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mercoledì 15 dicembre 2010

Ma le mamme possono lavorare? - Is there room for working Moms?

Prossimo post Next post Friday/venerdì 17 dicembre
Scroll down for English version
Lot of link in this post: take a look

Ma le mamme possono lavorare?




Credo che questo blog abbia superato la prima prova. Ne sono convinto perché il tenore dei commenti è sostanzioso e la temperatura è salita. Non che i commenti precedenti non fossero sagaci e intelligenti, si intende! Alcuni degli ultimi però sono diventati così stimolanti da imporre di essere presi come punto di partenza per nuovi post. Come questo appunto.
Nel precedente post Daniela la mamma autrice del blog PercetioConversationis, un blog decisamente inspirato il cui nome discende direttamente dalla regola di San Benedetto e definisce l’aspirazione alla pienezza della vita.
Il suo recente commento costituisce lo spunto per non uno ma due temi non eludibili:

  • una mamma deve lavorare? Può lavorare? 
  • la formazione scolastica a casa, permessa in alcuni stati americani e non altri paesi del mondo,  è una valida alternativa alla scuola pubblica? O per dirla all’italiana e provocare un po’: la scuola privata è una soluzione da preferire a quella pubblica?
Come potete vedere non si tratta di temi banali, anzi di argomenti che meritano. E per iniziare affrontiamo il tema delle mamme al lavoro.

Abbiamo già sfiorato il tema in una intervista con Stefania Boleso Boleso The pursuit of happiness dove Stefania, autrice di un interessante blog che espone le difficoltà e vessazioni a cui sono sottoposte le donne nel mondo del lavoro in Italia.

Daniela affronta il problema da un’altra angolatura: parla dei rimorsi che solitamente assalgono le madri quando finiscono per trattare i propri piccoli come pacchi da parcheggiare durante il giorno. O per lo meno: così finiscono proprio loro per pensare. E, c’è da dire che alcuni asili nido, qualche malizioso suggerisce molti, sembrano più interessati ad agire da parcheggi che non da centri educativi peggiorando così la percezione delle mamme.

Daniela menziona anche il più diffuso inganno con il quale i genitori sono soliti raggirare se stessi: il tempo di qualità. “Non sarà poi molto questo tempo, la quantità è ridotta: ma la qualità, è proprio elevata!”. Ora a dire la verità, se moltiplico un numero elevatissimo per un altro prossimo allo zero, ciò che alla fine ottengo è comunque zero.

Dunque che cosa devono fare le mamme? Starsene a casa? Combattere la trappola del senso di colpa? E’ un fantasma che aleggia spesso ed inquieta se anche la più famosa delle blogger italiane, Elastigirl di Nonsolomamma, che abbiamo avuto il piacere di intervistare qui di recente sembra esserne affetta, o per lo meno diciamo che saggiamente ne affronta l’argomento introducendo la soluzione del part time.

Un parere interessante sulle "buone madri" è espresso da Vivienne Borne in questo post.

La nostra visione sul problema è molto semplice:

  • da un lato siamo convinti che il contributo che le donne, le mamme in modo speciale, donne che la maternità ha in qualche modo arricchito, possono offrire alla società e al mondo del lavoro sia vitale, sia così irrinunciabile che la società deve darsi da fare per favorire l’accesso delle mamme alla professione, in tutti i modi possibili ed immaginabili,
  • dall’altro siamo altrettanto convinti che una donna possa realizzarsi pienamente anche senza bisogno di un lavoro professionale, che non ci sia la necessità di accedere al mondo del business per trovare la dimensione piena, la pienezza di vita di cui parla Perfectio Conversationis.
Paolo è poi in particolare convinto che la più grande fregatura, il più grande imbroglio che gli uomini hanno rifilato alle donne sia proprio questo: convincerle che senza lavoro non sarebbe mai stato possibile per loro soddisfare le proprie aspettative. E’ assolutamente falso: una mamma a tempo pieno vale quanto, e a volte molto di più, di un amministratore delegato. E il suo ruolo è sicuramente molto più rilevante e magico.

Detto ciò, siamo convinti che una volta che una mamma, in coscienza e onestà, ha compiuto la sua scelta, deve stare serena e non farsi assalire da sensi di colpa: la maggior parte delle frustrazioni e delle ansie nasce dallo stato di continua e ambigua insoddisfazione. Quando sei al lavoro ti senti in colpa perché non sei in famiglia con i bambini, quando sei a casa con loro ti senti delusa perché non stai impegnandoti sul lavoro. Stop. Prendi una decisione meditata e agisci di conseguenza e non preoccuparti più.

Per noi è molto importante avere le vostre opinioni, raccoglierle qui e condividerle anche per scrivere un ulteriore articolo.

Ci fa anche piacere condividere questo video americano dove quatto donne professioniste raccontano la loro esperienza e forniscono spunti interessanti (è il terzo dall’alto nella pagina)
Prima di “scatenare il dibattito” vorremmo mettere sul tavolo  alcune idee, così per provocare e pensare. Nella nostra navigazione tra le acque dei blog di famiglia ci siamo imbattuti spesso in pagine web di mamme che lavorano da casa, o per dirla all’americana work at home mom. Che fanno fatica in questo ruolo particolare, come racconta Marissa nel suo blog dove racconta la sua epica battaglia per conservare la propria identità.  O come racconta Christy in quest’altro blog.

Sono mamme che si sono costruite una attività professionale on line e hanno deciso di lavorare da casa.

Ecco alcuni esempi:


  • Shara Lawrence, la prima mamma blogger ad essere intervistata qui, il cui sito, e blog,  MommyPerks vende di tutto per la famiglia, finendo per essere una specie di grande centro commerciale dove è possible avere suggerimenti per ogni cosa e anche avere il tempo e il piacere di fermarsi a fare quattro chiacchiere sulla famiglia, i figli, i problemi di casa propria.
  • Rebecca Cousins, la cui intervista apparirà la prossima settimana su questi schermi, gestisce un negozio on line di modellismo e costruzioni per bambini, un craft webshop, dove spiega come l’attività manuale sia di aiuto alla crescita dei bamini ed aiuta a prendere le giuste decisioni.
  • Per non parlare di Leah Derewicz, che propone teiere di porcellana fornendo suggerimenti e spunti per la loro scelta e utilizzo in accordo con lo stile della casa.
  • One Bored Mommy, che possiamo tradurre con “una mamma che si è fatta strada”, ha invece compiuto una scelta diversa: madre di quattro bambini sotto i dieci anni, ha trasformato il suo blog  in una rivista di recensioni dove propone onesti e leali pareri sui prodotti che prova e che le case produttrici le propongono. Come una sorta di critico della famiglia,  è una fonte affidabile di valutazioni, di test, di consigli.
  • Infine, l’ultima mamma che prendiamo un esame, è diventata una celebrità del web e non solo: Jennifer Brandt  ha trasformato il suo blog, che ha ottenuto nel 2009 un prestigioso riconoscimento da una rivista del settore, in una vera e propria casa editrice e gestisce come direttore editoriale svariati altri blog monotematici oltre che andare spesso in televisione per parlare di questi temi.
Ora siamo perfettamente consci del fatto che le possibilità offerte in Italia siano minori che negli Usa, ma… chissà… in fondo noi siamo molto più creativi.

Ovviamente ogni commento e suggerimento, specie dalle mamme qui citate, è graditissimo.

E promettiamo a Daniela di affrontare a breve il secondo tema da lei proposto!



English version
Is there room for working moms?





I believe we reach the turning point of this blog when comments started to become sharp and smarter and smarter. Well actually all the comments we got were smart, but what we mean is that some of them have to be taken into consideration as starting point or new posts.

That’s the case of last comment that  a mom called Daniela, author of a very inspired blog Perfectio Conversationis whose name comes  strictly from St. Benedict rules and indentify the aspiration to the fullness of life.  


Her recent comment actually suggests two very different and not negligible subjects:



  • should mommy work?
  • Is homeschooling a valid alternative to public school? Or to put it in a more European way: are private schools a true alternative to public one?
As you can see not easy task for us. But we believe the challenge should be faced and therefore here we are with subject one: working mommies.

We mentioned this subject in the interview to Stefania Boleso The pursuit of happiness where Stefania, who is author or a very interesting blog talking of the hard issues that in Italy women have to face to work.


Daniela although faces this subject from a different point of view: she talks of the remorses that usually attack moms when they end up treating their kids like parcels that should be store somewhere for a lot of hours during the day. Or at least this is what they feel. And kindergardens, some of them, (someone maliciously said most of them) seem more interested to look like storage center than schools  thus worsening the sense of guilt.

She also mentioned the most popular trick that parents plays usually against themselves before than against their kids: “we may not have large quantity of time to spend with our kids, but, men, the quality is so high!”. Actually if you multiply a very high quality value, let’s say even 1 billion, for a quantity number which is so close to 0 that you can even distinguish it from… nothing, well  you end up with a figure which is almost 0!


So, what moms have to do? Stay at home? Fight the trap of the sense of guilt?  The ghost with which seems to deal also the most famous Italian family blogger, Elastigirl, who was interviewed here some time ago.


An interesting comments about what a "good mother" is can be found in this post by Vivienne Borne that we suggest to read.

Our vision is really simple: 
while we do believe that the contribution that women, and mom especially: women enriched by motherhood, can provide to the social and business world is so great and profound that everything should be done to ease mothers, we also do strongly believe that a business role is not necessary the only way a woman could reach her self-fulfillment. Paolo personally believes that men’s harsh cheat was to convince women that they have to work to reach not just the top but also their personal achievement. That’s not true: a mom is worthy as much, and sometime even more, than a CEO. And her role is for sure much more relevant and magic.

Our opinion is that once a mom makes a choice, a conscientious choice, she has to stay with it: the principal source of inner conflict, anxiety and consequent pains is the continuous rocking: while you are at work you feel guilty because you’re not with your kids and as soon as you re with them you feel guilty because you’re not working. Stop. Take a wise decision, and do not be bored again!.   


We would like to listen to your opinion on that. So that we could post a further episode on this subject.


We like to share an american video where four working moms talks about this (it’s the third video from the top)


Just before opening the discussion, we would like to share some ideas, maybe just food for thoughts. In our navigation through parenting blog we came across a lot of work at home moms. To stay close to their kids they find out a innovative way to work and make a living: web activity. Maybe fighting with themselves, as Marissa explains in her blog: “I am a work at home mom with three amazing children fighting an epic battle to maintain my identity” or Christy in her own.


Here some of them:



  • Shara Lawrence, the first mom to be interviewed for our blog,  whose website, and blogs, MommyPerks sells almost everything for a family, it’s a sort of large web-mall where you can find directions for the best deal and purchase and  also stop and chat about your kids, your husband or anything alse that makes you feel at home.
  • Rebecca Cousins, whose interview will appear in our blog next week, manages a craft webshop for kids and enriched her website with suggestions and clues for using crafts as a development tool for children.
  • What about Leah Derewicz, who promotes polish peacock pottery and explains to people how to choose and use them in the best way for their houses?
  • One Bored Mommy made a different choice: mother of four apparently under 10, she dressed her blog like a magazine, where she offers honest feedback to any kind of product for the family. Like a sort of gastronomic reviewer, she tests, and tastes, products and writes a truthful assay about it, offering her webpage also for advertising.
  • The last Mom of this list is a sort of celebrity in the web, and the real world too: Jennifer Brandt transformed her blog, who was selected as SELF Magazine's Editor's pick for favorite parenting blog in June '09 in a true publisher and presently she is managing editor of several other blogs and a tv start too.
Now, we are aware that the possibility offered here in Italy are much lesser than in the US, but… who knows… and what do you think about? Of course any comments from the lucky five moms quoted here will be welcomed.

And Daniela, we will discuss your second clue in a short time!

11 commenti:

Rossella - Casa Lellella ha detto...

credo che questo sia proprio il punto della questione: ma le mamme possono veramente scegliere?

Premesso che sono convinta che è necessaria una scelta, mi chiedo ma perché???
nessuno chiede ai padri di scegliere, e allora perchè nel 2010 lo si chiede ancora alle mamme?

e poi la nostra società è in grado di aiutare le mammme?
ci si lamenta della nascita 0 ma nulla si fa...
i part time sono un miraggio, la banca delle ore una sorta di eresia, per non parlare del telelavoro, fantascienza.
la verità è che sebbene le donne studiano e si impegnano come e più degli uomini, dopo che diventano mamme sembra che ci si aspetti da loro che tornino Angeli del focolare!

e questo non è giusto!

e questo nella situazione idilliaca in cui le donne/mamme possano scegliere, infatti ci sono tante mamme che sebbene vogliano, non possano non lavorare, ahimé.

insomma la verità è che gli anni passano ma le mamme sono sempre penalizzate.

ad esempio io dopo la nascita del piccolino, ho chiesto il part time, risposta PICCHE.
e ogni giorno è un tormento : la mattina scappo come una ladra, se sono al lavoro e suona il cellulare tremo(temendo sia il nido), alla fine del lavoro corro come una pazza per andare a riprendere i bambini, senza parlare della casa, le commissioni, gli sport dei bambini... ogni giorno è una lotta e a volte non vedo l'ora che venga la sera. e se al lavoro è stata una pessima giornata capita che sia di cattivo umore... altro che qualità del tempo.

e io amo il mio lavoro, così come amo i miei figli!

chissà quando le cose cambieranno!!!

Anonimo ha detto...

mammalellella ha perfettamente ragione.

Io per vari motivi mi sono fermata ad un figlio solo.

Sono una libera professionista riuscita a fatica a continuare il proprio lavoro da casa, grazie alla collaborazione preziosissima con un collega, dopo varie e penose esperienze.

Circa 15 anni fa, appena sposata, una cosiddetta amica, con il cui marito dovevamo lavorare in un negozio, che lui avrebbe preso in gestione, mi chiese di rinunciare alla maternità se volevo accettare quel lavoro. Per fortuna la cosa non andò in porto. Ma io non avrei comunque accettato la condizione di non avere figli per poter lavorare. Eppure ora mi riviene in mente questo episodio e penso a quante altre donne, invece possa essere capitato di subire questa discriminazione.

Sono stata fortunata perché comunque ho sempre avuto un tetto sopra la testa e da sempre, appena diplomata, sono stata abituata a lavorare e mantenermi. Persino da ragazzina aiutavo con piacere a raccogliere l'uva, in cambio di una paghetta di mio padre.

Mi sono sempre accontentata di stipendi modesti, mettendo al primo posto l'orgoglio di riuscire a svolgere un lavoro che mi piacesse e che effettivamente mi ha dato molte soddisfazioni. Non ho rincorso la carriera e il guadagno a tutti i costi, ma ho preferito dedicarmi personalmente all'educazione di mio figlio, oltre la scuola, iniziando dall'asilo nido, a cui l'ho iscritto a sei mesi, preferendo comunque la compagnia di altri bambini e alleggerendo il compito alla nonna.

A due mesi, lavoravo al computer con lui al marsupio, e rifarei le stesse scelte daccapo, nonostante gli immancabili sensi di colpa.

Anonimo ha detto...

Grazie, Paolo, sei stato velocissimo e pieno di spunti!
Visto che PeCo non ha un gran suono (non volermene), puoi semplicemente chiamarmi Daniela, ti va?
Provo a rispondere a questo post molto ricco, raccontando la mia esperienza personale:
ho trovato un equilibrio piuttosto fortunato (ma anche costruito con fatica), per cui posso lavorare da casa, facendo la consulente per multinazionali e grandi studi legali, ma con la massima flessibilità per gestire la mia famiglia, composta da noi genitori, cinque figli (e un coniglio).
Il mio lavoro non mi farà mai vincere un premio Nobel, ma dà talora buone soddisfazioni. Sono partita lasciando un lavoro dipendente che mi piaceva molto (dirigevo una grande libreria), accettando di guadagnare una frazione del mio lavoro precedente e soprattutto il rischio che le cose non ingranassero. L'ho fatto per poter dedicare più tempo alle bambine (allora erano solo due), perché il lavoro in libreria e nei negozi in generale ha degli orari infernali per una mamma. Nel tempo il lavoro è cresciuto e ora posso dire di guadagnare un multiplo dello stipendio precedente (pur con gli alti e bassi e le incognite del lavoro indipendente), a volte ho sin troppo l'acqua alla gola e mi capita di lavorare di notte, ma in generale riesco ad accompagnare i bambini a scuola, a riprenderli, a seguirli nei compiti e nelle attività pomeridiane, accolgo schiere di amichetti di ogni età, cucino per adolescenti famelici, posso accompagnarli alle visite mediche, facciamo catechismo insieme in casa, coloriamo, giochiamo, vado ai colloqui a scuola, alle recite, ecc...
Senza questo lavoro, non avrei potuto certo avere cinque figli.
Perché anche farsi aiutare a casa da una persona che mi libera da alcune incombenze (stirare!), scegliere un buon nido o una buona scuola quando serve, ecc... sono cose che hanno un costo. – I parte (segue)

Anonimo ha detto...

Intendiamoci, ogni medaglia ha il suo rovescio: per tre volte ho partorito lavorando fino al giorno dell'ingresso in ospedale e dal giorno del rientro a casa (con telefonate dei clienti anche in reparto maternità), per tre volte ho fatto delle gravidanze a rischio immobilizzata a letto con il computer sulle gambe, se mi ammalo o rimando qualcosa… devo poi recuperare, perché nessuno mi sostituisce, non stacco mai, il mio ufficio è nel mio salotto, il mio salotto è nel mio ufficio, molte telefonate di lavoro le faccio barricata in bagno cercando di darmi un tono professionale mentre fuori qualcuno bussa per chiedermi qualcosa, non so cosa significhi del tempo per me… Inoltre è davvero difficile trovare un equilibrio tra i momenti di super-lavoro, in cui si ha davvero l’acqua alla gola, e quelli di fiacca, in cui le finanze famigliari ne risentono.
Se potessi scegliere, francamente, lascerei il lavoro e mi dedicherei solo alla famiglia (e ai miei interessi), ma so bene che il mio genere di lavoro è un privilegio che moltissime mamme vorrebbero con tutto il cuore. So che per alcune il part-time è un miraggio, che ci sono lavori che risucchiano completamente e sono fortunate quelle che ne traggono soddisfazioni, perché è troppo facile fare la ricercatrice universitaria, il medico, ecc… e dire che il lavoro è importantissimo: intorno a me vedo commesse di supermercato e operaie che fanno i turni, che dal lavoro ricavano uno stipendio indispensabile, non certo soddisfazioni personali.
La scelta di poter rimanere a casa con i propri figli dovrebbe essere una scelta possibile e apprezzata, come giustamente dicevi, da misurare soltanto con i bisogni e le aspettative della propria famiglia, non un privilegio o una scelta di serie b.
Ecco, adesso mi fermo e… vado a lavorare! – II parte (fine)

Paolo Pugni ha detto...

Grazie a tutte: 120 visite in 4 ore scarse e quattro commenti così ricchi sono proprio un grande dono.
Grazie Daniela (finalmente scopriamo il tuo nome: l'ho cercato a lungo nel sito del blog senza trovarlo: ma si sa gli uomini non trovano neanche i calzini nei cassetti).
Certamente questa società, italiana in particolare, non fa molto (eufemismo per dire quai nulla) per facilitare le madri. Anzi sembra che voglia prima spremerle e poi gettarle via, allontanarle.
Forse l'ultima frontiera che gli uomini difendono strenuamente? (vedi post su Wondermoms). Se anche fosse, sarebbe solo meschinità.
La tecnologia aiuta a lavorare da casa, sì, ma le aziende ne fanno ricorso per avvantaggiare le mamme?
Ci vogliono donne coraggiose come voi, e quasi eroiche come Violetta, per scardinare lo status quo. Come Stefania Boleso che si batte per tutte. E credo molta creatività, come avete dimostrato, per trovare soluzioni che definire di compromesso è solo riduttivo.
Grazie!
F&P

Paolo Pugni ha detto...

"Riceviamo e volentieri pubblichiamo" da una mamma che gradisce rimanere anonima, capirete bene perché. Chiamiamola Simona per convenienza.

Hai posto un bel quesito, da cui partono tante altre questioni:
- possono?
- devono?
- vogliono?
Ma esiste davvero la possibilità di scelta? Quando le condizioni economiche non permettono ad una mamma di rimanere a casa oltre i 4 mesi retribuiti dall'inps?
Oppure quando una mamma vuole tornare nel mondo del lavoro e il nido non accoglie l'iscrizione perchè la mamma non lavora, e quindi non ha punteggio?
Oppure quando andare a lavorare vuol dire versare gran parte dello stipendio materno nella retta del nido o nella paga della baby sitter?
Sono domande che si arrovellano nella testa di una mamma fin dal periodo della gravidanza.
Personalmente sono in attesa del mio secondo bambino.
Quando è arrivata la primogenita (2 anni fa) ho lasciato tutte le mie attività e mi sono dedicata a lei fino a quando, al compimento del 10° mese, l'ho iscritta al nido (privato ovviamente, perchè non avevo abbastanza punti per accedere alla graduatoria di quello comunale). Ha iniziato la frequenza a settembre e io sono riuscita a trovare un impiego part time a marzo, e solo per 3 mesi.
Benissimo così, questo mi ha permesso di farle trascorrere 1 mese e mezzo al mare e un mese in montagna.
A settembre viene accettata al nido comunale e io trovo un altro impiego, full time, ma va bene, i nonni mi aiutano nella gestione e tutto fila liscio.
Dopo pochissimo scopro di aspettare un secondo bambino. Tegola: non era previsto.
Al lavoro accolgono positivamente la notizia, ma, sottinteso, "non
credere di poter usufruire dei 5 mesi di maternità che ti spettano".
Accetto lo stesso: il lavoro mi piace e lavorare è necessario per il bilancio familiare.
Arrivata a metà gravidanza inizio a tormentarmi: perchè questo secondo bambino non potrà avere quello che ha avuto sua sorella? Come farò ad allattare? dovrò rinunciare all'allattamento materno, optando per l'artificiale, per poterlo lasciare?
E a chi? I nonni non ce la fanno tutto il giorno con un neonato, il micronido non lo prendo neppure in considerazione. Una baby sitter? Fattibile, ma dovrei rigirarle l'intero mio stipendio.. Per farle crescere mio figlio???
Non ci sarò al suo primo sorriso, alla sua prima pappa, ala sua prima parolina?
Beh, non ce la faccio. Il cuore di mamma non me lo permette. Soffro già adesso, solo all'idea.
Probabilmente rinuncerò al mio impiego al termine della maternità pagata dall'inps. Non so come farò con 1000 € in meno al mese, non so se il mondo del lavoro mi rivorrà fra 18 mesi, quando sarò pronta a rimettermi in gioco.
Ma so che potrò occuparmi appieno dei miei figli e so che la Provvidenza qualcosa farà, spero. E prego, sempre.
Una mamma
detta Simona

Paolo Pugni ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
stefano ha detto...

Ho lavorato per 10 anni in una azienda del settore informatico. Il mio capo era anche un amico.

Nei primi 8 anni ho fatto (forse) 5 gg di malattia. Ho accumulato circa 100 gg di ferie arretrate... Questo per dire che c'ero sempre quando serviva e anche oltre (sabato e domenica).

Poi sono rimasta incinta e avendo una gravidanza complicata sono stata a casa dal 4 mese. Quando, al 5 mese di mio figlio sono rientrata, non ho trovato più nè il mio posto, nè il mio incarico.

Appena finito l'anno di "sicurezza" mi hanno licenziato con la scusa della crisi.

Ora lavoro per un concorrente: 3 gg in ufficio e 2 gg a casa.
Io ci ho guadagnato... il mio vecchio capo no di certo!

Sinceramente se potessi stare a casa a fare solo la mamma sarei davvero felice ma le spese soo davvero troppe per avere un solo stipendio!

Martina

Paolo Pugni ha detto...

Grazie Martina, ci sono davvero pessime esperienze. Ma omnia in bonum! come racconta la tua storia.
F&P

Unknown ha detto...

Ciao sono Marta ho 37 anni ed una bimba di 18 mesi, lavoro come educatrice scolastica e mi mancano tre esami alla laurea in psicologia evolutiva. Quando ho detto d'essere incinta il mio datore di lavoro mi ha licenziato, ho impugnato il licenziamento con l'aiuto di un consulente del lavoro ho vinto la causa e sono stata riassunta. Non è facile essere mamma e lavorare ma meglio una mamma contenta del proprio lavoro che si gode le restanti ore con la figlia che una mamma frustrata che sta a casa tutto il giorno con la prole non felice di farlo, dico così perchè quando accompagno mia figlia allo spazio gioco ci sono alcune mamme che sono rimaste a casa dal lavoro ma le vedi che non volevano farlo che sono state costrette dalle circostanze e sono apatiche e svolgiate. Ovviamente non tutte le mamme casalinghe sono così! Per quanto mi riguarda aggiungiamo al lavoro lo studio e la domanda lecita sarà quando studi? La sera/notte quando la piccolina chiude gli occhietti parte il mio studio. E' difficile ci vuole tanta forza di volontà ma si riesce.

Paolo Pugni ha detto...

grazie Marta della tua storia, grazie di averla condivisa con noi. Hai ragione: è una questione di testa, di volontà, di sapere che cosa si vuole, e sapere che ogni scelta comporta rinunce che bisogna saper accettare.
Torna a trovarci!