell’errore opposto. Significa che forse fermarsi al 4 sia un compromesso tra una giusta, e doverosa, severità, e lo stimolo a riprendersi. Anche perché, a orecchio, non è che abbondino i 10 per fare paio con un 2 e raggiungere la media del 6.
Se lo scopo è quello di invitare ad un maggiore impegno, ad una applicazione; se lo scopo è mandare un segnale non solo didattico ma anche educativo, allora forse un 2 è decisamente un voto sbagliato.
E voi che ne dite?
giovedì 19 aprile 2012

Roomeeffoc Thursday: educational slapping - Lo schiaffo educativo

Roomeeffoc Thursday 
The provoking post

Giovedì Roomeeffoc
La provocazione per riflettere



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Prossimo post Sabato Italiano 21 aprile

Testo in italiano qui sotto - grazie







It’s so politically incorrect that you cannot find the news on the web. I just have a photocopy of the original article appeared on the weekly magazine of the Corriere della Sera. Well, actually I found it on the net, but not the article, the full magazine in a pdf format, and the text I’d like to talk to is in the last page. By Aldo Grasso.
What surprised me is not what he wrote, that I actually agree with, but the fact that no one attacked him for what he wrote.
He said that well a slap, a buffet, well it’s not such a mistake, you can use them with kids as a support in education.
Don’t start complaining or aggressing him or me. Please listen. We are inside the Mooreeffoc shield, where we can use paradox, provocation as a mean to discuss and reason and reach a higher level of awareness. All of us.
None of us is saying that you have to be violent in education. Neither that you are allow to use violence. What he said, and I agree, is that sometime you might need to be very firm, and that kind of firmness sometime requires blunt answers. And a slap could be one.
I would like to differentiate violence from steadiness. If you kid were in danger you  would act immediatley and firmly, maybe tugging her/him to take her/him off the street. Isn’t that violence? Well in some way. If you use to tug your kid everytime, that would be violence. It’s the context that makes the difference. Is the goal that makes the difference. Are you acting for her/his good, healthy or just to blow off?
The problem is: what do we mean for our kids’ good?

Testo in italiano


È così politicamente scorretto che non è possibile trovare la notizia sul web. Ho solo una fotocopia dell'articolo originale apparso su Sette settimanale del Corriere della Sera. Beh, in realtà l'ho trovato in rete, ma non l'articolo, la rivista completa in formato pdf, e il testo di cui mi piacerebbe parlare è nell'ultima pagina. Di Aldo Grasso.
Ciò che mi ha sorpreso non è quello che ha scritto, con cui io in realtà sostanzialmente mi trovo in accordo, ma il fatto che nessuno lo abbia attaccato per questo articolo.
Ha detto che anche uno schiaffo, un buffetto, non sono poi così un errore, si possono anche utilizzarli con i bambini, come un supporto nell'educazione, come strumento educativo.
Non cominciate a lamentarvi o aggredire lui o me. Per favore ascoltate. Siamo al riparo dell’ombrello Roomeeffoc, della provocazione, del paradosso, della sfida intellettuale per capire e conquistare insieme una nuova consapevolezza. Noi per primi. E diffido chiunque dall'affermare che stiamo suggerendo di essere violenti con i propri figli.
Nessuno di noi sta dicendo che bisogna essere violenti nell'educazione. Né che ci sia permesso di usare la violenza. Quello che ha detto, e con cui sono d'accordo, è che a volte potrebbe essere necessario essere molto fermi, e quel tipo di fermezza richiede a volte risposte energiche. E uno schiaffo, diciamo meglio uno scappellotto o un buffetto o uno sculaccione, potrebbero essere una di queste.
Vorrei distinguere la violenza dalla fermezza. Se il nostro bambino fosse in pericolo di vita agiremmo immediatamente e con fermezza, magari strattonandolo per portarlo via dalla strada. Non è violenza questa? Ebbene in qualche modo si. Se siamo soliti dare strattoni ogni volta al nostro bambino, per imporre le nostre ragioni, ciò sicuramente sarebbe violenza.
E' il contesto che fa la differenza. È l'obiettivo che fa la differenza. Stai agendo per il suo bene o semplicemente per scaricarti?
Il problema è: cosa intendiamo per "il bene dei nostri figli"?
martedì 17 aprile 2012

Le paure dei genitori - What parents fear

Next post Tuesday April 19th - 
Prossimo post giovedì 19 aprile


Testo in italiano qui sotto - grazie






What do we fear? What are parents scared of? Mariolina Migliarese suggests that we are not able to be so firm as we should be as parents, standing steadily in front of our kids to show them the way, because we do fear to many things.
Let’s list them before discussing them one at the time in future posts, thanks also to your comments and hints.
1)   we fear to make mistakes, to hurt our kids because we take wrong decisions
2)   we fear for their health: diseases, risks, wrong friends, wrong places…
3)   we fear to lose their love, their appreciation
4)   we fear to impose them our values, what we believe in
5)   we fear they can suffer in any way, especially frustration

It’s quite easy to understand that our parents and their parents and their parents (and so on) should fear similarly: so why do we act differently so that one can claim that nowadays what is changed are the kids but parents?
I believe that the founding fear is that we cannot withstand to lose, apparently, the love and respect of our kids, because we are no more aware of what love is and how it works.
We tend to mistake love for audience and success. That’s not love. That’s something completely different and much poorer than love. That’s just appearance.
We want everything and now, and we cannot delay satisfaction because we have been taught to feel and express and live lead by emotions. Which is not exactly what life is.
So, what do you think about?


Testo in italiano




Di che cosa abbiamo paura? Di cosa i genitori hanno paura? Mariolina Migliarese suggerisce che non siamo in grado di essere così saldi come dovremmo essere come genitori, costantemente autorevoli davanti ai nostri ragazzi per mostrare loro la strada, poiché abbiamo paura di troppe cose.
Elenchiamo le nostre paure prima di discuterle una alla volta in futuri post, grazie anche ai vostri commenti e suggerimenti.
1) abbiamo paura di sbagliare, di ferire i nostri bambini perché prendiamo decisioni errate
2) temiamo per la loro salute: le malattie, i rischi, gli amici errate, posti sbagliati...
3) abbiamo paura di perdere il loro amore, il loro apprezzamento
4) abbiamo paura di imporre i nostri valori, ciò in cui crediamo
5) abbiamo paura di farli soffrire in qualche modo, soprattutto abbiamo paura che provino frustrazione.
E' abbastanza facile capire che i nostri genitori ed i loro i genitori, ed i loro genitori (e così via) debbano ugualmente avere avuto paura: allora perché ci comportiamo in modo diverso, tanto che si può affermare che ciò che è cambiato oggi non sono bambini ma i genitori?
Credo che la paura fondante è che non possiamo sopportare di perdere, a quanto pare, l'amore e il rispetto dei nostri bambini, perché non siamo più consapevoli di cosa sia l'amore e di come funzioni.
Tendiamo a confondere l'amore con  il successo. Non è l'amore. Questo è qualcosa di completamente diverso e molto più povero di amore. Questo è solo apparenza.
Vogliamo tutto e subito, e non possiamo ritardare la soddisfazione perché ci è stato insegnato di sentire e di esprimere e a vivere, guidati dalle emozioni. Che non è esattamente la vita.
E voi, cosa ne pensate?
sabato 14 aprile 2012

Intervista a Carlo Climati: i giovani e lo sguardo sul futuro

Sabato Italiano: il post solo in lingua italiana

Next post (also in English) Tuesday April 17th - Prossimo post martedì 17 aprile





Carlo Climati, giornalista e scrittore romano, è autore di saggi e racconti. Si dedica soprattutto ad inchieste e ricerche nel campo dei mezzi di comunicazione, delle tematiche giovanili, della musica e dello sport. Il suo nuovo libro è “Immenso sguardo. I mondi dei giovani” (Editrice Rogate). Tra le altre pubblicazioni: “I giovani e l’esoterismo”, “Il popolo della notte” e “I giochi estremi dei giovani” (Paoline).
Questo è il suo sito ufficiale. In questa intervista rilasciata a TelePadrePio presenta il suo nuovo libro a proposito del quale oggi gli abbiamo posto alcune domande mentre qui è possibile ascoltare il suo punto di vista sui giovani.

Da dove nasce lo spunto per questo suo nuovo libro, “Immenso sguardo”?

“Immenso sguardo”, secondo me, è lo sguardo che i giovani hanno nei confronti del mondo che li circonda. Uno sguardo d’amore, d’impegno, di fiducia, d’entusiasmo, di giustizia, di speranza nel domani. Uno sguardo che non conosce confini e che sa volare oltre l’infinito.
Nel libro spiego che i giovani, nell’affacciarsi sul cammino della vita, sono affascinati dagli ideali più alti e attratti da tutto ciò che è puro e bello. Di sicuro, nel loro approccio con il mondo che li circonda, partono con il piede giusto. Ma poi, col passar del tempo, cominciano ad incontrare ostacoli.
Il desiderio di giustizia dei ragazzi, il loro entusiasmo, la loro voglia di fare del bene si scontrano spesso con quella parte della società che è traditrice e che vuole far vincere i più furbi e i più forti.
Esiste sicuramente, da parte di tanti giovani, il desiderio di costruire un mondo pulito, onesto, sincero, basato su valori autentici. Ma fino a che punto i ragazzi hanno la libertà di esercitare questa loro naturale tendenza al bene?
Il libro analizza, con un linguaggio semplice, diversi temi legati al mondo dei ragazzi: l’amore, la famiglia, lo studio, lo sport, i viaggi, la fede, il lavoro, la politica, il tempo libero, la vita virtuale su internet, la violenza, la sofferenza, l’incomunicabilità, la dittatura dell’insoddisfazione.
L’obiettivo è quello di lanciare un forte messaggio di speranza e di fiducia nei confronti nelle nuove generazioni.
Io credo nei giovani. Credo nel loro immenso sguardo. Credo nel loro entusiasmo e nel loro desiderio d’accogliere la proposta del bene, della bellezza e delle virtù più autentiche, perché questo è ciò che hanno scritto nel proprio cuore.

Perché questa attenzione ai giovani? Non nasconde la moda del giovanilismo?

Il rischio di fare del giovanilismo è sempre dietro l'angolo. E' lo stile freddo e distaccato di chi studia i giovani dall’alto di una cattedra, per catalogarli, metterli in qualche statistica, senza mai scendere tra di loro. E’ necessario, invece, vivere il contatto con i ragazzi. Essere “sulla strada” e interrogarsi sulle motivazioni profonde che sono alla base di certi meccanismi sociali. Altrimenti si resta tra le nuvole.

Che cosa intorbida lo sguardo ai giovani d'oggi?

Oggi, purtroppo, c’è una tendenza a dipingere il mondo a tinte scure, come se fosse irrimediabilmente corrotto. Nell’aria c’è un sentimento di rassegnazione e di pessimismo diffuso, che spinge i ragazzi a considerare la vita una specie di giungla in cui trionfano i più forti.
Molti giovani sono sfiduciati. Non credono più nella famiglia, nella politica, nella religione, nell’amore, nell’onestà, nella lealtà, nella legalità. Alcuni si chiedono: “Perché dovrei comportarmi bene, se tutto il mondo è malato e cattivo? Chi me lo fa fare? E’ meglio essere furbi ed adeguarsi ai tempi”.
Questo tipo di ragionamento rischia di rovinare il futuro delle nuove generazioni, spesso deluse e disilluse, a volte rinchiuse in un guscio di oscurità e di disfattismo autolesionista.
         
Nel passato si è occupato di rock satanico, di droghe, di dipendenze: come vede la situazione oggi? Che mondo trovano i giovani?

Nel mio libro sottolineo che oggi sono tante, purtroppo, le occasioni in cui i giovani vengono traditi, usati, strumentalizzati, schiavizzati, indottrinati, manovrati, calpestati nella loro dignità di esseri umani. Il cammino della gioventù è disseminato di trappole lasciate in giro dagli adulti. E’ come se i ragazzi fossero costretti a muoversi continuamente in un campo minato, pronto ad esplodere e a lasciare ferite profonde.
Pensiamo, ad esempio, a che cosa accade durante il fine settimana in certi locali da ballo. La discoteca, di per sé, rappresenta una risposta a un sano e giusto desiderio dei giovani: quello di riunirsi per trascorrere qualche ora in allegria, incontrando altri amici.
Questo è il punto di partenza. Il punto d’arrivo, purtroppo, è spesso devastante. Si inizia con un semplice desiderio di ballare, e si finisce con il consumare droga o morire in automobile, sulla strada del ritorno a casa.
Questo accade perché la sana voglia di divertimento dei ragazzi viene tradita da persone senza scrupoli che gestiscono i loro locali in modo irresponsabile. Creano ambienti pericolosi, facendo finta di non vedere ciò che accade nelle proprie discoteche.
L’obiettivo di certe persone è uno solo: arricchirsi sulla pelle dei ragazzi, sfruttarli, spremerli, succhiare la loro anima e ridurli ad uno stato bestiale. Non hanno alcuna stima dei giovani. Vogliono semplicemente strumentalizzarli per far crescere il proprio conto in banca.

Ma questi problemi di cui parla non sono oggi comuni anche ai... meno giovani?

Sicuramente sì. Adulti e giovani, oggi, hanno in comune tanti problemi. Pensiamo, ad esempio, alla solitudine. Tante persone sole, oggi, si chiudono nel guscio di internet e finiscono per crearsi una vita virtuale, fuggendo dalla realtà. Questo accade ai giovani e agli adulti indistintamente.

Oppure pensiamo alla tentazione di assomigliare ai falsi modelli materialisti proposti da un cattivo uso della televisione. E' una trappola in cui finiscono i giovani, ma anche gli adulti. Tempo fa ero al mare. Vedevo una mamma che rimproverava la figlia perché voleva leggere un giornalino che lei riteneva stupido, superficiale. Aveva ragione. Ma poi lei, sotto l'ombrellone, leggeva i soliti settimanali di pettegolezzi.

Quali sono le sfide principali nell'educazione oggi?

La sfida principale, secondo me, è quella di mostrare che la scelta del bene può esistere davvero. Non è un'utopia. E' possibile costruire un mondo diverso, migliore, con lo sforzo di tutti. Ma questo deve cominciare dalla nostra vita. Anzi, dalla mia vita. E' inutile lamentarsi e dire che il mondo fa schifo. Proviamo a cambiarlo con il nostro impegno, prima di metterci sul piedistallo e sottolineare gli errori degli altri.
Come giornalista, sento molto la sfida di usare bene i mezzi di comunicazione. Purtroppo, oggi, i mezzi di comunicazione tendono a dare poco spazio al bene, rispetto alle tonnellate di carta di giornale e di servizi televisivi dedicati al male: corruzione, omicidi, scandali, violenze e brutalità di ogni genere.

Eppure basterebbe guardarsi intorno per accorgersi che esistono tante bellissime storie che possono dare il buon esempio, senza miracoli o azioni spettacolari. Si tratta, semplicemente, di testimonianze di gente comune, che ha saputo illuminare il mondo con un piccolo gesto d’amore, offerto lungo il cammino della vita quotidiana. Una vita non sempre facile, caratterizzata spesso da cadute, difetti, incertezze, paure e fragilità. Ma che può, ugualmente, rappresentare un esempio significativo per le nuove generazioni, diffondendo ottimismo e speranza.

Nel mio libro parlo del bellissimo esempio che danno tanti genitori: un padre che torna a casa, la sera, stanco, ma è pronto a giocare con il proprio bambino. Oppure penso al sorriso di una mamma mentre prepara la cena e mette il sale nella pasta. Gesti semplici, ma importantissimi.

                
Come aiutare i ragazzi ad avere uno sguardo immenso e limpido?

Prima di scagliare pietre contro i giovani bisognerebbe chiedersi: quali valori siamo stati in grado di trasmettere loro, in questi ultimi anni? Li abbiamo aiutati a coltivare le virtù umane, oppure abbiamo favorito una condizione di resa e di appiattimento?
La grande speranza per il futuro è proprio questa: avere il coraggio di stimolare nei ragazzi una cultura veramente diversa e controcorrente. Una cultura orientata all’impegno, alla giustizia, al rispetto di ogni essere umano. 

Nessuno deve sentirsi escluso da questo percorso di rinnovamento, perché i primi a dover dare l’esempio sono proprio gli adulti. Se non c’è il buon esempio, non può esserci alcun tipo di educazione. Dare un esempio non significa essere sempre perfetti. Questo, probabilmente, è impossibile. Tutti noi siamo fragili e possiamo commettere errori. Ma si può dare il buon esempio anche riconoscendo i propri errori e le proprie fragilità.
Al tempo stesso, io mi aspetto che i ragazzi siano disposti a dialogare e ad ascoltare, con rispetto, chi ha qualche anno in più. Altrimenti si cade nell'errore di voler distruggere ogni cosa del passato, nel nome della “novità”. Ma non è così che si può cambiare il mondo.
        
Può darci tre consigli semplici e brevi per le famiglie di oggi, per aiutarle ad essere felici.

Ascoltarsi. Sapersi comprendere e perdonare. Accettare i propri limiti e non sognare una famiglia idealizzata, come quella che si vede negli spot pubblicitari. Una vita felice è possibile, anche senza quella merendina o quel modello di telefono cellulare, senza le vacanze esotiche o l'automobile rombante. Una famiglia felice è possibile se si recupera il valore della sobrietà e delle cose semplici, con l'impegno di tutti.