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mercoledì 29 dicembre 2010
Fatti non parole - Deeds not words
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Monday/Lunedì 3 gennaio 2011
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Let's wish you a cloudless 2011 full of joy and serenity
Vi auguriamo un 2011 pieno di sole, gioia e serenità
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E’ la solita vecchia storia: l’amore può diventare un comodo alibi per evitare le proprie responsabilità.
Pensiamoci un minuto: quante volte abbiamo rinunciato ad agire pretendendo che lo abbiamo fatto per l bene di qualcuno o di qualche cosa? Finendo per la verità d rinunciare di agire responsabilmente?
Arriviamo anche al punto di mentire affermando che si tratta di bugie pulite, bianche, veniali, piccole e che quindi si può ingannare per il bene altrui!
Ma quello che può essere un veniale peccato sociale può diventare un errore devastante quando commesso in famiglia.
Un genitore deve fare il genitore e agire coerentemente al suo ruolo con consapevolezza e responsabilità.
E coscienza.
Eviteremmo di spedire nostri figli dagli analisti, pratica ahimè in aumento, se accettassimo il nostro dovere e fossimo abbastanza forti da guidarli.
Come tutto questo diventa cosa concreta in famiglia?
Due sono gli errori principali, o più frequenti, che si evincono, con libera interpretazione, dal bellissimo articolo di Mariolina Migliarese uscito sul numero di novembre della rivista Fogli:
1. ritenere che i bambini utilizzino il nostro medesimo schema di ragionamento
2. evitare di esercitare la fermezza e dire di no, fissando regole quando ce n’è bisogno, che vuol dire praticamente sempre.
Come questi due errori vengono frequentemente messi in atto in famiglia? Quando un genitore, di fronte ad un comportamento non adeguato del figlio, invece che assumere un atteggiamento autorevole, che non vuol dire autoritario, cerca di convincere con verbosi ragionamenti e mostra di accondiscendere alla posizione del figlio quando questo non cambia immediatamente modo di agire. In pratica quando si cerca accordo chiedendo, con grandi discorsi, il punto di vista al bambino.
Mariolina spiega che i bambini tendono a interpretare il mondo intorno al loro partendo “dalla loro piccola esperienza e dal proprio piccolo punto di vista: per questo motivo finiscono per leggere la modalità ragionevole e iper-dialogica dell’adulto come un segnale della sua debolezza e della loro forza, e ne ricavano un senso di onnipotenza che è insieme esaltante e preoccupante”.
Quindi mentre l’adulto pensa di ottenere un risultato più duraturo e di costruire un atteggiamento profondo grazie ad un complesso ragionamento, il piccolo ritiene di aver vinto la battaglia con il genitore.
In realtà questa apparente vittoria contiene in sé una grande paura: il terrore della solitudine e dell’abbandono. Se il genitore non è più forte di me, come mi difenderà dai pericoli esterni ed interni?
La conseguenza immediata di questa angoscia: il bambino cerca di gestire ogni situazione da solo “e qualche volta sembra riuscirci, soprattutto se il suo desiderio di essere amato e di piacere ai suoi genitori lo spinge a cercare di adeguarsi a quelle che ritiene essere le loro aspettative”. Poiché però questa situazione idilliaca è effimera e precario, ciò che succede è che il piccolo finisca per trovarsi improvvisamente in balia dalle sue pulsionalità che non riesce più a controllare, indossando rabbia, violenza, rancore.
Ora, di fronte ad una situazione di questo genere, di fronte ad un figlio che improvvisamente, smessi i panni del bravo bambino, per agire con ira e aggressività, che cosa finiscono per fare i sempre più genitori di oggi? Invece di assumersi le proprie responsabilità e giocare il ruolo che dovrebbero, prendono su il piccolo e lo portano dal terapista affermando che il bambino è affetto da psico-disturbi che loro non possono gestire.
Che cosa dovrebbero fare invece? Essere autorevoli, solidi, fissare regole, accettare di essere impopolari, scegliere di guidare, controllare, governare anche senza dare spiegazioni delle proprie scelte, specie con ridondanti ed eccessivi dettagli razionali.
Ovviamente non stiamo proponendo di diventare tiranni, né di imporre la propria volontà in modo irragionevole. Ma quando il vostro cucciolo sta infilando le sue ditine nella presa della corrente, che cosa fate? Gli tenere una conferenza sull’elettromagnetismo o gli togliete la mano dalla presa, magari con una sberlotta?
Ecco il punto: perché i genitori sembrano aver perso l’arte della fermezza? Che cosa ne pensate?
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English version
It’s the same old story: love can be easily used as a trick to avoid responsibility.
Think a minute about it: how many times we decline to act as we should do claiming that we deny our duties for the sake of someone or something?
We came also to the point of lying claiming that there are some good lies, pure lies, nice lies that we have to say to protect other people.
What could just be a irrelevant social sin, becomes a devastating fault when applied to the family.
A parent should be a parent and play his/her role with awareness and responsibility. We would avoid to send our children to the analyst if we accepted our duty and were strong enough to lead them!
Now, how this become a daily life in a family?
Two are the mistakes that could happen more frequently, following Mariolina Migliarese’s recent article published in the November issue of Fogli:
1. believing that the kid uses our same reasoning structure to approach reality,
2. avoiding to be firm enough to say no and set rules when required, which is almost always.
How comes that these two mistakes could almost daily happen un our families? It’s simple: let’s say that our kid is behaving in a terrible way, doing something unacceptable.
How many times do we respond with a long argument, try to win the agreement of the kid, instead of just affirming what should be done?
So we tend to use wordy homily to change his attitude, to win his accord while asking for his point of view, instead of asserting what is right and what is wrong.
Mariolina explains that kids tend to understand the surrounding world starting from themselves and from their short-storied experience. And they thus end up reading the wordy and over-dialogical adult approach as a sign of weakness. Where an adult believes that explaining and reasoning could win a stronger agreement and long-term attitude the child assumes that he won the battle with his parent.
But this apparent win hides also a very strong fear: the dread of having being abandoned. If my parents are not stronger than me, how could they protect me from the evil?
The immediate consequences are easy to guess: the kid will try to handle everything by himself, which of course is a task he cannot accomplish. That’s one of the main reason of anger, rage, violent behaviors.
Which is one of the most popular reaction of parents nowadays? Far from start playing their role, they tend to take the boy and bring him to a therapist claiming for psycho-disorders that cannot handle.
What should they do instead: be firm, be strong, set rules, accept to be unpopular, chose to lead, control, rule even not explaining with details and rational every decision.
We are not suggesting to be a tyrant, neither to impose one’s will in un unreasonable way.
But when your little kid try to plug his little finger into the dangerous plug, would you tell him the whole story of electromagnetism or would you act immediately avoiding the risk?
Now the point is: why parents seems to have lost the art of steadiness? What do you think?
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5 commenti:
Non sono molto d'accordo con quanto scrivi.
L'esempio del bambino piccolo non mi quadra.
Chiaro che se è piccolo e mette le dita nella corrente quello che bisogna fare è toglierle immediatamente dalla presa e poi dare comunque spiegazioni del perché abbiamo fatto una azione comunque "forte" nei loro riguardi.
Più crescono e più le cose, a mio avviso, vanno condivise, anche le regole.
Dare uno sberleffo come quando erano piccoli per togliere le dita dalla corrente, da grandini diventa una mancanza di rispetto nei loro confronti.
Se io litigo con mio marito, un adulto certamente non imporrò le mie idee con forza, né tanto meno con uno sberleffo, perché mai dovrei avere un comportamento diverso con mio figlio? perché io sono il genitore? Certamente, ma eserciterò la mia autorevolezza condiviendo con lui le scelte che necessitano, e soprattutto mi metterò in ascolto delle sue di eseigenze, che non significa accoglierle perché vengono da lui, significa imparare ad ascoltare mio figlio, a parlare con lui anche delle sue esigenze, e se queste davvero non corrispondono a ciò che noi genitori riteniamo giuste per lui, mi sforzerò anche 1000 volte tanto per far capire a lui il perché del mio NO, perché non voglio che sia un NO a prescindere, in quanto io genitore, ma sempre un NO condiviso, altrimenti rischierei di avallare un suo comportamente fatto alle mie spalle con conseguenze molto più dannose.
Come sempre quello che penso è che non ci sia un "regola" valida per tutti. Ogni genitore saprà valutare al meglio quello che sarà necessario fare nei confronti dei propri figli, che sia autorità, auterevolezza o un no a prescindere.
La teoria è sempre bella è la pratica messa sul campo che fa la differenza, e non sempre c'è necessità di uno stile, si può avere comportamenti diversi nelle diverse situazioni che ci si prospettano davanti anche a secondo del figlio che si ha davanti.
Naturalmente questo è il mio pensiero che è valido per me, anche se i risultati immediati forse non ci sono sono convinta che alla lunga i frutti arriveranno.
E se avrò sbagliato anche i miei figli sapranno di avere una mamma umana e forse impareranno ugualmente dai miei errori.
Buon Anno!
Paola B.
carissima, va precisato un punto del nostro post perché tutto quadri. L'età dei figli. Quello che diciamo va bene fino alla pre-adolescenza, poi deve crescere di più la condivisione e il convincimento. Certamente NON va bene per adolescenti fatti, se non in modo limitato. Ci sono sempre dei NO che vanno detti e delle scelte che vanno fatte, sempre meno si intende fino allo zero, in coscienza quando riteniamo che questo aiuti il bene del figlio, dato che comunque abbiamo un dovere nei loro confronti e abbiamo una visione -e una grazia di stato- più ampia della loro.
Certo, condivido con te, che con il pre-adolescente prima e l'adolescente e l'adulto poi, anche i no vadano motivati e spiegati.
Ci riferivamo soprattutto a bambini piccoli, anche in età prescolastica. Dei quali appunto scriveva la Migliarese.
Non ho precisato a sufficienza.
Grazie del tuo commento e buon anno!
F&P
Mi permetto una piccola precisazione: lo stile educativo autorevole ha per sua natura, tra le altre cose, la spiegazione....non è corretto dire che "bisogna governare senza dare spiegazione delle proprie scelte"....anche con i bambini piccoli bisogna dare spiegazioni, certo, come dici tu, senza essere ridondanti, bastano poche parole ma significative..... I bambini, anche se sono piccoli, rimangono un po' perplessi se si dice loro: "non si fa e basta" e questo non fa interiorizzare loro il valore positivo o negativo di un'azione fatta da loro o da altri, lo capiscono di più se con parole semplici ma mai banali si spiega il perchè si deve fare/non fare una determinata cosa....
in effetti non avevo capito dell'età a cui si fa riferimento, ma a prescindere da questa io sono sempre per dare spiegazione fin da piccolissimi è così che si cresce nella fiducia del genitore e nella propria autostima.
Per cui anche se mi rendo conto che ciò che dicevo sembrava legato più ai ragazzi grandini, ed in effetti pensando ai miei figli lo era, io sono dell'idea di fare ciò da subito, come dice maristellina la spiegazione va sempre data anche dopo aver tolto le dita dalla presa.
Ma insomma ognuno ha la sua visione in fatto di educazione, altrimenti ci sarebbe davvero un manuale del perfetto genitore da applicare indistintamente con tutti i figli!!
grazie a entrambe per la precisazione. In effetti ragionando, è quello che abbiamo sempre fatto anche noi.
per fare il precisino -sor precisetti mi chiamano in famiglia- le spiegazioni sono ex-post, vale a dire sono appunto spiegazioni, razionalizzazione, non giustificazioni né tanto meno richieste di consenso.
E sto sempre parlando di bambini.
Il genitore deve avere un piano educativo presente (prossimo post) e non reagire con il terrore di perdere la popolarità del figlio o pensando di educarlo solo attraverso il ragionamento.
Ci vuole azione. Che non deve essere dittatura. Ma questo ce lo siamo già detti.
ciao
Paolo
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