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lunedì 20 dicembre 2010
Love is an action plan - Amare significa agire
Prossimo post Next post Tuesday/martedì 21 dicembre
Interview with Rebecca Cousin: how to become a work-at-home-mom
Intervista a Rebecca Cousin: come diventare una mamma imprenditrice
Abbiamo incontrato una amica di recente: una bella signora oltre la quarantina, madre di tre figli dai 13 ai 19 anni. Tre maschi (auguri). Non la vedevamo da un po’, diciamo due-tre anni.
Aveva un sguardo svuotato, un viso afflosciato, come se la vita fosse ormai senza orizzonte, come se avesse visto l’inferno e non riuscisse a liberarsi da quel ricordo.
Aveva un sguardo svuotato, un viso afflosciato, come se la vita fosse ormai senza orizzonte, come se avesse visto l’inferno e non riuscisse a liberarsi da quel ricordo.
Così scopriamo che è sola, il marito se ne è andato, lasciandola sola con i tre figli.
No, non è uno di quei patetici casi di cinquantenni obnubilati dal flusso di ormoni, esasperato da messaggi avvilenti di pubblicità e mass-media, che pretendono all’improvviso di riappropriarsi della propria libertà per rifarsi una vita accanto ad una sciacquetta che conquista solo a colpi di carne fresca.
Siamo molto, troppo duri? Sì, lo confermo.
Ognuno di noi ha amiche azzannate da questo morbo, abbandonate in giovane o mezza età, aggredite da frasi che non troverebbero posto nemmeno nel catalogo dell'egoista e che invece vengono contrabbandate in televisione come esempio di encomiabile libertà personale: "devo finalmente pensare a me. Anch'io ho diritto alla felicità. Non serve a nulla trascinare questa vita".
E il dolore che stilla da quelle donne, derise e tradite, non crediamo si riesca mai a comprenderlo.
Torniamo a noi.
Non si tratta questa volta dunque di un caso di passione senile, di conclamata pazzia sensuale, quanto di un fenomeno più lieve e perciò più pericoloso.
Perché, come abbiamo scritto altrove, resistere alla passione può essere eroico, ma al sentimento…
Non si tratta questa volta dunque di un caso di passione senile, di conclamata pazzia sensuale, quanto di un fenomeno più lieve e perciò più pericoloso.
Perché, come abbiamo scritto altrove, resistere alla passione può essere eroico, ma al sentimento…
Travolto dalla passione per una donna più giovane, trascinato dai sensi in una storia di breve durata, il marito si è ravveduto e, chiesto perdono, è stato generosamente riaccolto a casa. Da dove se ne è andato non molto tempo dopo perché, sosteneva, l’amore era definitivamente sfiorito. Guardando la moglie, compagna di una vita e madre dei suoi figli, negli occhi, non vedeva più se non amicizia, stima, rispetto.
Ma non amore.
Ma non amore.
Già. Ma l’amore che cos’è?
Come spiega acutamente Stephen Covey, l’amore non è un sentimento: è un verbo. O meglio, aggiungiamo noi, è un piano d’azione. Che cosa è l’amore se non amicizia, rispetto, stima e un progetto comune. Antoine de Saint Exupery lo dice chiaramente: “amare non è guardarsi negli occhi, ma guardare insieme nella medesima direzione”. Progettualità. Sudore e sangue, schiene piegate e mani callose. La costruzione di un amore fa tremare le vene dei polsi…
E’ un trucco diabolico e disumano quello di far credere che l’amore sia solo passione e desiderio, sentimento e istinto: amare è un atto dell’uomo e quindi è soprattutto ragione e volontà. Azione. Sforzo, Controllo.
Forse vi ricordare di un vecchio straordinario film con Lucille Ball e Henry Fonda, ne hanno fatto pochi anni fa il remake con Renee Russo e Steve Martin: si intitolava Appuntamento sotto il letto. In una delle più belle scene, che forse ricordate, Henry Fonda spiega alla figlia maggiore che cosa sia l’amore:
“non è andare a letto con un uomo. Ma alzarsi da quel letto tutte le mattine e affrontare insieme a lui quella cosa terribile, tetra, meravigliosa, sorprendente che è la vita”.
Sì, questo è realmente amare. Una cosa da forti. Non da codardi.
Che cosa ne pensate? Vale la pena parlarne ancora?
p.s. se vi interessano antri racconti sull’amore, magari date una occhiata qui
We met a friend, a lady on her forties, mother of three boys, from 13 to 19. We haven’t see her for a while, let’s say a couple of years, maybe three. She’s got a depleted look, like she faced evil and couldn’t forgive it. So we discover that her husband left her. Well, that’s not one of those sad and cruel stories of a mid-aged man who suddenly believe that he wants his freedom back and that he needs a new opportunity for a new life. Those bloody lies can just be tolerated, and in no way justified, as the evident symptom of a full-blown insanity burnt by an uncontrolled flow of hormones amplified by malicious messages from the society.
This case can be different. Gone with an intense infatuation, assaulted by passion he lived a story with a much younger girl, and then understood his mistake. Cut with the woman, tried to came back home, but then discovered the flame was dead. Looking into her wife’s eyes he could just see friendship, respect, esteem, but, he said, no more love. So he flew away in search for… for what? Pretty sure he does not know.
Now, that’s the point. As Stephen Covey put it once very sharply, love is not a feeling, is a verb. Is an action plan. His lesson, quoted many times on the web, is quite simple: love (verb/action) and love (feeling) will come along.
Love is a forecast, is a common plan, as Antoine de Saint-Exupery put stated once clearly “Love does not consist in gazing at each other, but in looking outward together in the same direction”.
It’s an horrible and devilish trick to believe that love is just a passion, the burning flame that inspire desire that life can blow away. Life is an human action, and therefore much more based on reason and will than on feelings and instincts.
You may remember an extraordinary old movies, with Lucille Ball and Henry Fonda (they just launched a remake few years ago with Renee Russo and Steve Martin): Mine, yours and ours.
You may then remember also one of the sharpest scenes when Henry explains to his eldest daughter what love is with this words:
“I'll tell you something else. It isn't going to bed with a man that proves you're in love with him. It's getting up in the morning facing the drab, miserable, wonderful, everyday world with him that counts.".
Yes, this love actually. And it’s really an action plan.
sabato 18 dicembre 2010
L'alleanza perduta - The lost alliance
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Monday/lunedì 20 dicembre
Che cos'è l'amore? What love truly is?
Che cos'è l'amore? What love truly is?
Che cosa deve essere una scuola?
Che tipo di sostegno deve offrire una scuola alle famiglie?
Questo, che è un dibattito anche amaro e violento, del contesto italiano è sicuramente una questione globale, che attraversa trasversalmente il pianeta e riguarda le famiglie di tutto il mondo.
Perché la vita si fa sempre più complessa e l’educazione anche. L’influenza dell’ambiente, sempre più pressante, rende pressoché impossibile il compito educativo alla famiglia, ed è per questa ragione che è praticamente indispensabile poter contare su alleati affidabili e forti nel processo di educare.
Si parla di agenzie, indicando con questo termine istituzioni di qualunque natura, alle quali la famiglia possa, debba fare affidamento potendo contare sul loro apporto per trasmettere ai figli quei valori, quelle qualità, quella forza che permettano loro di resistere ai colpi della vita.
La scuola dovrebbe essere uno di questi aiuti, forse il principale alleato.
Non stiamo parlando della trasmissione di conoscenza o di competenze, questa rappresenta il pre-requisito di una scuola.
La qualità dell’insegnamento è un elemento chiave e va approfonditamente vagliato.
Il tema è stato trattato di recente, ad esempio in questi articoli del CorSera che esaminano la qualità della scuola in Italia alla luce della classifica Ocse presentando anche ciò che accade in altri stati.
Non stiamo parlando della trasmissione di conoscenza o di competenze, questa rappresenta il pre-requisito di una scuola.
La qualità dell’insegnamento è un elemento chiave e va approfonditamente vagliato.
Il tema è stato trattato di recente, ad esempio in questi articoli del CorSera che esaminano la qualità della scuola in Italia alla luce della classifica Ocse presentando anche ciò che accade in altri stati.
Non parliamo di questo, quanto della trasmissione di valori, di punti fermi, di virtù in piena sintonia con le scelte della famiglia.
La scuola ci aiuta a prolungare il messaggio che trasmettiamo in famiglia oppure lo polverizza insegnando l’esatto contrario?
Per capirne di più abbiamo posto alcune domande sulla possibile alleanza tra famiglia e scuola a Claudio Marcellino, Segretario Generale dell’Associazione Faes, che gestisce tre centri scolastici in Italia: Argonne, Monforte e Aurora, tutti a Milano.
Che cosa ne pensate? Che tipo di relazione dovrebbe esserci tra scuola e famiglia?
Qui trovate alcune, tra le molte scuole nel mondo, che si ispirano al medesimo modello educativo del Faes:
What’s the school should be?
What kind of support school should give to families?
I believe this is a global question. Not just an Italian local problem.
It’s complicated. More and more. We mean: life. And the negative influences are getting more and more insidious, and frequent. In some way we are attacked by every side, and the parenting role is getting more hard.
We need help, we need support, we need allies.
And school can, well actually must, be one. Maybe the first one.
What kind of support school should give to families?
I believe this is a global question. Not just an Italian local problem.
It’s complicated. More and more. We mean: life. And the negative influences are getting more and more insidious, and frequent. In some way we are attacked by every side, and the parenting role is getting more hard.
We need help, we need support, we need allies.
And school can, well actually must, be one. Maybe the first one.
Is it? Could we really rely on school? Could we relax while our children are at school, being assured that what they will be taught will be on the same page than at home?
We are not talking of knowledge and know-how. That should be a must, a pre-requisite for all the school.
We are talking of values: are we aware of the fact that school should lengthen the same values that we are willing to transfer to our children? It’s our heritage, and so we do not want it burn out!
Now, to have a deeper insight on these we have asked to Claudio Marcellino, which is the general manager of the Faes schools in Italy, to disclose his ideas about the alliance that family and school could stipulate.
His answer are in this video that whose dubbing as been realized by Paolo: be patient about the quality!
Faes schools are just an Italian institution, but share the same principle with other institutes around the world. Just to quote some of them, you can find here a short list and link to their website
What do you think about? What should be the relation family-school? What is the situation in your country? Could you share it with us? Thank you!
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venerdì 17 dicembre 2010
Intervista a Louise Masin Sattler - Interview with Louise Masin Sattler
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Saturday/sabato 18 dicembre
Louise è una Psicologa americana con specializzazione nell’educazione linguistica e multi-culturale. Insegna da più di 20 anni il Linguaggio dei Segni a famiglie con figli udenti e non udenti, studenti del college, personale di strutture scolastiche pubbliche e private e ad imprese. Louise vive nel Maryland con il marito e i loro due figli (che hanno appreso il linguaggio dei segni da piccoli!)
Stai lavorando in un segmento molto specifico: quali sono le principali caratteristiche tipiche delle famiglie che utilizzano il linguaggio dei segni (signing families)?
"SIGNING FAMILIES™ è la mia società ed è nata con l’obiettivo di costruire ponti di comunicazione tra le comunità di udenti e non udenti. Lavoro anche con famiglie che hanno figli con disabilità per insegnare loro il linguaggio dei segni al fine di favorire o migliorare la comunicazione. Questo lavoro è stato ben accolto ed è gratificante. Il mio obiettivo è dare a chiunque desideri imparare l’American Sign Language (ASL) l’opportunità di riuscirci, sia partecipando come ospite a conferenze in cui illustro i concetti di base dell’ASL, sia tramite seminari sul web o su Youtube, o DVD.
Oltre a questo, più di recente ho creato dei prodotti per aiutare le persone ad imparare e poi continuare a mettere in pratica quanto hanno imparato e ad insegnarlo ad altri. Il mio prodotto più popolare è il nuovo “SIGN LANGUAGE FOR EMERGENCY SITUATIONS” in DVD (ASL, inglese e spagnolo). Ci sono anche delle carte che accompagnano questa serie. Anche i miei BABY, TODDLER e PRESCHOOL ASL / SPANISH DVD sono molto popolari e sono andati esauriti due volte. Ho vinto il BEST SOCIAL-EMOTIONAL DEVELOPMENT SIGN LANGUAGE DVD assegnato da Kidlutions".
Quale tipo di aiuto viene prevalentemente richiesto?
"Più recentemente c’è stato un incremento delle domande di insegnamento dell’ASL ad educatori/famiglie e a fornitori di assistenza sanitaria, compresi i paramedici. Sono sempre impegnata!! Ho creato i nostri prodotti come un “lavoro d’amore” per la mia famiglia e gli amici che si sentono coinvolti. Ho anche lavorato come Psicologa per molti anni nelle scuole e ho partecipato alla creazione di programmi e prodotti che possono aiutare famiglie ed educatori ad imparare i concetti base dell’ASL in modo veloce, efficace e senza eccessivo sforzo economico".
Quali sono i principali ostacoli che questo tipo di famiglie devono superare?
"La maggior parte dei bambini sordi è nata da genitori udenti (circa il 90%), così la prima sfida è comprendere la sordità. La seconda è comprendere che la maggior parte dei bambini nati sordi possono crescere e realizzare quello che vogliono! Ho conosciuto diversi adulti sordi di successo – molti con importanti incarichi di governo, carriera medica, educatori ed altro ancora! Mio marito ha problemi di udito e di tanto in tanto utilizziamo il linguaggio dei segni a casa. Lui è un ingegnere.Sono grata ai programmi quali ASLINSIDE.com, Project Nadine and CODA365 che aiutano i genitori con figli piccoli sordi".
Quali suggerimenti vuoi condividere riguardo l’educazione? Cosa dovrebbe fare una famiglia?
"Il primo passo per una famiglia che ha scoperto che uno dei suoi figli è sordo è cercare e mettersi in contatto con un presidio locale o programma per la sordità. Un intervento tempestivo e un’esposizione precoce al linguaggio sono la chiave. Le famiglie possono inoltre utilizzare dei DVD con istruzioni semplici, cercare di individuare dei mentori sordi/conoscitori del linguaggio dei segni e frequentare programmi specializzati per bambini sordi. Ancora più importante, devono imparare a comunicare con i loro figli, non importa con quale linguaggio (orale, dei segni, entrambi). Inoltre, molti genitori si stanno informando sull’impianto cocleare – ma io raccomando comunque il linguaggio dei segni nel caso in cui l’impianto si rompa".
Quali sono i prossimi passi per SIGNING FAMILIES?
Ci stiamo rivolgendo al mercato internazionale. In collaborazione con MommyPerks.com (Shara Lawrence- Weiss) abbiamo sviluppato materiale relativo al linguaggio dei segni in Spagnolo, Australiano e presto in Vietnamita e Francese. L’obiettivo è far sì che educatori e personale di primo intervento per le emergenze siano in grado di comunicare con bambini nelle diverse parti del mondo (o in aree degli USA in cui l’inglese non è la prima lingua)".
English version
Louise is a Nationally Certified School Psychologist with specializations in linguistics and multi-cultural education. She has been teaching American Sign Language for more than 20 years to families with hearing and non-hearing children, college students, staff at public and private school systems and businesses. Louise resides in Maryland with her husband, Marc and their two children ( who started signing as infants!)
You are working in a very specific segment: which are the main features that characterize the signing families?
"SIGNING FAMILIES™ is my company and was developed in order to build communication bridges between the deaf and hearing communities. I also work with families who have children with disabilities to learn to sign in order to foster or augment communication. This work has been very well received and rewarding. My goal is to get anyone who wishes to learn American Sign Language (ASL) an opportunity to do so, whether through guest speaking engagements where I show the basics of ASL, through webinars/Youtube or DVDs.
In addition, most recently I have created products to help people to learn, continue practicing what they have learned and to teach others. My most popular product is the new SIGN LANGUAGE FOR EMERGENCY SITUATIONS DVD (ASL, English and Spanish). Also, there are durable and wipeable cards that accompany this series. My BABY, TODDLER and PRESCHOOL ASL / SPANISH DVD also is very popular and has sold out twice. It won for BEST SOCIAL-EMOTIONAL DEVELOPMENT SIGN LANGUAGE DVD from Kidlutions (preferred product award series)."
Which kind of help is the most required?
"Most recently there has been an increased demand to teach ASL to educators/families and healthcare providers, including paramedics. I am ALWAYS busy!! I have created our products out of a "labor of love" for my family and friends who are hearing "challenged". I also, worked as a Psychologist for many years within schools and wanted to help create programs and products that can assist families and educators to learn the basics of ASL quickly, effectively and without much financial hardship".
Which are the main hurdles this kind of families have to overcome?
"Most deaf children are born to hearing parents (about 90%), so the first hurdle is understanding deafness. The second is to know that most children born deaf can grow up and accomplish anything they want! I have known a variety of successful deaf adults- many with high power government jobs, medical careers, educators and more! My husband is hard of hearing and we sign from time to time at home. He is an engineer. I am thankful to programs like ASLINSIDE.com, Project Nadine and CODA365 which help parents with young deaf children".
Which suggestions do you have to share about education? What
should a family do?
"The first stop for a family that has found out their child is deaf is to try and contact a local district or program for the deaf. Early intervention and language exposure is key. Also, families can obtain simple instructional DVDs, try and locate deaf/sign language mentors and visit programs which specialize with deaf children. Most importantly- they need to learn to communicate COMPLETELY with their child- no matter what option (oral , signed or both) they choose. Also, many parents are investigating the cochlear implant- but I still recommend learning sign language in the event that the implant itself breaks".
What is next for SIGNING FAMILIES?
We are now branching out to an international market. In conjunction with MommyPerks.com (Shara Lawrence- Weiss) we have developed sign language materials in Spanish, Australian Sign and soon possibly Vietnamese and French. The objective is for educators and first responders for emergencies to be able to communicate with children in various parts of the world (or within the US in a certain area that English is not the first language of choice)".
mercoledì 15 dicembre 2010
Ma le mamme possono lavorare? - Is there room for working Moms?
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Friday/venerdì 17 dicembre
Credo che questo blog abbia superato la prima prova. Ne sono convinto perché il tenore dei commenti è sostanzioso e la temperatura è salita. Non che i commenti precedenti non fossero sagaci e intelligenti, si intende! Alcuni degli ultimi però sono diventati così stimolanti da imporre di essere presi come punto di partenza per nuovi post. Come questo appunto.
Nel precedente post Daniela la mamma autrice del blog PercetioConversationis, un blog decisamente inspirato il cui nome discende direttamente dalla regola di San Benedetto e definisce l’aspirazione alla pienezza della vita.
Il suo recente commento costituisce lo spunto per non uno ma due temi non eludibili:
- una mamma deve lavorare? Può lavorare?
- la formazione scolastica a casa, permessa in alcuni stati americani e non altri paesi del mondo, è una valida alternativa alla scuola pubblica? O per dirla all’italiana e provocare un po’: la scuola privata è una soluzione da preferire a quella pubblica?
Come potete vedere non si tratta di temi banali, anzi di argomenti che meritano. E per iniziare affrontiamo il tema delle mamme al lavoro.
Abbiamo già sfiorato il tema in una intervista con Stefania Boleso Boleso The pursuit of happiness dove Stefania, autrice di un interessante blog che espone le difficoltà e vessazioni a cui sono sottoposte le donne nel mondo del lavoro in Italia.
Daniela affronta il problema da un’altra angolatura: parla dei rimorsi che solitamente assalgono le madri quando finiscono per trattare i propri piccoli come pacchi da parcheggiare durante il giorno. O per lo meno: così finiscono proprio loro per pensare. E, c’è da dire che alcuni asili nido, qualche malizioso suggerisce molti, sembrano più interessati ad agire da parcheggi che non da centri educativi peggiorando così la percezione delle mamme.
Daniela menziona anche il più diffuso inganno con il quale i genitori sono soliti raggirare se stessi: il tempo di qualità. “Non sarà poi molto questo tempo, la quantità è ridotta: ma la qualità, è proprio elevata!”. Ora a dire la verità, se moltiplico un numero elevatissimo per un altro prossimo allo zero, ciò che alla fine ottengo è comunque zero.
Dunque che cosa devono fare le mamme? Starsene a casa? Combattere la trappola del senso di colpa? E’ un fantasma che aleggia spesso ed inquieta se anche la più famosa delle blogger italiane, Elastigirl di Nonsolomamma, che abbiamo avuto il piacere di intervistare qui di recente sembra esserne affetta, o per lo meno diciamo che saggiamente ne affronta l’argomento introducendo la soluzione del part time.
Un parere interessante sulle "buone madri" è espresso da Vivienne Borne in questo post.
Un parere interessante sulle "buone madri" è espresso da Vivienne Borne in questo post.
La nostra visione sul problema è molto semplice:
- da un lato siamo convinti che il contributo che le donne, le mamme in modo speciale, donne che la maternità ha in qualche modo arricchito, possono offrire alla società e al mondo del lavoro sia vitale, sia così irrinunciabile che la società deve darsi da fare per favorire l’accesso delle mamme alla professione, in tutti i modi possibili ed immaginabili,
- dall’altro siamo altrettanto convinti che una donna possa realizzarsi pienamente anche senza bisogno di un lavoro professionale, che non ci sia la necessità di accedere al mondo del business per trovare la dimensione piena, la pienezza di vita di cui parla Perfectio Conversationis.
Paolo è poi in particolare convinto che la più grande fregatura, il più grande imbroglio che gli uomini hanno rifilato alle donne sia proprio questo: convincerle che senza lavoro non sarebbe mai stato possibile per loro soddisfare le proprie aspettative. E’ assolutamente falso: una mamma a tempo pieno vale quanto, e a volte molto di più, di un amministratore delegato. E il suo ruolo è sicuramente molto più rilevante e magico.
Detto ciò, siamo convinti che una volta che una mamma, in coscienza e onestà, ha compiuto la sua scelta, deve stare serena e non farsi assalire da sensi di colpa: la maggior parte delle frustrazioni e delle ansie nasce dallo stato di continua e ambigua insoddisfazione. Quando sei al lavoro ti senti in colpa perché non sei in famiglia con i bambini, quando sei a casa con loro ti senti delusa perché non stai impegnandoti sul lavoro. Stop. Prendi una decisione meditata e agisci di conseguenza e non preoccuparti più.
Per noi è molto importante avere le vostre opinioni, raccoglierle qui e condividerle anche per scrivere un ulteriore articolo.
Ci fa anche piacere condividere questo video americano dove quatto donne professioniste raccontano la loro esperienza e forniscono spunti interessanti (è il terzo dall’alto nella pagina)
Prima di “scatenare il dibattito” vorremmo mettere sul tavolo alcune idee, così per provocare e pensare. Nella nostra navigazione tra le acque dei blog di famiglia ci siamo imbattuti spesso in pagine web di mamme che lavorano da casa, o per dirla all’americana work at home mom. Che fanno fatica in questo ruolo particolare, come racconta Marissa nel suo blog dove racconta la sua epica battaglia per conservare la propria identità. O come racconta Christy in quest’altro blog.
Sono mamme che si sono costruite una attività professionale on line e hanno deciso di lavorare da casa.
Ecco alcuni esempi:
- Shara Lawrence, la prima mamma blogger ad essere intervistata qui, il cui sito, e blog, MommyPerks vende di tutto per la famiglia, finendo per essere una specie di grande centro commerciale dove è possible avere suggerimenti per ogni cosa e anche avere il tempo e il piacere di fermarsi a fare quattro chiacchiere sulla famiglia, i figli, i problemi di casa propria.
- Rebecca Cousins, la cui intervista apparirà la prossima settimana su questi schermi, gestisce un negozio on line di modellismo e costruzioni per bambini, un craft webshop, dove spiega come l’attività manuale sia di aiuto alla crescita dei bamini ed aiuta a prendere le giuste decisioni.
- Per non parlare di Leah Derewicz, che propone teiere di porcellana fornendo suggerimenti e spunti per la loro scelta e utilizzo in accordo con lo stile della casa.
- One Bored Mommy, che possiamo tradurre con “una mamma che si è fatta strada”, ha invece compiuto una scelta diversa: madre di quattro bambini sotto i dieci anni, ha trasformato il suo blog in una rivista di recensioni dove propone onesti e leali pareri sui prodotti che prova e che le case produttrici le propongono. Come una sorta di critico della famiglia, è una fonte affidabile di valutazioni, di test, di consigli.
- Infine, l’ultima mamma che prendiamo un esame, è diventata una celebrità del web e non solo: Jennifer Brandt ha trasformato il suo blog, che ha ottenuto nel 2009 un prestigioso riconoscimento da una rivista del settore, in una vera e propria casa editrice e gestisce come direttore editoriale svariati altri blog monotematici oltre che andare spesso in televisione per parlare di questi temi.
Ora siamo perfettamente consci del fatto che le possibilità offerte in Italia siano minori che negli Usa, ma… chissà… in fondo noi siamo molto più creativi.
Ovviamente ogni commento e suggerimento, specie dalle mamme qui citate, è graditissimo.
E promettiamo a Daniela di affrontare a breve il secondo tema da lei proposto!
English version
Is there room for working moms?
I believe we reach the turning point of this blog when comments started to become sharp and smarter and smarter. Well actually all the comments we got were smart, but what we mean is that some of them have to be taken into consideration as starting point or new posts.
That’s the case of last comment that a mom called Daniela, author of a very inspired blog Perfectio Conversationis whose name comes strictly from St. Benedict rules and indentify the aspiration to the fullness of life.
- should mommy work?
- Is homeschooling a valid alternative to public school? Or to put it in a more European way: are private schools a true alternative to public one?
As you can see not easy task for us. But we believe the challenge should be faced and therefore here we are with subject one: working mommies.
We mentioned this subject in the interview to Stefania Boleso The pursuit of happiness where Stefania, who is author or a very interesting blog talking of the hard issues that in Italy women have to face to work.
Daniela although faces this subject from a different point of view: she talks of the remorses that usually attack moms when they end up treating their kids like parcels that should be store somewhere for a lot of hours during the day. Or at least this is what they feel. And kindergardens, some of them, (someone maliciously said most of them) seem more interested to look like storage center than schools thus worsening the sense of guilt.
She also mentioned the most popular trick that parents plays usually against themselves before than against their kids: “we may not have large quantity of time to spend with our kids, but, men, the quality is so high!”. Actually if you multiply a very high quality value, let’s say even 1 billion, for a quantity number which is so close to 0 that you can even distinguish it from… nothing, well you end up with a figure which is almost 0!
So, what moms have to do? Stay at home? Fight the trap of the sense of guilt? The ghost with which seems to deal also the most famous Italian family blogger, Elastigirl, who was interviewed here some time ago.
An interesting comments about what a "good mother" is can be found in this post by Vivienne Borne that we suggest to read.
Our vision is really simple:
while we do believe that the contribution that women, and mom especially: women enriched by motherhood, can provide to the social and business world is so great and profound that everything should be done to ease mothers, we also do strongly believe that a business role is not necessary the only way a woman could reach her self-fulfillment. Paolo personally believes that men’s harsh cheat was to convince women that they have to work to reach not just the top but also their personal achievement. That’s not true: a mom is worthy as much, and sometime even more, than a CEO. And her role is for sure much more relevant and magic.
while we do believe that the contribution that women, and mom especially: women enriched by motherhood, can provide to the social and business world is so great and profound that everything should be done to ease mothers, we also do strongly believe that a business role is not necessary the only way a woman could reach her self-fulfillment. Paolo personally believes that men’s harsh cheat was to convince women that they have to work to reach not just the top but also their personal achievement. That’s not true: a mom is worthy as much, and sometime even more, than a CEO. And her role is for sure much more relevant and magic.
Our opinion is that once a mom makes a choice, a conscientious choice, she has to stay with it: the principal source of inner conflict, anxiety and consequent pains is the continuous rocking: while you are at work you feel guilty because you’re not with your kids and as soon as you re with them you feel guilty because you’re not working. Stop. Take a wise decision, and do not be bored again!.
We would like to listen to your opinion on that. So that we could post a further episode on this subject.
We like to share an american video where four working moms talks about this (it’s the third video from the top)
Just before opening the discussion, we would like to share some ideas, maybe just food for thoughts. In our navigation through parenting blog we came across a lot of work at home moms. To stay close to their kids they find out a innovative way to work and make a living: web activity. Maybe fighting with themselves, as Marissa explains in her blog: “I am a work at home mom with three amazing children fighting an epic battle to maintain my identity” or Christy in her own.
Here some of them:
- Shara Lawrence, the first mom to be interviewed for our blog, whose website, and blogs, MommyPerks sells almost everything for a family, it’s a sort of large web-mall where you can find directions for the best deal and purchase and also stop and chat about your kids, your husband or anything alse that makes you feel at home.
- Rebecca Cousins, whose interview will appear in our blog next week, manages a craft webshop for kids and enriched her website with suggestions and clues for using crafts as a development tool for children.
- What about Leah Derewicz, who promotes polish peacock pottery and explains to people how to choose and use them in the best way for their houses?
- One Bored Mommy made a different choice: mother of four apparently under 10, she dressed her blog like a magazine, where she offers honest feedback to any kind of product for the family. Like a sort of gastronomic reviewer, she tests, and tastes, products and writes a truthful assay about it, offering her webpage also for advertising.
- The last Mom of this list is a sort of celebrity in the web, and the real world too: Jennifer Brandt transformed her blog, who was selected as SELF Magazine's Editor's pick for favorite parenting blog in June '09 in a true publisher and presently she is managing editor of several other blogs and a tv start too.
Now, we are aware that the possibility offered here in Italy are much lesser than in the US, but… who knows… and what do you think about? Of course any comments from the lucky five moms quoted here will be welcomed.
And Daniela, we will discuss your second clue in a short time!
lunedì 13 dicembre 2010
Let's socialize! - Socializziamo!
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Wednesday/Mercoledì 15 dicembre
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Socializzamo! Scordatelo!
Uno dei miti del pianeta educazione in Italia è quello della socializzazione. Già l’acutissima Paola Mastocola, scrittrice e insegnante molto apprezzata, stimata e intervistata, alla quale è stato dedicato anche un blog elogiativo, ne aveva parlato nel suo tagliente e profondo saggio La scuola raccontata al mio cane illustrando come la scuola pubblica sia scivolata in questo equivoco arrivando in alcuni casi estremi ad affermare che il compito dell’insegnamento sia quello di favorire la socializzazione tra alunni piuttosto che fornire elementi chiari ed aiutare la famiglia a plasmare buoni cittadini, brave persone.
Non ci è dato sapere se questo mito, paradossale, sia diffuso a livello globale, e se in particolare colpisca anche quelle nazioni dalle quale provengono i lettori di questo blog: Stati Uniti, Svizzera, Australia, Regno Unito, Belgio, Corea del Sud, Federazione Russa e molti altri ancora.
Certo, socializzare può essere il modo laico, o se vogliamo essere un po’ pepati ed acidi, per provocare reazioni e poter discutere insieme, la degenerazione laicista di ciò che i cristiani chiamano semplicemente carità: può essere, ma per molti maitre-à-penser nostrani questo sembra lo scopo di tutto. E questo concetto ha finito per pervadere l’ambiente diventando un mantra collettivo. Curioso se consideriamo che questa in cui viviamo è l’epoca con meno barriere alla relazione di sempre. Curioso e inquietante forse proprio per questo: non sarà mica che questo abbassare i muri invece che favorire la “socializzazione” ha finito per allontanare le perse fagli altri, avendole avvicinate così tanto a se stesse da aver perso la misura di che cosa voglia dire non diciamo l’amore, ma anche solo l’amicizia? Ma di questo, se vorrete, ce ne occuperemo in altre occasioni.
Torniamo a noi: siamo perfettamente d’accordo che la socializzazione possa essere un gradito e auspicato effetto collaterale dell’insegnamento. A partire dalla scuola materna, forse addirittura dalla scuola primaria. Troviamo un po’ sorprendente è che sempre più mamme di bambini dell’asilo nido chiedano se esista una attenzione specifica alla socializzazione. Ora come un bambino di sei mesi possa socializzare resta un mistero insolubile. Anche prendendo in esame un bimbo di 30 mesi, il problema resta di difficile quadratura.
Ora a che cosa serve un asilo nido oltre che a provvedere all’accudimento e a fornire un servizio di utilità civile alle famiglie nelle quali la mamma lavora? Ce lo spiega Franca, che tra le molte attività che svolge, come ogni donna, gestisce anche alcuni nidi della rete Happy Child.
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Let’s socialize! Forget about!
One of the myths of the Italian education is system is expressed by the mantra “let’s socialize”.
Paola Mastocola, an italian writer and teacher, described this mania in her book La scuola raccontata al mio cane showing the origin and consequences of this decision.
We do not know if this word, and this myth, is widespread: it would be very interesting to know what’s happening in your countries, especially in those countries from where the readers of this blog come: although it could be unlikely we are proud, and somehow confused, to daily discover that these pages are read not just in Italy and the US, but in South Corea, UK, Belgium, Swiss, Russia, Singapore, Australia, New Zealand and some other more countries. It would be interesting to understand if this same myth, the socialization factor, is also present in your country and how.
Here, in Italy, if we can put it paradoxically and even a little bit provokingly, it seems that the principal aim of all the education system it is not to provide a wide baggage of knowledge and know how, mixed up with the fundamental elements required to be not only learned but overall wise, it’s not to shape good citizen, good people, but it looks like the main aim of the Italian school system is to help you be friendly.
Socialization may be the lay way, or to put it spicy the secular degeneration, of what charity is for Christian: it could, but it’s for several Italian maitre-à-penser to establish social relations seems to be the most relevant goal that every education agency should pursue.
We can agree about it’s utility for high school students, for second grade ones and even for first grade children, although we have to confess that we find quite amazing, and sad, that kids have to be taught how to socialize and make friends, an attitude we believed inborn: maybe this is the consequences of a world that pushed so hard to promote the individual, to find out that it goes along not just with selfishness but with solitude too.
What we find weird, and a little worrying is that several moms ask for and look for socialization even at kindergarden: now how a six months kid could socialize it’s really a tough question. And if you consider a 30 months child instead, you didn’t reduce the complexity of the problem.
What should you ask to a kindergarden? Let’s listen to what Franca as to say about in this video…
What do you think about?
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sabato 11 dicembre 2010
Intervista a Paola Bianconi- Interview with
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Monday/lunedì 13 dicembre
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5vm: cinque volte mamma: questo il nomignolo con il quale è conosciuta in rete Paola Bianconi, autrice del blog Adolesco . L’origine latina, collegata al verbo adolescere, cioè crescere, porta in sé una grande saggezza etimologica: il participio presente del verbo, il cui senso è quello di un' azione in corso, ancora non portata a termine, è adolescens, da cui l’italiano adolescente, mentre, qui può esserci la sorpresa, il suo participio passato, forma verbale che indica una azione compiuta, svolta interamente, quindi nella fattispecie che indica cresciuto, è adultus.
Ma il blog di Paola si chiama così perché tutti e cinque i suoi ragazzi sono appunto adolescenti e solo una di loro, la primogenita, ha da poco compiuto i diciotto anni, trasformandosi così in maggiorenne, non sappiamo anche se in adulta.
Paola è anche autrice di un libro intitolato Prima o poi cresceranno e cura il gruppo omonimo su Facebook.
E’ quindi pienamente titolata per questa intervista…
1. Da dove nasce l'idea di un blog famigliare?
"L'idea nasce per condividere temi legati all'adolescenza, dal momento che nel panorama bloggeristico femminile, di mamma nello specifico, non c'è nulla di simile".
(nota Franca & Paolo: in realtà ci sono molti blog in lingua inglese sui ragazzi, ad esempio:
Talking teenager - l'adolescenziale come secondo linguaggio
Annie Fox - una brillante esperta di tematiche educative
Raising CEO kids - affascinante prospettiva
Dads4life - la vita vista dai papà
Parenting teenagers 101 - cominciamo dalle basi
Vivienne Borne blog - arguti punti di vista sull'adolescenza
altri suggerimenti? Grazie per il vostro contributo!)
2. Che cosa lo caratterizza? quale l'impronta personale?
"Lo caratterizza l'essere appunto molto circoscritto alla sfera adolescenziale, un momento di crescita per i nostri figli molto critico e troppo spesso sottovalutato, e preso in considerazione solo per fatti legati alla cronaca".
3. Che cosa si propone di fare con il blog? quale risultato ottenere? che cosa condividere?
"Con il blog mi propongo di analizzare in maniera ironica, ma soprattutto concreta, le problematiche che una mamma si trova ad affrontare nel momento in cui i figli entrano nella critica fase
dell'adolescenza. Il risultato che vorrei ottenere è un rete di comunicazione tra mamme
che si sostengono a vicenda, cercano soluzioni creative, si confrontano sui temi legati all'adolescenza: la scuola, le amicizie, gli amori, senza sentire il peso di un giudizio".
4. Quali sono i temi che i lettori apprezzano di più? secondo lei perché?
"I temi che recano maggior interesse sono strettamente legati alla vita di un adolescente, la scuola per prima, la grande preoccupazione di ogni genitore".
5. Dall'osservatorio del blog si sarà fatta una idea di quali sono le principali preoccupazioni dei genitori oggi: ce le racconta?
"Come dicevo, rispondendo alla domanda precedente, la più grande preoccupazione di un genitore di un adolescente è senza dubbio legata alla scuola. La consapevolezza che si ha è che la scuola è il fulcro centrale della vita di un adolescente, sia in positivo che in negativo.
Lo scarso senso del dovere che i giovani oggi dimostrano, fanno diventare la scuola un peso così grande da avere necessariamente un ritorno in famiglia in tutti i campi, con la conseguenza anche di una scarsa autostima, che coinvolge il ragazzo in tutta la sua personalità.
Uscire poi da questo vortice negativo diventa troppo spesso una mission impossible!!"
6. Può dare tre fondamentali consigli ai genitori? che cosa un genitore dovrebbe assolutamente (non) fare?
"Non ci sono formule magiche che si possono applicare in tutte le famiglie. Ogni famiglia ha una storia a sé e occorre saper trovare la formula migliore per ottenere il meglio dai nostri figli, sapendo che sarà il meglio per la loro vita e non per la nostra tranquillità. Quello che come genitori siamo tenuti a fare è accompagnare i nostri figli in questo viaggio verso l'età adulta, accompagnare e mai guidare, sapendo che in questo viaggio troveremo tanti ostacoli. Il nostro compito è fornire loro le capacità e gli strumenti per saperli superare. Quello che mi sento di consigliare è di avere sempre fiducia nei nostri figli, avendo la consapevolezza che loro sono sempre migliori di come si comportano. Il segreto è non scordarsi mai di scindere ciò che si è da ciò che si fa".
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5vm, which stands for Five Times (volte: in Italian) Mother. That’s Paola nickname in the web. Her blog, Adolesco, is named after the latin verb adolescere which means to grow and which presents some powerful wisdom: its present participle, which describe an not yet achieved action is adolescens thus = growing, the word used to define teens, and its past participle, which describe an achieved action, thun grown, is adultus, yes adult!
But why did Paola choose this evocative name for her blog? Because all her children, five out of five, are teens, and V. the firstborn girl, just reached the threshold of her 18th birthday, thus becoming grown-up for the Italian law.
Paola wrote a book about her parenting experience, Prima o poi cresceranno, which is also a group on facebook.
So she is plenty reliable for an interview….
1. Why did you started a family blog?
"My idea was to share and discuss ideas and concerns about the teens and their education, since I could not find anything on this subject on the italian blog world".
(Franca & Paolo’s note: there are indeed several teens blog in English, like:
2. What does define this blog? Why is it different from other ones?
"Talking teenagers: all the subjects are focused on the teens life and the consequents issues that parents should face. This is a vital period in our children’s life and in my opinion it’s too often underestimated or considered only when related to some bloody events reported by media".
3. Which is the goal of your media? What you would like to reach?
"My intent is to analyze with humor and concreteness the hurdles that a mom has to face daily during teens. The results I’d like to achieve is a network between moms, who can provide support each others, help to find creative solutions, could discuss freely all the subjectsa bout teens children like love, school, friendship and anything else. A network able to provide support and encouragement and no judgment at all!"
4. Which are the subjects your readers like the most?
"I should say all of them, maybe the ones related to school and studies".
5. From your blog you should have made up your mind: which are the principal worries for a parent nowadays?
"I believe, as I mentioned before, that the main concern has to do with the school. We are aware of the fact that the school is a central factor in a teen’s life, and has a deep influence in any way: positively and negatively. Teens have a very low sense of duty and thus the requirements of any school become such an heavy burden that it impact the family life. And very often the main consequence is a low sense of self-esteem that depress the kids. To get out from this negative whirlpool looks like a mission impossible".
6. Which are your three suggestions you can share with other parents?
"There are no magic rules neither wands that can solve problems in any family. Every family is a specific tale and we have to solve our personal problem in the best way for our family, and especially for the future of our kids. Being parents, we are obliged to support our children in this tough quest towards adulthood, because we are aware of the facts that many “dungeons and dragons” are there. What I could suggest is to trust them always trust our children, always believing that they are much better than they behave. My secret: never forget to split what they are from what they do".
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giovedì 9 dicembre 2010
Due lezioni natalizie - Two Christmas lessons
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Saturday/sabato 11 dicembre
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Siamo sotto Natale e i negozi sono imbellettati con nastri, cascate di lustrini, palle, cotillon… Una famiglia decide di entrare in un negozio, il papà spinge il passeggino che ospita un bimbo sui tre anni circa. Il quale, nel varcare la soglia del negozio, si sporge e afferra con energia una grossa palla rossa dalla vetrina. I genitori non battono ciglio, non fanno una piega. Anzi, sorridono compiaciuti. La commessa un po’ meno.
Il bambino gioca con la palla rubata. Pericolosamente. Poi finalmente, completato l’acquisto e pagato, prima che si apprestino ad uscire, con garbo ed eleganza, la preoccupata commessa sorridendo un po’ nervosamente, si rivolge al bambino “adesso dovresti restituirmi quella palla, così la rimettiamo in vetrina”.
Sorprendentemente il padre risponde: “eh, sarà difficile. Una impresa quasi impossibile. Non saprei come fare”.
Scena seconda
Il reparto DVd di una grande libreria. Padre e figlia piccola, diciamo cinque anni. La bimba osserva ad occhi spalancati i DVd disposti sugli scaffali.
Il padre la guarda con affetto. Dice: “ne puoi scegliete uno”. “Solo uno papà? Sono tutti belli!”. “Certamente tesoro, ma ne puoi prendere uno solo”. La bimba, furba, ne afferra due e comincia a guardarli rivolgendo di tanto in tanto seducenti occhiate al padre: “che bello Heidi! E Scoobydoo, quanto mi piace!”.
“Hai ragione piccola mia, è proprio bello. Ma devi fare una scelta. Ne puoi prendere uno”. “Quanto mi piacciono entrambi!”.
Il padre si china, la guarda negli occhi con grande dolcezza. La accarezza. E sussurra: “capisco benissimo amore mio. Bisogna però che tu faccia una scelta: quale vuoi dei due, perché possiamo prenderne solo uno”.
Escono dal negozio con un solo DVD, non è dato sapere quale.
Conclusione
Ora chi di questi due bambini ha più chances di avere successo nel suo futuro?
Ovviamente non c’è una risposta a questa domanda: chi sa che cosa capiterà a questi due piccoli e quali sorprese la vita ha in serbo per loro. Quello che sappiamo è che entrambi hanno appreso una lezione, forte e chiara.
Il bambino della palla ora sa che gli è permesso fare di tutto, non solo che ciò che fa diverte ed emoziona i suoi genitori, anche quando non è propriamente lecito. Ha capito che anche quando sbaglia suo padre sarà lì a giustificare i suoi errori e a impedirgli di assumersi le proprie responsabilità.
La bimba invece ha appreso che la vita impone scelte, che non si può avere tutto ciò che si vuole, e che bisogna lottare per averlo, darsi da fare per meritarlo e conquistarlo. E che l’amore non consiste nel dire solo sì.
Come? Siamo troppo severi e esigenti?
Bene: che cosa pensate? Che cosa potete condividere con noi?
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Scene one
Christmas is close: shops are dressed to celebrate (and attract more clients). In the shop windows falls of spangles, balls, ribbons.
A family decides to visit a socks shop: daddy is driving a buggy with a two years kid on it. The child, while crossing the threshold of the shop, stretches out his hand and grabs a ball. His father smiles, his mother too. The shop assistant does not.
The kid plays with the stolen ball. Finally mommy buys something, daddy pays and a warried shop assistant, nervously smiling, says apparently to the kid “now, you have to give that ball back”. Amazedly the father answers: “it won’t be easy, I don’t know what to do…”.
Scene two
A bookshop selling DVDs. Daddy states firmly: “you have right to choose one”. Little dolly smiles, and she takes from the shelf two boxes: “Uhm: this one or that one?” “Your choice darling, but just one”. “Oh, I like so much Heidi, and I love ScoobyDoo!” “I know dear, but you have to make a choice”. “Daddy, it’s so difficult to make a choice, can I take both?”. Father bends down, smiles, says in a lovely voice: “No, pretty, you can’t. You have to choose: you can have just one. Which one you want?”. She makes up her mind, put the unchosen one back and stop smiling.
Conclusion
Now, which of these two kids will have more chances to be successful in his future?
Of course it’s not possible to answer to this question. Who knows what will happens to this two children. But we can guess that both have learned a lesson:
the little boy in the buggy learnt that he can do what he wants, even when he’s doing something wrong, his daddy will always be there to justify him and protect him from his own responsibility;
the little girl learnt that she has to strive for getting what she want, that she has to deserve it, she has to make choice in life and be responsible of her decisions. And that love does not mean to always say “yes!”.
What? Are we too harsh, severe and demanding?
Well, what do think about? Any suggestions, experiences, advises you want to share with us?
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