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lunedì 30 maggio 2011
Intervista a/Interview with Anna Talò
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thursday/giovedì June 2nd
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Anna Talò è un personaggio intrigante. Giornalista e scrittrice, molta attiva sul web, affascina per la profondità dei suoi commenti. Di recente ha pubblicato un libro dedicato alle donne – Meditazioni per donne sempre di corsa- al quale è collegato un blog da non perdere. Dal libro nasce lo spunto per questa intervista.
Da dove nasce l’idea del tuo libro?
E' stata una lunga genesi, nel senso che mi ha sempre affascinato il funzionamento del cervello umano. Spesso siamo sorpresi dalle nostre stesse azioni, senza sapere che - in realtà - sono reazioni a un preciso stimolo. Il cervello è, per buona parte, come un computer: è acritico, e funziona, governandoci, per come è stato programmato. Ci sono gli istinti (di sopravvivenza, di perpetuazione della specie), ma ci sono anche le abitudini che ci permettono di fare tante cose senza stare a pensarci troppo: da guidare a lavarci i denti.
Il guaio è che, per il cervello, non c'è differenza fra rifare i letti e, per esempio, reiterare continuamente modelli di relazioni distruttive. Quando ci chiediamo: "Ma io i fidanzati psicopatici (o le amiche traditrici, o i capiufficio schizzati...) li cerco con il lanternino?" la risposta è, inaspettatamente, sì.
Fino a che non saremo consapevoli di come siamo fatti, saremo schiavi di comportamenti che ci possono danneggiare, come possono danneggiare le persone intorno a noi. Se capiamo il meccanismo, invece, possiamo porvi rimedio.
Poi, dato che mi piace scrivere di quello che conosco e sperimento, ho portato questi concetti nel mondo femminile, per vedere come funzionano per noi e come, eventualmente, correggere il tiro.
Perché le donne sono sempre di corsa?
Perché siamo ancora in un momento storico di passaggio. Se la pari cittadinanza è stata formalmente assodata, non è stata raggiunta anche da un punto di vista sostanziale. Non sono scandalizzata, perché ci vuole molto tempo per trovare un nuovo equilibrio, disegnare nuovi ruoli. Al momento, le donne che lavorano fuori casa - spesso non per inseguire un'ambizione, ma perché avere due stipendi è fondamentale - si sobbarcano anche la stragrande maggioranza delle incombenze domestiche. E' stato calcolato che se gli uomini lavorano 40 anni, le donne 43 e rotti, proprio perché tornano a casa e devono preparare il minestrone per tutti.
C'è anche una ragione più profonda: ci sentiamo rinfacciare così spesso che le donne non esistono più, che sono diventate uomini, troppo aggressive, troppo pretenziose, che se non siamo perfette da ogni punto di vista, ci pare di essere monche.
Io, per esempio, che pure vivo sola in un microappartamento, lo tengo uno specchio; sono brava a cucinare, so fare un rammendo... E' curioso: ma se delegare il pagamento delle bollette alla banca non mi fa sentire in alcun modo carente, se delegassi i compiti casalinghi, mi sentirei in colpa. E senza neppure avere un pubblico (un marito o dei figli) a "giudicarmi"!
Perché la meditazione è una soluzione?
Ci sono fior di studi scientifici che dimostrano come una qualsiasi forma di meditazione sia utile ad abbassare il livello di stress, e a mantenere buona la salute. Ma il titolo del mio libro gioca sul doppiosenso della parola "meditazioni": contiene esercizi molto semplici per rilassarsi nel corso della giornata, o per lavorare al cambiamento di una di quelle brutte abitudini a cui accennavo prima. Sembra una sciocchezza, ma imparare a riconoscere le contratture muscolari delle spalle o della mandibola, come nella "Meditazione del semaforo", è uno strumento per evitare che cronicizzino, con tutti i problemi che ne seguiranno.
Però, una volta che si capisce come funziona, ognuno di noi può trovare la propria strada. C'è chi va a correre, chi prega, chi fa giardinaggio: l'importante è ricavarsi momenti di consapevolezza nel corso di una giornata. Non vivere sempre fuori, ma osservare anche dentro. In questo caso, ho cercato di dimostrare che si può fare persino mentre si lavano i piatti; quindi la scusa "Non ho tempo" non vale più.
Però si tratta anche di riflessioni sulla vita che stiamo facendo, oppresse da aspettative sociali (dovremmo essere eternamente giovani, sexy, al top, perfette, alla moda, toniche, ottime professioniste, madri inappuntabili, mogli, compagne, amanti, amiche... l'elenco è lungo) che ci stanno facendo ammalare. Solo per ciò che riguarda le patologie più tipicamente femminili, negli ultimi anni si è registrato il raddoppio dei casi: parliamo di 6 milioni di donne nei guai, non di bruscolini. Nessuna di noi - e nessuno di voi - potrà mai essere senza difetti.
Quali sono le preoccupazioni delle donne? e le sfide che devono affrontare?
Farcela. Il livello di occupazione femminile, in Italia, è uno dei più bassi a livello europeo; molto spesso le donne si devono accontentare di occupazioni a tempo determinato o parasubordinato perché se rimangono incinte è più facile lasciarle a casa; corrono un rischio doppio di diventare povere, rispetto agli uomini. Questi i dati oggettivi. Aggiungerei dati un po' meno oggettivi, ma che ogni donna potrebbe raccontare: quando il modello di donna con la D maiuscola che ti viene propinato, come dicevo, è quello di una perfezione irraggiungibile, sentirsi sempre in difetto diventa un'abitudine. Una di quelle di cui liberarsi.
Oltre a quello di leggere il libro, al quale mi associo, quali sono tre consigli secchi che daresti alle donne per vivere con più serenità?
a) venire a patti con le proprie imperfezioni, che siano fisiche o di altra natura. Uno studio della Università della California ha dimostrato che ammettere di provare sentimenti negativi serve a renderli meno potenti. Guardarsi in faccia può essere doloroso, ma è utile.
b) sorridere o ridere molto, anche quando non ci pare di averne motivo. Ne parlo nel libro in maniera più precisa, ma è stato dimostrato che atteggiare le labbra a un sorriso finisce con il migliorare anche l'umore.
c) accettare e arrendersi. Lo diceva l'attore Michael J. Fox a chi gli chiedeva come si sopporta la diagnosi di una malattia degenerativa e incurabile come il morbo di Parkinson. Che non significa stare sul divano a fare zapping (Fox ha creato una fondazione per cercare una cura alla sua malattia), ma non ostinarsi a combattere contro i mulini a vento. E' fatica sprecata.
Anna Talò is an extraordinaryl woman. She is a journalist and a writer, and she is very active on the web where her daily comments are intriguing and profound. She recently wrote a book for hectic women from which we took the hint for this interview.
Where did your book comes from?
It’s a long story. I’ve been always puzzled by the human brain and how it works. We are often surprised by our own deeds. That’s because we do not know they are just natural response to a precise stimulus. The brain is actually like a computer: it works the way it has been planned. There are instincts and there are habits. These last ones allow us to act without real conscience. The problem raises from the fact that the brain cannot distinct facts: cleaning up the table can be the same that going on with the same destructive behaviors that can mess with relationships. So when we are puzzled by the fact that it looks like we are used to find out harmful people, well we have to blaim our brain because… we are actually looking for those people. We need to be aware of ourselves to avoid hurting ourselves.
Why women are always in a hurry?
I believe it depends on our specific historical situations. Even though they work in an office, women want to take care personally of the household. And men uses to attack women saying that they have become like men, that they are aggressive and challenging. As a consequence we search for perfection. I personally live alone in a very small apartment. I can cook. I feel no pain in delegating some jobs, like going to the bak, but I feel upset if I have to delegate the housekeeping. And I do not even have husband or kids to blame me for it!
Why do you suggest meditation as a solution to that?
Many studies suggest that any kind of meditation can reduce the level of stress. My joke is that if you can really step out from what you are doing, become aware of what you are doing, you kind find your way to overcome problems. My book is not just a manual about techniques. It is also a meditation on our life and on the charges that we are facing to fulfill the social expectations that hurt us. None of us could never be perfect! We have to cope with this.
Which are the main issues that women face and which the main challenges?
“We can do it”. Never fail. The level of women occupancy in Italy is one of the lowest in Europe. Women who want to work have often to accept low quality jobs. And with limited employement because they can become pregnant and therefore you need to fire them easily. Thus they are usually poorer than men. These are facts. I can add the sindrom of perfection, as I mentioned before.
Which could be three suggestions you woiuld like to give to our readers?
a) Cope with your limits. Understand and be aware of what you really are can help you a lot.
b) Smile and laugh. Often. Even when you see no reasons. This has a huge impact on your mood.
c) Give up. This is what Michael J. Fox used to answer to those asking him “how can you handle you disease?”. He did not mean to avoid doing anything, actually he create a foundation to fight Parkinson. What he meant was to avoid fighting ghosts.
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giovedì 26 maggio 2011
teaching gratitude - insegnare la gratitudine
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Monday/Lunedì May 30th
Sono stato molto colpito da un bellissimo articolo di qualche tempo che ho letto di recente, apparso ul blog di Mamma Imperfetta. Parla della gratitudine. Una merce rara ai nostri giorni. L’anomima autrice la descrive così: ”È un senso di riconoscenza. È una consapevolezza di preziosità. È la capacità di apprezzare le minuzie o di trasformare quelle che reputiamo tali in doni”. Un’arte dovuta agli altri.
Ed è un’arte molto difficile da insegnare. Sembra che la parola “grazie” sia le meno conosciuta e pronunciata dai ragazzi oggi. Tendono a credere che sia loro tutto dovuto e che ognuno sia lì solo per servirli e dare loro ciò che vogliono. E che no si tratti di un atto di generosità e di profondo amore.
Come è potuto accadere?
Tendo a credere che la ragione sia che ci siamo scordati di che cosa sia l’umiltà. Che è per me la più importante delle virtù e quella fondante le altre. E in questo caso per me umiltà significa essere consapevoli che dipendiamo dagli altri. Sempre. In ogni circostanza.
Non che questo significhi che non possiamo essere autonomi, cosa ben diversa da essere indipendenti: intendo dire che abbiamo legami con gli altri che non si possono spezzare. E se volete questo legame ce l’abbiamo soprattutto con Dio.
Che non siamo il centro dell’universo.
Questo riallineamento è fondamentale per insegnare la gratitudine che, essendo un atteggiamento prima ancora che un comportamento, richiede di essere insegnata con l’esempio innanzitutto.
Avete dei suggerimenti su come farlo?
I’ve been hit by an article I read recently on Mamma Imperfetta (imperfect mother) web page. It’s about gratitude. Actually a goods quite rare. Gratitude, explains the nameless author is ackowledgment, is being aware of the precious gifts received, is the capability to appreciate details. It’s an art due to other people around us.
And is difficult to teach. Nowadays it seems that the word “thank you” is quite an unknown expression for many kids. They tend to believe that everyone is there to give them what they want and that this is not a gift but an act of profound love and generosity.
How comes?
I tend to believe that the reason is that we forgot what humility is. Of course in some way it’s the greatest virtue, the founding one. And in this case it means the awareness that we depend from other. Always, Everywhere. In any way.
I’m not saying that we cannot be autonomous, which is different from being independent: what I mean is that we have unbreakable links with other people, and if you believe with God.
And that we are not the center of the universe.
This shift is needful if we want start teaching gratitude, and since it’s an attitude more than a behavior –of course gratitude is expressed through acts- we need to teach it by example.
Do you have any suggestion how?
Tweetmartedì 24 maggio 2011
Bullies' parents - Genitori bulli?
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Friday/Venerdì May 27th
Di recente Giorgio Pansa, un ben noto opinionista, ha pubblicato un articolo estremamente provocatorio contro i genitori affermando che i genitori di oggi sono la principale causa della diffusione del bullismo. Genitori come generatori di bulli quindi. Citando un insegnante nel suo pezzo scrive che i genitori oggi sono i sindacalisti dei figli: ammettono tutto, sono sempre pronti a difenderli in ogni circostanza, anche in quelle in cui i ragazzi sono palesemente in torto. Così facendo invece di educarli li spingono verso il bullismo. Sono alla fine solo finanziatori delle malefatte dei figli.
La posizione è ovviamente eccessiva, volutamente esagerata, per risvegliare l’attenzione su un problema che sta diventando rilevante. Ciò detto non è che Pansa abbia poi così torto. Anzi. Credo che noi genitori abbiamo finito per non comprendere che cosa sia l’amore e che il nostro compito non sia quello di dare ai figli tutto quello che vogliono o giustificare tutto quello che fanno, quanto di aiutarli a scolpire la loro personalità costruita sulla comprensione di ciò che è bene e ciò che è male. E per dire no, per dire tanti "no!".
E voi che cosa ne pensate?
Recently an Italian opinion maker launched a provocation on an Italian newspaper about the deterioration of parents. He claimed that parents are the principal cause of the multiplication of bullies. Quoting a teacher he affirmed that parents are playing nowadays the role of trade unions for their sons. An the role of trade unions in Europe and Italy is well known.
He argues that parents have to be abolished because they are miseducating their kids teaching them that they are allowed to do everything and just financing them.
Of course he knows very well that he is provoking to wake us up and that the situation is not so bad. Having said so I do agree with him, with his approach. I do believe that we, parents, have mistaken what love should be and that we are not there to satisfy and justify everything that our kids want or do, but to help them to sculpt their personality while understanding what is good and what is evil. And to say no.
What do you think about?
Tweetlunedì 23 maggio 2011
Technical Problems - problemi tecnici
Sorry, next post delayed due to technical problems till
Mi scuso ma per problemi tecnici sono costretto a rimandare la pubblicazione del post a
Martedì 24 maggio
Tuesday May 24th
Mi scuso ma per problemi tecnici sono costretto a rimandare la pubblicazione del post a
Martedì 24 maggio
Tuesday May 24th
lunedì 16 maggio 2011
Miss Cucina Scintillante - A splendid house
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Giovedì/Thursday May 19th --> delayed to Saturday/Sabato 21st-sorry
Scroll down for English version - thank you
Sabato scorso Franca è stata invitata a tenere un incontro a Milano 3 sulle differenze di linguaggio e atteggiamento tra uomini e donne, un tema che sembra di grande attualità e interesse, forse perché si desidera capire e razionalizzare ciò che viviamo quotidianamente n famiglia.
Il tema più dibattuto, e che ha provocato più sane risate, è stato quello del “controllo dell’ordine casalingo”. Ne abbiamo già in parte scritto qualche post fa focalizzandoci però sull’atteggiamento del ritorno a casa d mogli e mariti.
Interessanti alcuni commenti a quel post, fenomenale quello che ricorda come spesso –o sempre?- questa attenzione per l’ordine faccia sì che sia praticamente prossimo allo zero il tempo che intercorre tra l’aver caricato i bagagli dall’auto dopo un viaggio o una vacanza e l’avvio della prima lavatrice. E non ditemi che non succede così anche da voi!
La ragione di questa attenzione esasperata per l’ordine può anche essere biochimica, come l’approccio del beneamato John Gray suggerisce, ma noi non siamo solo animali, siamo soprattutto persone e sappiamo che l’amore, che è una azione e non un sentimento, richiede sacrifici e rinunce. Da tutte le parti si intende. E prendersi cura degli altri, che è un modo di fare nobile e uno dei più elevati segni d’amore, richiede che gli altri desiderino e si aspettino ciò che facciamo per loro e che non lo vivano come prevaricazione. Questo evita un’altra sindrome frequente e dolorosa in famiglia, quella del martire che può essere sintetizzata da questa esclamazione: “con tutto quello che faccio per te, non mi dici mai grazie!”. Avete presente vero?
Così Franca ha risposto in modo molto semplice e diretto ad una signora che le chiedeva: “ma allora che cosa dobbiamo fare?”.
Dipende da che obbiettivo volete raggiungere: prendervi realmente cura de vostri casi o competere per il titolo di Miss Cucina Scintillante?
Qual è dunque l’obiettivo delle nostre azioni?
Last Saturday Franca has been invited to talk about the main differences between women and men. A subject that seems to be so intriguing that everyone want to know about, maybe just to rationalize what’s happening daily in their family. The most discussed subject, and the one which caused a lot of fun and laughs, was “the control of the house order”. We already wrote something about a couple of post ago, although in that article we focused on the homeward bound approaches.
It seems that women cannot tolerate a house but perfect and tidy, even methodical. And everything that confuse this perfection must be ranged immediately. Someone remembered me a very common situation: when you come back from vacation, there is practically no discontinuance between the moment you off load the luggage from the car and the moment that the washing machine starts her first washing cycle! Isn’t it true?
The reason can be a biochemical one, as the hormones theory from John Gray suggests. But we are not just animals, we are persons and we know that love, which is a verb and not a feeling, requires sacrifices. And taking care of others, which is a noble attitude and one of the highest possible offering suggested by true love, requires that others desire and appreciate what we are doing for them. To avoid the risk of being affected by another syndrome, the martyr’s one: “I spent my life doing things to you and you never thanks me!”. You surely know about.
So Franca answered simply to a lady asking “what we have then to do?”.
It all depends on your goal: you want to take care of your family or strive to win the title of “Miss Splendid Kitchen”?
Which is the goal of our actions then?
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sabato 14 maggio 2011
Slightly the same – Una differenza sottile
Talvolta le parole differiscono per particolari così minuscoli che finiamo per confonderle tra di loro con possibili effetti collaterali rilevanti.
Rimasi sorpreso e conquistato quando un amico, diversi anni fa, mi aprì gli occhi a riguardo raccontandomi di come apostrofava il figlio che rientrando a casa da scuola buttava sempre la cartella in mezzo al corridoio invece che riporla nel posto giusto. E all’invito perentorio a metterla a posto rispondeva con il consuento “lo so, lo so”. Ecco, l’amico aveva trovato il tormentone acuto e soprendente: “non dire lo so, devi dire lo fo’”. Forse arcaico, ma molto efficace, non trovate.
Perché anche a noi capita di confondere conoscenza con azione, e questo anche nell’educazione, ed è una confusione che ci può danneggiare. E danneggiare i figli.
Ma c’è un’altra coppia di parole che spesso si confondono sulle quali vorremmo indirizzare la vostra attenzione, perché qui l’errore può essere devastante: desiderio e necessità. O per meglio dire “quello che vogliono, quello di cui hanno bisogno” Dove loro sono ovviamente i figli. Troppo spesso abbiamo la tentazione di dare loro ciò che vogliono, chiedono, strepitano per avere. Invece dovremmo dare loro sempre ciò che abbisognano. Perché volere può essere un capriccio sciocco, ma la necessità deriva da un obiettivo. Uno scopo.
Quando abbiamo bisogno di qualche cosa? Quando abbiamo un obiettivo e c’è qualche cosa, un ostacolo, che ci impedisce di raggiungerlo. Qual è l’obiettivo che abbiamo per i nostri figli? E che cosasi frappone tra loro ed esso?
Credo che la risposta a queste domande stia in una semplice e tagliente frase che ho trovato citata da Elena Frigoli, che abbiamo intervistato qui tempo fa: “i genitori non devono preparare il cammino ai figli, ma i figli per il cammino”.
Non siete d’accordo?
Sometime words differ for such a small aspect that you tend to mistake them, and this can cause a lot of collateral damages. Of course, since I’m Italian I can find easier this oddity in Italian terms. I was surprised and conquered by a friend of mine long ago when, talking about education, he came out with this little story of his kid who, coming back home from school, seemed to be unable to place his bag at the right place. And when mom or dad remind him to arrange his stuff he was used to answer “I know, I know”. Now his father came out with this simple and powerful answer: “you do not have to say I know, rather I do”.
This is an example of mistakes we often do mistaking knowledge for action. And we tend to have the same approach with our kids.
The second one, which can be a much bigger and devastating mistake is to mix up desire and need, or better say “what they want, what they need”. They = our kids.
We too often are temped to give them what they want, which as much often is not what they need. Need something requires a goal, while wanting can just be a silly maggot.
When you do need something? When you try to reach a goal and you find an obstacle in front of you. Now, which is the goal you envision for your kids?
I believe the answer is in a sentence I found quoted by Elena Frigoli, whom we interview some time ago, “parents should not prepare the way for their kid, rather their kid for the way”.
Don’t you agree?
Tweetgiovedì 12 maggio 2011
Homeward bound - Tornando a casa
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Sabato/Saturday May 14th
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E’ divertente e in un certo qual modo rassicurante trovare descritto in un libro, saggio, ciò che ci capita di vivere nella quotidianità. Così questo ultimo post di seguito sulle differenze tra uomini e donne vuole esplorare il fatidico momento del ritorno a casa. Che può essere molto umoristico, quando non ne sei coinvolto, e assumere sfumature drammatiche, se sei al centro dell’azione.
Perché gli uomini che rientrano a casa soffrono praticamente tutti della sindrome del guerriero: ve lo immaginate con facilità tutti voi. Ecco il crociato che, dopo anni di battaglie e lunghe strade, torna finalmente al castello avito. E si aspetta onori, festeggiamenti, celebrazioni, coccole. E ovviamente il meritato riposo. Un lungo, indisturbato riposo davanti alla TV o per leggere il suo giornale preferito, meglio sorseggiando un prosecchino o altra bevanda gradita.
E una signora? Beh, si sente in colpa non appena apre quella porta e mette un piede in casa. Perché mai? Perché si sente una traditrice. Prego notare che non sto affatto affermando che sia una traditrice, mi limito ad osservare un fatto cioè che molte donne si sento di fatto traditrici. Quindi si mette a fare, tante cose. Cercando di coinvolgere nella sua frenesia mettappostina il marito guerriero generando in genere una serie impressionante di malintesi ed effetti collaterali a cascata.
Ora per la verità nessuno dei due comportamenti, sebbene frequente, è né giusto né corretto. Sciaguratamente però sono entrambi naturali, dove con questo aggettivo intendo affermare che derivano proprio dalla natura della femminilità e della mascolinità.
Come infatti afferma il nostro ormai amico John Gray, nel libro che conoscete bene (e sarebbe ora di leggerlo per intero non vi pare? ;-) è una questione di ormoni: l’uomo per ricaricare i suoi ha bisogno di assumere uno stato di stand by pressoché totale, scollegandosi dal mondo; la donna invece si rigenera prendendosi cura degli altri. Il problema sorge quando entrambi pretendono che l’altro si comporti come loro o accusano di scorrettezza il comportamento altrui.
Ora, detto questo, che cosa ci portiamo a casa? Che le signore devono avere pazienza? Quindi questo non sarebbe che un bieco alibi per uomini pigri?
No. Il sugo di tutta la storia è che bisogna agire partendo da una sana consapevolezza. E quindi che gli uomini si risveglino dal loro coma, o che per lo meno lo differiscano, ed indossati i panni di SuperMarito ri mettano a risolvere i problemi e le emergenze della moglie (e dei figli e della casa) E che le signore abbiano un po’ di rassegnata pazienza di fronte allo stato semicomatoso maschile, e che quindi invitino all’azione senza eccessi di aggressività.
E senza esagerare nell’ordine e nella pulizia, per non incorrere in quella situazione, acidamente e crudelmente descritta dalla simpatica vignetta che troneggia al centro di un grembiule da cucina che Franca ed io abbiamo comperato a New York e che recita: “una casa scintillante è il segno di una vita sprecata”.
It’s weird and somehow reassuring when you find depicted in wise books what you an taste and feel in your daily life. So for this last post-in-a-row let’s give a look of the differences between women and men when they came back home. It can be funny if you are not personally involved in the matter or quite dramatic if you are caught up in the situation.
Actually when men come back home they all seem affected by the syndrome of the returning warrior. You can figure it our easy, my dear readers, like an ancient crusader finally docking home after a long fight. He waits for honors, cheers, cuddles, and of course rest. A long undisturbed rest in front of the TV or reading his preferred newspaper, better sipping a glass of wine or water.
And what about a lady coming back home? Well, first of all she feels guilty as soon as she open the door and she steps in. Why? Because she suffers from the fact that she feel like a traitor, and please note that I’m not at all saying she is a traitor : I’m just stating a fact which is quite usual. So she usually start doing a lot of things trying to involve in her hectic efforts the resting warrior. With mostly unspeakable effects and collateral damages.
Neither of these behavior, although being quite common, can be considered right neither correct. But unfortunately they are natural.
And with naturally I mean that they derive directly from the nature of manhood and womanhood. As our friend John Gray explain in his book, the one we are reading together, it’s a question of hormones: men need to recharge them through a quite rest, women tend to refill their tank taking care of others.
Problems arise when both pretend the other to act the same way they are doing.
What’s the essence of this post? An alibi for both, especially men? A suggestion for a dry patience? Not at all. We’d like to suggest changes of behaviors stemming from awareness. That can include patience and efforts: ladies do not aggress your request of help, husbands raise quickly from your coma or defer the issue of recovery and, acting as SuperHusband, solve the emergency problem that your wife is facing.
And please, my dear ladies, do not exaggerate in pretending order, just to avoid the case sharply, and cruelly described on a apron we bought in New York City: “a clean house is the sign of a wasted life”.
Tweetmartedì 10 maggio 2011
Il dialogo Marziano - The Martian dialogue
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Thursday/Giovedì May 12th
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Esploriamo insieme il rapporto conflittuale Venere-Marte come lo descrive John Gray nel suo libro. Abbiamo introdotto il dialogo venusiano qualche post fa, e ci è stato richiesto di fornire una visione simile per l'altro lato della coppia. Come ama discutere un uomo?
Devo dire che John Gray nel suo libro non affronta direttamente questo argomento, il capitolo che descrive i dialoghi venusiani parla della necessità che gli uomini si sentano come un supereroe, Mister Emergenza, pronto a compiere la sua "mission impossible", situazione in cui coraggio ed energia di un uomo fuori dal comune riescono a risolvere il problema e…. a pulire la cucina prima che arrivino gli ospiti.
Dobbiamo quindi fare affidamento sulle nostre esperienze. Noi partiamo con la nostra e, per favore, aggiungete le vostre in modo che alla fine riusciamo ad ottenere un quadro realistico.
Noi crediamo che gli uomini, più che essere coinvolti in un dialogo marziano, preferiscono dichiarare le loro posizioni. Quindi, se si vuole aiutare un uomo a condividere i suoi pensieri bisogna iniziare a fare domande che dimostrino che si richiede il suo aiuto per risolvere un problema.
"Che cosa ne pensi?", "Qual è la tua opinione a questo riguardo?", "Cosa faresti ..." sono ad esempio dei buoni punti di partenza.
Poiché gli uomini sono più incatenati alla logica ed al ragionamento, aiutiamoli a sviluppare il loro punto di forza attraverso domande che li portino a fornire motivazioni razionali. Se possibile non affrontiamo subito le emozioni. Gli uomini hanno difficoltà nello spiegare le emozioni e forzarli può provocare reazioni taglienti. Si può fare qualche domanda in un secondo momento, quando hanno ricaricato il loro serbatoio di testosterone grazie alla vostra richiesta di sostegno.
E ora tocca a voi: avete dovuto affrontare situazioni simili o la vostra esperienza è diversa da ciò che abbiamo descritto? Ci potete aiutare?
Let’s go on exploring the Venus-Mars conflictual relation as John Gray describes it in his book. We introduced the Venusian dialogue some post ago and we have been required to provide a similar insight for the other side of the couple. How a man like to discuss?
I have to say that John Gray in his book does not address this subject directly, the chapter that mirror the Venusian dialogue talks about the need of men to be feel like a superhero, Mister Emergency, the “impossible mission” situation where the bravery and energy of an uncommon man can solve the problem and clean the kitchen before guests arrive.
So we have to rely on our experience. We star with ours, and please add yours so that we can come up with a real picture in the end.
We do believe that men, more than be involved in a Martian dialogue, prefer to state their position. So if you want to help a man to share his thoughts start asking questions that show that you require his help to solve a problem.
“What do you think about”, “which is you position in this”, “what would you do…” seems to be nice starting point.
Since men are more chained to logic and reasoning, help them to develop their point through questions that force to provide rationale. Possibly do not tackle emotion in the beginning. Men have difficulties in explaining emotions and being caught can provoke sharp reactions. You can ask some questions later on, when men have recharged their testosterone tank thanks to your request of support.
And now it’s up to you: did you face similar situations or your experience differs from what we have described? Can you help us?
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