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mercoledì 13 aprile 2011
Father and son - Padre e figlio
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C’è sempre una speranza. E questa è la storia di una speranza che è diventata realtà. E che può sciogliere molti nodi. Trovo molto interessanti i post del blog di Vivienne Borne a proposito della relazione tra padre e figli, che lei sa trattare con molta grazia e intensità., e a questo proposito vorrei condividere la mia esperienza sulle battaglie e dolori che costellano questo particolare spiccio del cielo di una famiglia. Ci sono giorni in cui si finisce per pensare cge questo doloroso conflitto non finisca mai e proprio perché non è una battaglia aperta, ma una guerra fredda, una partita a scacchi, dove non ci si scontra frontalmente: cosa che il più delle volte ferisce ancora di più.
Ho trascorso gli ultimi cinque giorno con mio figlio a Miami per lavoro, eravamo lì per lanciare ufficialmente un nuovo brand di scarpe da donna di lusso Salvatore Procopio e incontrare alcune persone coinvolte nel progetto. Abbiamo alloggiato nella medesima stanza d’hotel per contenere i costi della trasferta. Credo di non avere avuto una intima e intensa connessione con lui da quando aveva sei giorni e, nel tentativo di farlo dormire e concederci così un po’ di riposo, lo tenni sdraiato sul mio petto accarezzandolo e parlandogli sommessamente.
Abbiamo discusso di lavoro, di arte, di sport, di moda. Ci siamo presi delle pause, facendo cose diverse in luoghi diversi l’uno dall’altro. Abbiamo pranzato e cenato insieme, scambiandoci consigli e assaggi. Ho commesso errori, ho chiesto scusa, lui ha accetto con pazienza. Non abbiamo mai litigato. Neanche alzato la voce.
Va bé e allora? Come direbbero “e a noi che ce frega?”. Perché parlare di una storia personale va bene delicato, ma che non sembra azzeccarci con questo blog?
Diciamo così: volevo condividere un lampo di gioia, e la speranza che anche le relazioni complesse – che poi in realtà non è certo l’aggettivo che darei a questa, per nulla- possono risolversi. Che i nostri figli, anche quando sono grandi, cresciuti, o forse proprio allora, possono trovare una muova, diversa e per certi versi più profonda strada per incontrarci di nuovo. Per stabilire una nuova forma di legame, basato sull’essere adulti e che richiede, da parte nostra, un sacrificio doloroso e profondo.
Dobbiamo in qualche modo rinnegare, no non è il termine giusto, direi diluire, abbandonare con sensibilità, la nostra paternità: intendo dire quel ruolo di controllore, di guardiano capace di prevenire, di risolvere, di ergersi in mezzo. L’accudimento anche virile ma che pone una profonda frazione tra padre e figlio segnandone la distanza. Dobbiamo deporre questo sentimento di necessità, di indispensabilità, e imparare, con sana umiltà, un nuovo modo di trattare i nostri figlio.
Un consiglio: non aspettate che loro compiano 25 anni per pensarci. Iniziamo quando l’adolescenza si infiamma e comincia a corrodere la relazione. C’è da guadagnarci tutti.
There is always a chance, and this is the story of hope which became reality. And can solve many clots. I found very interesting posts in Vivienne Borne’s blog about the relations between father and son, that she can describe with a profound gracefulness and intensity, and I can share my experience about the fights and pains that constellate this particular family sky. There are times when you believe this outrageous conflict will never end furthermore because it’s not a battle, its’ much more a cold war, a chess game, where no frontal combat seems to take place. And sometime this hurts even more.
I spent the last five days with my son in Miami, we’ve been there for business, for supporting the official launch of a new brand of luxury woman shoes Salvatore Procopio and follow up with some meetings. We stayed in the same hotel room to keep costs down. I believe I have never had a such intense connection with Andrea since when, I can’t forget, he was six days old and I held him on my chest while trying to make him sleep and thus take finally a rest.
We discussed business, arts, sport, fashion. We take break, doing different things in different, places. We had lunches and dinners together, sharing suggestions and food. I made mistakes, apologized, he was patient. We did not argue at all.
So what is in it for us? Why talk about this maybe delicate personal story, which seems to have nothing to do with this blog?
Well, I’d like to share a glimpse of joy, an hope that even difficult relations –and actually this was NOT our case I have to confess- can find a solution. That our kids, when they are grown up too, or especially, can find out a newer, different and in many ways deeper way to connect, to establish a new form of link based on adulthood that requires a profound and painful sacrifice from us.
We have in some way to deny, no, not exactly deny, to diminish our fatherhood: I mean, forget about the role of patron, the guardian parent that solve every problem and is always there to attend. We have to lay down that feeling of being indispensible to learn, with healthy humility, a new way of treating our kids.
My suggestion: don’t wait till they are 25 to consider this. Let’s all start when adolescence start firing up relationship. It will be a great gain.
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2 commenti:
E' vero quello che dici Paolo. Come genitori a volte ci si dimentica che le regole e i confini che abbiamo eretto a protezione dei nostri figli, devono essere messi in discussione e abbattuti. Poi verrà anche il tempo del ritrovarsi: da adulti. In fondo è questo che significa crescere :-)
Parlo da ex adolescente che, per ora, cerca di arginare un bimbo di 3 anni...
Federico (www.paternitaggi.it)
Grazie Federico della visita e del commento. Certo i problemi con un bimbo di 3 anni sono molto diversi di quelli con figli adulti, ma non meno complicati. Diversi.
Quali sono gli argini che sei costretto ad erigere?
Ciao
Paolo
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