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mercoledì 4 aprile 2012
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La versione italiana è qui sotto, scorrere per raggiungerla grazie
La versione italiana è qui sotto, scorrere per raggiungerla grazie
Weird encounters. I’ve been asked to talk about how the present crisis affect the work-family life balance and I ended up suggesting to give tasks to kids in order to prepare them to the unevenness that life will eventually offer them and also to teach that you need to contribute to your family life. I face the fierce resistance of a grandmother who, with a lot of severe elegance, told me that she strongly disagreed with what I said and that she stoutly believes that kids should not be oppressed with duties and tasks.
Let’s think about. I believe here there is a major point to discuss.
Which is the goal of both positions and which will be the consequences of these two different approaches to life and education.
I believe the lady want to preserve her two nephews, smooth out the path for them, avoid any coarseness, any pain from their life. I can understand. It’s a dream we all have: for us and for our kids.
But life is different. It’s not a nice stroll in a wonderful garden in a mild climate rich of sunshine. It’s much more close to a quest in a wild forest where you have to cut your path in a tangle of thorny bush fighting against mosquitoes in wet and hot conditions. And it’s raining all the time.
So protect kids that way will just have one consequence: forward them the wrong idea that they do not have to work hard in life, that will have all they want in a click, that someone will always provide them any solution.
Is that what we want?
Surely not. But sometime we do not consider the link between what we want and how we act.
How could we overcome this inconsistency?
Si fanno strani incontri. Mi è stato chiesto di parlare in una parrocchia per guidare una riflessione su come l’attuale crisi stia influendo sull’equilibrio lavoro-vita familiare e sono finito a fare un accenno su come sia importante affidare incarichi ai figli per aiutarli ad affrontare le ruvidità che la vita presenterà loro, capire il senso del lavoro e della responsabilità, e sentirsi partecipi alla vita di famiglia.
E mi sono trovato a gestire la feroce resistenza di una nonna che, con severa eleganza, disapprovava energicamente ciò che avevo appena detto affermando di essere profondamente convinta che i bambini non debbano essere oppressi con compiti e doveri fosse anche svuotare la borsa da calcio e mettere a lavare gli indumenti sporchi.
Pensiamoci su un attimo, riflettiamo su questo punto che ritengo molto importante.
Qual è lo scopo di queste due posizioni e quali le conseguenze di questi due diversi approccio alla vita e all’educazione?
Credo che la signora desiderasse difendere i suoi due nipotini, spianare il percorso per loro, evitare loro ogni inciampo, difficoltà, sofferenza. Lo comprendo. E’ un sogno che ognuno di noi ha: per noi e per i nostri figli una vita senza spine.
Ma la vita è differente: non è una piacevole passeggiata in un giardino curato in una mite giornata di sole. E’ più simile ad un’avventura in una foresta di rovi dove bisogna farsi strada a colpi di machete combattendo contro la natura, le zanzare. E fa caldo ed è umido. E generalmente piove sempre.
Ne consegue che proteggere i nostri figli in quel modo non può che condurre ad una fine scontata: trasmettere loro l’idea errata che non dovranno mai far fatica nella vita, che avranno tutto con un click, che qualcuno sarà sempre lì a proteggerli. La strada diretta dalla bambagia ai bamboccioni.
È questo che vogliamo?
Sicuramente no. Ma talvolta non consideriamo il legame tra ciò che vogliamo e come agiamo.
Come possiamo curare questa incoerenza?
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2 commenti:
Non è solo per questo che va insegnato ai figli a rendersi utili. Se glielo spieghiamo così, o facciamo capire che la pensiamo così, diamo loro una visione negativa e pessimista della vita. La vita è relazione, quindi è anche servizio: aiuto in casa per rendere più gradevole la vita agli altri, per aiutare la mamma, per contribuire a creare un ambiente piacevole per tutti. E la vita è creatività e compito: se è vero che all'uomo è stata affidata la creazione perché la tenesse in ordine, prima del peccato originale, o la risistemasse un po', dopo, anche la mia borsa da sport malmessa è una sfida, un disordine. E il bambino parte da compiti ovviamente semplici per capire il lavoro come sfida, come servizio, come creatività entusiasmante. Non solo perché la vita sarà dura, ma perchè sarà una sfida bellissima a cui mi preparo fin da piccolo.
Penso che la nonna abbia un punto di vista "da nonna" cioè più protettivo e tollerante, in fondo è giusto così. Come genitore c'è da trovare l'equilibrio tra l'imposizione dei compiti e la spiegazione, in genere funziona meglio la seconda, ma a volte è necessaria la prima...
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