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domenica 23 dicembre 2012
La rabbia delle mamme - Moms' anger
Italian version: scroll down - Versione Italiana qui sotto
Where does this violence come from? How moms feel the need to fight like lions or bears for their cubs? Why, especially on the web, they are shouting against everythig and everyone who seems to jeopardize the wellness of their kids? Why they want to prevent their babies –from 0 to 50 years old- from being exposed to life?
Is it
possible that life does not hurt? Does an happy ending, happy starting and
happy going on life really exist? If not, why moms seems not interested to
train their kids to face hurdles, and issues and challenges?
Why they
seems unable to rationalize and seems focused only in protecting their kids and
keep them in their shelter all life long?
And where
are fathers in this scenario? Whose role are they playing? Why are they flight
away?
Da dove viene questa paura spropositata? Questa difesa dei
propri cuccioli che sa di animale? Le mamme in rete spesso sono più feroci di
una leonessa: difendono i propri figli con una violenza del tutto irrazionale
che atterrisce. Incapaci di leggere la realtà, giudicano il mondo con l’ottica
dei propri figli, che ovviamente sono i migliori del mondo e le vittime della
società. Nessuno, se non la mamma, li capisce e nessuno li valorizza. Nessuno li conosce meglio di loro e sa
che cosa realmente è e fa il loro bene.
Li vogliono tenere lontani dalla vita, avvolti nel loro
manto fatato che li difende dalla sofferenza, dal dolore. Non si rendono conto
che la vita non è buonista, e che presenta spigoli, tagli, sconfitte. Perché non
allenarli a prendere colpi e rialzarsi più forti di prima?
Quando abbiamo perso la comprensione che la sofferenza è la
prima tappa sulla strada della crescita e della felicità?
E che fine hanno fatto i padri? Dove sono finiti? Dove sono
scappati?
sabato 8 dicembre 2012
L'ansia delle mamme - Anxious moms
La versione italiana è qui sotto: scorrere per raggiungerla
I love Facebook:
it’s an intriguing mirror of our society and speaks loud about what family
fears and what they do love and follow. I tend to consider Facebook like a
laboratory where you can stare at the behaviors and examine them like in a
test.
I thus try
to collect and connect everything is about family and education to be aware of
new strengths and weaknesses and find food for thought.
I jumped on
a interesting questions some days ago, posted on a very popular page with more
than 13.000 fans. A young mom was asking, in what seemed to be quite a
desperate mood, “what should I do? My two years old baby do not what to eat!”.
I could not resist from answering: just wait for him to be hungry.
Now that
was an interesting post because it revelead to me a common trend, a sort o
mainstream growing in our society. Moms tend to be more and more anxious.
They do not
want their kid to suffer. In no way. Now, it’s quite obvious that no parents
dream a sad and painful life for their kids, but on the other hand we have to
face the fact that sorrow and pain cannot be avoided in life. Furthermore: they
can be a powerful mean to growth: no pain no gain.
So I
believe we have to teach our kid from the very beginning that they have to know
what sufferance is, how to handle it, how to overcome it, how to squeeze it to
gain and to learn from.
And about
that baby: let him be hungry (and please don’t stay foolish mom) and just wait
till when I will ask for food.
This is not
the only sample of anxiety I found on the Facebook, I’ll talk of some other one later on. In the meantime do you
have comments or samples to share?
Versione Italiana
Facebook è uno specchio affascinante della società e delle
paure e passioni delle famiglie. Adoro questo social network perché mi piace
considerarlo come un laboratorio dove analizzare, quasi in vitro, le dinamiche
dei cambiamenti, il connettersi o disconnettersi di nuovi valori e
comportamenti.
Così sto molto attento a tutto ciò che riguarda il mondo
dell’educazione per comprendere le nuove forze e i nuovi limiti. E qualche
volta intervengo. Come qualche giorno fa quando su una pagina molto nota in
Facebook , oltre 13.00 di fans come si diceva una volta, vedo comparire questa
implorazione: “il mio bambino di due anni non mangia! Che cosa debbo fare?”.
Confesso: non ho resistito e ho commentato con un sarcastico –faccio ammenda e
chiedo perdono per il tono- “aspettare che gli venga fame!”.
È interessante questa vicenda perché mette in luce alcuni
aspetti che stanno caratterizzando la famiglia e l’educazione in questi anni e
che potrei definire semplicemente come una profonda ansia da prestazione e da
perfezionismo.
Ansia che tutto non vada come vogliamo, che si incontrino
ostacoli, che i bambini soffrano.
Ora, non c’è genitore che non voglia che ai propri figli sia
risparmiato il dolore. Ma poiché questa è una dimensione ineludibile della
vita, anzi anche costruttiva (come dicono gli americani: no pain, no gain cioè
senza dolore/fatica/sforzo nessun vantaggio) è bene che insegniamo ai nostri
figli a conoscerlo, gestirlo, sopportarlo, superarlo, usarlo per capire e
migliorare.
Se non mangia, mangerà quando avrà fame: non si conosce
anoressia nell’età infantile né sono noti piccoli Gandhi già portati al digiuno
politico prima dell’età per lo meno pre-adolescenziale. Perché preoccuparsi?
Perché mettere un bambino di fronte a scelte che neppure un adulto saprebbe,
forse, affrontare con serenità? Lasciamo parlare la natura che con i morsi
della fame scioglierà il problema. Come le famose bucce di pere di Pinocchio.
Altre forme di ansia in Facebook? Ne parliamo una prossima
volta. E voi che cosa ne pensate?
sabato 10 novembre 2012
Le mamme del parco
Le città, si sa, non sono più a misura di bambino. E così ogni famiglia, le mamme soprattutto, abbandonato il tentativo di piegare le metropoli alle necessità della famiglia, cercano di adattare la propria vita così da sfruttare le pieghe dell'acciaio cittadino per far emergere da queste fessure la luce, l'aria fresca, la dolcezza di una vita più a misura di bambino.
Sono di grande aiuto in questo le Mamme del Parco, a Milano: attraverso la loro pagina Facebook e soprattutto il loro sito web sono una fonte continua e limpida di idee, spunti, stimolazioni, networking per sollecitare e suggerire sempre le strade più efficaci per sostenere le famiglie nel compito educativo.
Un ben esempio di creatività concreta e fattiva.
Abbiamo chiesto a Valentina Bianchetti, che del sito è l'ispiratrice oltre che la coordinatrice, di rispondere alle nostre domande.
1) Qual è l'obiettivo della vostra bella pagina, che è un po' blog, un po'... di più: un portale per le mamme....?
Il sito nasce dalla voglia di fornire un servizio di informazioni per le mamme e le famiglie di Milano che all’epoca della sua nascita (2008), ancora non era fornito da nessuno. Partendo dal quartiere di appartenenza, si è ora arrivati a coprire quasi l’intera città, cercando di dare informazioni puntuali e di pubblico interesse.
Il sito nasce dalla voglia di fornire un servizio di informazioni per le mamme e le famiglie di Milano che all’epoca della sua nascita (2008), ancora non era fornito da nessuno. Partendo dal quartiere di appartenenza, si è ora arrivati a coprire quasi l’intera città, cercando di dare informazioni puntuali e di pubblico interesse.
2) Quali sono le difficoltà di una mamma a Milano in una zona centrale che ha le sue complicazioni?
Milano a mio avviso offre tutto, anche se a volte con qualche difficoltà di movimento. L’unica vera difficoltà che vedo di difficile gestione è la conciliazione per le mamme che non hanno flessibilità lavorativa. Rispetto a molte altre realtà i bambini hanno tutto il loro tempo occupato ed una agenda già fittissima. Quello che cerca di dare il sito è proprio la possibilità di orientarsi in questa moltitudine.
Milano a mio avviso offre tutto, anche se a volte con qualche difficoltà di movimento. L’unica vera difficoltà che vedo di difficile gestione è la conciliazione per le mamme che non hanno flessibilità lavorativa. Rispetto a molte altre realtà i bambini hanno tutto il loro tempo occupato ed una agenda già fittissima. Quello che cerca di dare il sito è proprio la possibilità di orientarsi in questa moltitudine.
3) La rete può essere davvero un sostegno per mamme e famiglie? In che modo secondo lei?
Assolutamente si, il mio progetto nasce proprio da questa credenza. In rete si possono con facilità e comodità reperire notizie ed informazioni e soprattutto si possono avere riscontri diretti ed opinioni degli altri utenti finali del prodotto, quindi sicuramente veritiere se pur soggettive. Sulle nostre pagine chiunque lo desidera può trovare spazio e mandarci informazioni o pareri o indicazioni. Più la rete è costituita da molteplici voci, più è precisa e completa.
Assolutamente si, il mio progetto nasce proprio da questa credenza. In rete si possono con facilità e comodità reperire notizie ed informazioni e soprattutto si possono avere riscontri diretti ed opinioni degli altri utenti finali del prodotto, quindi sicuramente veritiere se pur soggettive. Sulle nostre pagine chiunque lo desidera può trovare spazio e mandarci informazioni o pareri o indicazioni. Più la rete è costituita da molteplici voci, più è precisa e completa.
4) Dal vostro osservatorio quali sono le preoccupazioni delle famiglie oggi?
Sicuramente garantire ai figli le migliori opportunità di crescita anche a fronte di difficoltà economiche.
Sicuramente garantire ai figli le migliori opportunità di crescita anche a fronte di difficoltà economiche.
5) Quali sono nella vostra esperienza i principali errori delle famiglie oggi nel campo dell'educazione?
Spesso si demanda l’educazione dei figli a persone disinteressate ed altrettanto spesso si è diventati troppo permissivi e si ritengono i figli intoccabili (inteso come non sgridabili o punibili qualunque cosa facciano, una sorta di iper-protezione-giustificazione)
Spesso si demanda l’educazione dei figli a persone disinteressate ed altrettanto spesso si è diventati troppo permissivi e si ritengono i figli intoccabili (inteso come non sgridabili o punibili qualunque cosa facciano, una sorta di iper-protezione-giustificazione)
6) Che cosa cercano le famiglie? che cosa si aspettano come aiuto dalla società, dalla rete, dalla scuola... insomma da "agenzie" esterne?
Le famiglie cercano sicurezza, qualità del servizio offerto, facilità di fruizione, economicità, adattamento.
Le famiglie cercano sicurezza, qualità del servizio offerto, facilità di fruizione, economicità, adattamento.
7) Che cosa apprezzano di più i vostri lettori? quali segnalazioni? corsi di formazione per genitori? attività ludiche? sostegno scolastico? Le nostre lettrici consultano maggiormente le pagine di annunci e l’agenda degli appuntamenti. Molto seguite anche le tematiche di impatto sociale.
8) Può segnalarci qualche blog che sente particolarmente vicino o utile su tematiche che riguardano la famiglia?
Trovo molto utili i blog di associazioni tipo “genitori crescono” , “genitori che” etc. in sostanza chi tratta argomentazioni a largo raggio e non solo i singoli diari di personali esperienze.
9) Può darci tre consigli per rendere le nostre famiglie.... più felici?Equilibrio e rispetto di quello che ogni componente fa, tempo per tutti, anche se poco, ma ben dedicato ed univoco.
lunedì 29 ottobre 2012
Un paese di contraddizioni
Metto in fila alcune riflessioni partendo da episodi apparentemente slegati accaduti in rete, sulla stampa e nella vita in questi giorni e li offro ai vostri commenti
Grazie!
Un post du Facebook
Siamo in una società che quando un bambino ai primi tentativi di andre in bici ti viene addosso nel vialetto del parco, il genitore non si scusa chiendoti pazienza, ma ti insulta chiedendo spiegazioni sul perché tu fossi lì proprio in quel momento e non ti sei spostato per non ostruire il passaggio del suo bambino....
(tutti i commenti al post li potete trovare qui)
Un articolo sull'edizione domenicale de Il Sole 24 ORE - Ricordi e valori: padri e figli di un Paese «serio» (qui sotto il testo di Roberto Napoletano)
E subito a seguire un commento all'articolo.
Buona lettura e migliori riflessioni!
Grazie!
Un post du Facebook
Siamo in una società che quando un bambino ai primi tentativi di andre in bici ti viene addosso nel vialetto del parco, il genitore non si scusa chiendoti pazienza, ma ti insulta chiedendo spiegazioni sul perché tu fossi lì proprio in quel momento e non ti sei spostato per non ostruire il passaggio del suo bambino....
(tutti i commenti al post li potete trovare qui)
Un articolo sull'edizione domenicale de Il Sole 24 ORE - Ricordi e valori: padri e figli di un Paese «serio» (qui sotto il testo di Roberto Napoletano)
E subito a seguire un commento all'articolo.
Buona lettura e migliori riflessioni!
Mio padre (classe 1926) per andare a scuola faceva sette chilometri a piedi ad andare e sette a tornare ogni giorno e si sentiva un fortunato perché nella sua famiglia «il pane non era mai mancato». La domenica, intorno al tavolo da pranzo, ripercorreva gli anni di liceo e di università, prima e dopo la guerra, e attraverso i suoi ricordi mi trasmetteva tante cose: il senso del sacrificio e la speranza, la voglia di riscatto, un patrimonio di valori (il primo era il lavoro) che porto dentro di me.
Mi è capitato di dirigere il «Sole 24 Ore» nel pieno di una crisi finanziaria globale che ogni giorno si esprime con il suo bollettino di guerra: lo spread BTp-Bund e i tassi che dobbiamo, di conseguenza, pagare per collocare i nostri titoli pubblici. Un giorno di novembre dell'anno scorso ci è toccato aprire il giornale con un titolo a caratteri cubitali, «FATE PRESTO», per rispettare algebricamente il rigore del «Sole» e far capire a tutti che l'Italia stava combattendo una specialissima terza guerra mondiale e si trovava maledettamente collocata, alle spalle della Grecia, nello schieramento degli sconfitti, le nuove macerie erano il lavoro e il risparmio degli italiani. La curva dei rendimenti dei nostri bond di Stato si era pericolosamente invertita: si doveva pagare di più per far acquistare titoli a breve termine rispetto a quelli a dieci anni che a loro volta avevano raggiunto livelli record sostenibili solo per una fase limitata. (...)
Ogni settimana sulla prima pagina della «Domenica del Sole», nella rubrica Memorandum, ho raccontato questi giorni terribili con gli occhi e il cuore del passato, scavando nei miei ricordi personali su e giù per l'Italia e attingendo agli insegnamenti dei padri nobili di questo Paese, degli uomini che hanno fatto l'Europa, ricercando le virtù (nascoste) di un capitalismo fatto di cose che si possono toccare, intuizioni, debolezze e vizi di banchieri e signori della grande finanza. Piccole storie che custodiscono grandi valori da ritrovare e possono ruotare intorno a un cartoccio di caldarroste emiliane o a un pezzo di pane nero con il pomodoro tagliato a metà. (...)
Piccoli valori che riempiono le grandi storie, tengono insieme una comunità, e fanno interrogare su che cosa ci insegnano oggi, ad esempio, il volto scavato di Eduardo de Filippo, il sorriso amaro di Peppo Pontiggia, i sogni a colori di Fellini. La forza dell'amore di Carlo Ponti consente a sua moglie, Sophia Loren, di superare le ansie di una giovane donna di 26 anni chiamata a interpretare il ruolo di una madre (Cesira) con una figlia di 14 anni che lotta contro i bombardamenti e ci regala un capolavoro, La ciociara, la trama familiare di un Paese in macerie ma non disperato. Carlo Ponti e Sophia Loren appartengono alla storia contemporanea del grande cinema d'autore ma l'episodio rivelato parla agli italiani, fa parte della (nostra) storia, dimostra che siamo capaci (se lo vogliamo) di superare qualsiasi ostacolo. (...)
Piccoli valori che riempiono le grandi storie, tengono insieme una comunità, e fanno interrogare su che cosa ci insegnano oggi, ad esempio, il volto scavato di Eduardo de Filippo, il sorriso amaro di Peppo Pontiggia, i sogni a colori di Fellini. La forza dell'amore di Carlo Ponti consente a sua moglie, Sophia Loren, di superare le ansie di una giovane donna di 26 anni chiamata a interpretare il ruolo di una madre (Cesira) con una figlia di 14 anni che lotta contro i bombardamenti e ci regala un capolavoro, La ciociara, la trama familiare di un Paese in macerie ma non disperato. Carlo Ponti e Sophia Loren appartengono alla storia contemporanea del grande cinema d'autore ma l'episodio rivelato parla agli italiani, fa parte della (nostra) storia, dimostra che siamo capaci (se lo vogliamo) di superare qualsiasi ostacolo. (...)
Molti dei figli dei padri e delle madri del Dopoguerra sono diventati padri a loro volta. Mi domando: quanti riescono oggi a trasferire ai propri figli i valori di speranza, di dura fatica e voglia di riscatto che hanno segnato quella stagione? Paradossalmente, per i padri del Dopoguerra era più facile: tutti la pensavano così. Oggi è più difficile, perché il mondo dà messaggi diversi, si è alterata la scala dei valori, e ci si trova a muoversi tra i detriti della finanza allegra e l'idea malsana di una ricchezza garantita (che non c'è più) e una realtà fatta di inquietudini che toccano i nostri risparmi e di un lavoro che si rivela merce rara, quasi irraggiungibile. Mancano i bombardamenti, ma le macerie da cui dobbiamo risollevarci richiedono la stessa forza e determinazione di quegli anni. So quello che mio padre ha insegnato a me, con il detto e il non detto, l'esempio e (a volte) uno sguardo valgono più di tante parole. Vorrei essere capace (e ci provo tutti i giorni) di fare altrettanto con mio figlio, sarebbe il modo migliore per ringraziarlo.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
Caro Napoletano,
Saluto con stima e cordialità.
(sono nato nel 1958 da un padre del 29).
Commento brevemente il Suo articolo come segue.
Oggi un mio coetaneo ha pubblicato questo post su FB.
«Siamo in una società che quando un bambino ai primi tentativi di andare in bici ti viene addosso nel vialetto del parco, il genitore non si scusa chiendoti pazienza, ma ti insulta chiedendo spiegazioni sul perché tu fossi lì proprio in quel momento e non ti sei spostato per non ostruire il passaggio del suo bambino».
Tralascio per brevità storie assai simili che altri hanno aggiunto a commento del fatto.
Io l'ho commentato così:
«La buona pedagogia secondo Rousseau: se il tuo bambino tende la manina verso il frutto che non raggiunge, non devi porgere il frutto al bambino bensì avvicinare il bambino al frutto. Secondo voi quanti farebbero la cosa giusta? Per questo i figli scontano l'insipienza dei genitori».
Tutto qui. Finché vedo armeggiare - su e giù avanti e indietro a destra e a sinistra - solo con leve economiche, mentre si ignora trattarsi di una crisi culturale e morale con responsabilità generazionali gravi non ancora riconosciute, non sono rassicurato.
lunedì 22 ottobre 2012
I no che prevengono la violenza
L'educazione dei bamboccioni nelle violenze subite dalle donne.
Quando i NO non detti diventano aggressività incontrollata contro gli altri, sono spesso le donne a farne le spese.
In questa lettera di una donna vittima ripetuta di stalking e violenze, apparsa sul blog 27esimaOra del CorSera, uno spunto di riflessione sul ruolo dei genitori e sull'educazione: preparare il cammino per i figli o i figli per il cammino? (Per facilitare i lettori ne riportiamo qui sotto il testo ringraziando fin d'ora il CorSera e i curatori del blog 27esimaOra)
Quante devono ancora morire per capire che l'educazione è un dovere dei genitori?
Che cosa possono fare i genitori per insegnare ai figli che la vita non è un paradiso caraibico dove tutto è a solo per il nostro piacere?
Ci lasciamo sfuggire così spesso, per un egoismo mascherato e avvolto da preteso amore per i figli, occasioni educative per far comprendere loro che la vita va affrontata senza bambagia, a muso duro, con coraggio, per spremere da ogni istante, che spesso appare ruvido come il legno della croce, quel bene che in esso è nascosto e pronto a fiorire, solo a volerlo coltivare con passione e volontà.
Così invece di far loro comprendere che più che frignare e lamentarsi serve sorridere e creare, coccoliamo il loro dolore, compiacendoci della nostra genitorialità tradita, e coltiviamo il bamboccionismo che è in loro.
Giovanna ha 37 anni e la sua storia con Carlo è finita. Quando lei ha deciso di lasciarlo, dopo aver scoperto anni di menzogne e relazioni violente parallele, lui l’ha minacciata di morte, l’ha perseguitata a tutte le ore del giorno e della notte. I genitori lo hanno sempre coperto e difeso. “è un bravo ragazzo” si è giustificata la mamma di Samuele Caruso, il 23enne che ha ucciso a Palermo Carmela. Stesse giustificazioni date a Giovanna quando i genitori del fidanzato le mostravano il foglietto lindo del casellario giudiziario. Alla fine lei lo ha denunciato per stalking e lui è stato condannato. Un mese fa lei ha scritto una lettera ai suoi ex suoceri. Ecco alcuni stralci del testo
Gentili Signori,
l’onorevole titolo di “figlia acquisita” di cui mi avete insignita, mi autorizza ad esprimere il mio parere in assoluta libertà senza chiedere autorizzazioni o porgere scuse (…). Un antico ma particolarmente calzante detto recita “La verità è figlia del tempo” e proprio nel tempo è venuto a galla quanto per anni avete cercato di insabbiare.
La mia più grande soddisfazione ad oggi non è tanto la carcerazione di Carlo quanto l’avervi messo davanti ad uno specchio. Nessuno ha brindato o gioito il giorno della sentenza, si è provata solo un’immensa tristezza confortata dalla consapevolezza del trionfo della Giustizia. L’unica soddisfazione che mi sto togliendo è scrivere queste righe che non sono dettate da astio o risentimento ma da semplice buon senso.
Sono state commesse troppe leggerezze nell’educazione di Carlo (…) Si è preferito soprassedere sulle anomalie del suo comportamento sia per non alimentare pettegolezzi tra vicini e parenti sia per l’altissima considerazione in cui viene tenuto il figlio maschio, magari provando una punta di orgoglio nel vedere che sa come farsi “rispettare” dalle donne.
Ma a chi è giovato? E’ valsa la pena rovinarlo per non aver voluto imporsi e per non aver avuto l’umiltà di ammettere di non possedere gli strumenti per ricondurlo sulla retta via, cedendo il posto a specialisti quali psicologi o assistenti sociali che potessero farne un individuo autonomo, onesto, dignitoso, capace di badare a se stesso? (…) La polvere va rimossa, non nascosta sotto al tappeto.
Avreste potuto anche denunciarlo compiendo così il più grande atto d’amore nei suoi confronti tendendogli una mano per salvarsi da se stesso. Ma avete preferito limitarvi a sgridarlo ogni tanto come si fa coi bambini quando lasciano i giocattoli in disordine e il fatto che il nostro sistema giudiziario non vi reputi perseguibili, vi esonera sì da responsabilità legali e formali, ma non morali.
Generando un figlio avete sottoscritto una sorta di “contratto” con la società, contratto che vede i genitori garanti della consegna ad essa di una persona degna di farne parte: cosa vi ha autorizzato ad infrangere questo patto? Chi vi ha autorizzato a consegnare al mondo una persona con così tanti squilibri, che gioca a rovinare la vita degli altri? Cosa è stato per voi più importante del benessere di vostro figlio? (…)
Non sono madre, ma sono figlia e se sono cresciuta sana, con una formazione adeguata ai tempi e capace di badare a me stessa, è stato soprattutto grazie ai divieti opposti dai miei genitori che si sono tradotti in dolorosi ma formativi NO. Se io sbaglio nessuno mi compra un’auto più potente della precedente o mi permette di togliermi il capriccio del cane o mi copre inventandosi le scuse puerili che sentivo a casa vostra, una per tutte quella dell’invidia dei parenti…Invidiarvi per cosa? per i pavimenti brillanti forse, ma a che serve una casa tanto pulita se sono sporche le intenzioni e la coscienza?
Il messaggio che avete trasmesso a Carlo è che chi sbaglia non solo non paga ma viene perfino premiato.
(…) Se vi foste comportati come dei genitori e non come degli albergatori, a quest’ora la situazione sarebbe molto diversa: a Carlo non servono lenzuola pulite o gustosi manicaretti o camicie perfettamente stirate che lo rendano credibile, ma persone che siano per lui di esempio. E comportarvi civilmente con le sue vittime, dopo tutto quello che ci avete costretto a sopportare, avrebbe potuto rappresentare un momento significativo per lui, mentre avete assunto l’atteggiamento di chi il torto lo ha subito.
A che è servito coprirlo, difenderlo, appellarsi quando è indifendibile anche agli occhi del suo stesso avvocato? Cosa potete ancora opporre agli atti dei Tribunali, tutti assolutamente concordi sull’attitudine delinquenziale? Se non avete voluto aiutarlo a crescere, accettate che ora siano le istituzioni a farsi carico di 38 anni di omissioni.
(…) Non si è voluto prevenire, nonostante le numerose avvisaglie che il ragazzo vi ha mandato negli anni, a danni fatti ma nemmeno correre ai ripari con il risultato che le istituzioni ora semmai lo puniranno e non lo rieducheranno, peggiorando così una situazione già molto critica. E purtroppo siamo state noi vittime a chiederne l’intervento esponendo noi stesse e le persone a noi vicine al rischio di ritorsioni e vendette future.
(…) Dove eravate mentre con me si comportava in modo tale da farsi condannare a due anni di carcere o mentre tormentava le altre vittime? Ha sempre vissuto con voi se ben ricordo.
So bene che chiedergli chiarimenti comporta minacce se non aggressioni, ma voi siete la sua famiglia ed è vostro preciso dovere prendere provvedimenti preventivi o riparatori: abbiate il coraggio di affrontarlo, è il vostro sangue, non potete ne’ temerlo ne’ ignorarlo, sarebbe come dire che temete la vostra testa o il vostro cuore. E se doveste avere la peggio, a parer mio è più giusto e coerente che al pronto soccorso ci finiate voi piuttosto che la sottoscritta.
(…) Mia madre, anche se sono alla soglia dei 40 anni, fruga ancora nelle mie tasche e nel mio cestino se fiuta qualcosa di poco convincente che mi riguarda. Non vi mancano la luce e l’aria nel tenere continuamente la testa sotto la sabbia?
(…) Siete stati talmente “distratti” da non riuscire a controllarlo nemmeno nel periodo dei domiciliari: rendendo inaccessibili telefoni e computer forse si sarebbe risparmiato una condanna. E dopo aver perso anche in appello, un giorno l’ho trovato a 200 metri da casa mentre andavo in ufficio alle 9.15 del mattino intento a simulare un incontro casuale per avvicinarmi e provocarmi. Episodio che mi ha costretta a deviare verso il Commissariato……ma chi è Carlo per voi? Possibile non riusciate a tenerlo a bada nemmeno in un momento così delicato? Cosa aspettate per intervenire, un omicidio? Sforzatevi di vedere il positivo di questa vicenda: non dovrete più fingere normalità e spensieratezza.
La messa in scena è terminata, non dovete nemmeno più simulare quell’ipocrita aria trionfante che avevate nel mostrarmi il casellario nel 2006 quando ancora godeva del beneficio della non menzione. Umanamente è comprensibile l’amarezza che provate, ma è l’atteggiamento di sufficienza che avete assunto ad essere quasi diabolico. Fate che Carlo sia e resti un problema vostro e non mandatelo in giro a turbare la serenità di famiglie oneste (…)
Se poi siete talmente avvezzi a trattare con poliziotti e avvocati da pensare che facciano parte del quotidiano di chiunque, vi informo che personalmente ho varcato la porta di studi legali, commissariati, di un pronto soccorso e di un carcere solo dopo aver incontrato voi e da quando siete usciti dalla mia vita non a caso non ne ho più avuto la necessità.
(…) Grazie a Voi ho conosciuto tutto ciò da cui la mia famiglia ha sempre cercato di proteggermi proprio come farebbe qualunque famiglia coscienziosa.
A me rimane solo la consolazione di sapere che non può capitarmi nulla di peggio di quanto ho vissuto grazie a voi.
Vostra “figlia”
lunedì 1 ottobre 2012
Giovanna Abbiati e l'Istituto Superiore di studi sulla Donna
Imbattersi nell’Istituto Superiore di Studi sulla Donna sicuramente incuriosisce, dato che se è vero che un uomo non riuscirà mai a comprendere una donna, specie la moglie, è anche vero che a progettare addirittura un Istituto non ci aveva pensato ancora nessuno. Scoprire poi che al vertice c’è uno staff di donne guidato dalla spagnola Marta Rodriguez stimola decisamente la curiosità. Ecco la ragione per l’intervista a Giovanna Abbiati Fogliati, vice direttrice, personaggio decisamente popolare in rete, dato che collabora con TED la TV della rete che propone grandi lezioni di grandi esperti, anche in YouTube è presente con diversi video, ve ne propongo qui a distanza di un click uno e due, ed è tra gli ispiratori di un master in scienze della rete e dei media.
Il nostro Istituto
innanzitutto è composto da donne e uomini e questo perché la “misura”
di riferimento è la nostre comune umanità, quella dell’uomo e della donna. Noi pensiamo alla donna come
una vera “forza della natura”, ma è anche vero che nella società sono molte le
circostanze in cui le donne rappresentano i membri dei gruppi più vulnerabili e
quindi vanno protette, noi lo facciamo a livello culturale.
Quale obiettivo si pone l’istituto?
Siamo un Istituto di
formazione accademica che appartiene ad un Ateneo Pontificio. Il nostro sforzo è
quello di formare, ispirare, aprire orizzonti nuovi a donne nuove capaci di essere agenti di cambiamento , ognuna con il proprio talento, nella propria comunità. Lo facciamo
attraverso la formazione di alta qualità e progetti che noi chiamiamo “brain
food” capaci di ispirare e trasformare…sia per uomini che donne naturalmente
Qual è la sua immagine di donna nel 2012?
Una donna che non misuri il
suo successo solo in termini di “posizionamento” sociale, di leadership o di carriera, ma sia felice e appagata delle relazioni
importanti che è riuscita a
costruire nel tempo.
Quale futuro per le bambine di oggi? In occidente e nel resto del mondo
La bambina occidentale dovrà
proiettarsi in un contesto
globale, dialogare con altre culture, non chiudersi in un
modello consumistico e relativista basato sul vuoto, dovrà recuperare una sua
identità cercarla nella ricchezza della nostra tradizione .La bambina del mondo
in via di sviluppo dovrà essere pronta a combattere per i suoi diritti:
istruzione e uguaglianza, prima di
tutto.
Perché la donna va trattata diversamente dall’uomo?
E’ una questione di
funzioni e valori. E’ ancora importante che la donna sia la protagonista della
generazione, educazione crescita della prole? Se questo è un valore importante
per l’umanità e la società, esso va tutelato, valorizzato, protetto con ogni mezzo.
Leadership e femminilità: che cosa differisce dal modello maschile?
Ritengo la parola leadership
abusata. Preferisco definire la
donna “una forza umanizzatrice” nel mondo non ancora del tutto scoperta. La
dedizione, la compassione, l’altruismo, la maternità affettiva, il prendersi
cura dei deboli. Sono forze del mondo, importantissime e indispensabili in
qualsiasi società, e sono forze tipicamente femminili.
Madre e professionista: è possibile trovare una conciliazione?
Assolutamente sì. Penso al
computer, lavorare in casa oggi è possibile e molte aziende sono family
friendly, una dirigente di Microsoft mi ha detto un giorno che le più
importanti decisioni le ha prese in videoconferenza mentre aspettava i figli
alle lezioni di nuoto.
Ci può spiegare meglio il progetto WomanWorldWeb
in che cosa consiste?
Nella creazione di un
centro di eccellenza informatica per donne. Abbiamo notato che le donne sono
sempre più attive protagoniste sul web, molto capaci a creare community. Le
donne che formiamo entrano automaticamente a far parte di un circuito virale in
cui poter condividere progetti comuni, a livello globale e locale. L’inter
connettività fa miracoli!
Quale azioni concrete sono ispirate dal lavoro dell’istituto
In questo momento siamo
fiere di aver coinvolto come docenti Google, Microsoft e Facebook, per la prima volta insieme, per parlare di responsabilità e etica della rete in un
Master sulla Comunicazione che ha attirato l’attenzione di molte realtà del
Terzo settore e della Chiesa.
Che cosa consiglierebbe alle bambine, alle ragazze e alle giovani donne di
oggi per raggiungere la propria felicità?
Credo che nella vita di noi
donne il momento più bello sia
stato quando siamo state innamorate. Innamoratevi veramente, giorno dopo giorno,
se si ama davvero una persona,
credo sia facile capire cosa è bene e cosa è male, facendo il bene, per
amore, si può essere felici.
Alle donne di ieri che cosa rimprovera? Che cosa invece hanno fatto bene
per affermare la loro dignità e i loro talenti?
venerdì 28 settembre 2012
L'asilo del bamboccioni? Una replica
Romana e romanista, come dice
la biografia ufficiale, giornalista della pagina Esteri del CorSera, lunga
esperienza in terra statunitense, autrice di un blog sui diritti umani in
collaborazione con Amnesty International, Monica Ricci Sargentini si concede puntate
di qualità su 27esimaora, il blog al femminile del CorSera che “racconta le
storie e le idee di chi insegue un equilibrio tra lavoro (che sia in ufficio o in casa), famiglia, se stesse. Il nome nasce da uno studio secondo il
quale la giornata delle donne in Italia dura 27ore allungandosi su un confine
pubblico-privato che diventa sempre più flessibile e spesso incerto”. Se con
“il lavoro e il senso di colpa” esplora la quadratura del cerchio tra maternità
e professione e in “le donne sono più intelligenti degli uomini?” disserta di
differenze tra i sessi e autostima, è con il pezzo sui bamboccioni all’asiloche ha fatto il botto. Non che gli altri articoli siano meno interessanti,
chiariamo, ma perché la reazione che ha suscitato la sua riflessione sulla
follia dell’inserimento all’italiana è stata di quelle che graffiano. No,
nessuno è corso a bruciare copie del CorSera davanti a via Solferino, ma sulla
rete la rissa tra i sostenitori di Monica e chi la apostrofava di crudeltà
verso l’infanzia si è fatta assai ruvida.
Come mai le è venuto in mente
di toccare uno degli argomenti più pericolosi dell’educazione?
Era tanto che volevo farlo.
Sono sempre stata molto insofferente verso gli atteggiamenti iperprotettivi
delle mamme italiane. Penso che un’educazione più spartana e “leggera” nel
senso di non ansiosa sia la ricetta giusta per crescere dei bambini sicuri di
sé, indipendenti e anche felici. Ai miei figli non impongo la maglietta della
salute, gli lascio fare il bagno anche dopo aver mangiato, non gli parlo delle
correnti d’aria e non penso mai che muoiano di fame. Se vogliono dormire da un amichetto
sono contenta. I gemelli a nemmeno tre anni sono andati in Inghilterra con la
tata a casa dei suoi genitori (che avevamo conosciuto), tutti hanno pensato che
fossimo pazzi, invece loro sono stati benissimo.
Secondo lei perché il suo
pezzo, con il quale concordo al 100%, ha sollevato queste reazioni molto
emotive?
Perché ha toccato un nervo
scoperto, una situazione che è sotto gli occhi di tutti. E’ stato come dire “il
re è nudo”. Che l’inserimento sia fatto per rassicurare le mamme e non i
bambini mi sembra abbastanza chiaro. Alla base di questo ragionamento c’è la
diffidenza, la sfiducia nell’affidare agli altri i propri figli perché meglio
della mamma non c’è nessuno. Un atteggiamento che porta danni perché bisogna
essere aperti al mondo e non chiusi.
Qual è il principio alla base
della sua riflessione?
Che non bisogna trattare i
bambini come se fossero di porcellana ma al contrario avere più fiducia nelle
loro possibilità di adattamento e nella loro fame di conoscenza. Le faccio un
esempio: ci preoccupiamo sempre che non prendano freddo quando è noto che i
bambini hanno più caldo di noi. Basta ricordarsi questo per placare l’ansia.
Pensi che noi alla materna abbiamo avuto un grosso problema nella classe di Eva
perché la maestra pensava che non la coprissimo abbastanza! E lo stesso avviene
con l’inserimento. Perché mai andare a scuola dovrebbe essere traumatico?
Perché il bambino dovrebbe piangere? Dopotutto le occasioni di distacco dalla
madre possono essere molteplici, la scuola non è l’unica. Secondo me
l’inserimento è sintomo di ansia, di iperprotettività, rende il bambino
insicuro e fragile.
Ma le mamme di oggi sono
troppo ansiose? Perché?
Un tempo c’era la saggezza
popolare. Quando nasceva un figlio si seguivano i consigli della mamma e della
nonna. Oggi le donne sono sole e spesso in balia delle mode. Come quella
dell’allattamento a richiesta. Un’altra follia, non solo italiana questa volta,
per cui si consiglia con molta insistenza alle neomamme di non dare una routine
al bimbo sin da subito. Con il risultato che molte smettono sentendosi in colpa
terribilmente. E che il neonato fatica a prendere un ritmo, a dormire sin da
subito la notte e non fa mai un pasto completo.
Quale responsabilità hanno
avuto e hanno gli operatori culturali, dagli psicologi fino ai giornali, nella
creazione di una mentalità pro-bamboccioni, cioè a favore
dell’iperprotezionismo sempre e comunque?
Sicuramente la doverosa
attenzione alla psicologia è stata esasperata e anche svuotata di significato
perché tutti ormai si sentono padroni della materia. Così capita che la
maestra, anzi l’educatrice come si dice oggi, definisca oggetto transizionale
il libro che il bambino vuole portare a casa, senza sapere che magari quel
bambino manifesta spesso quel desiderio e non solo a scuola. Alla materna dei
miei figli ho notato un uso spropositato di paroloni per descrivere l’attività
dei bambini. L’altro giorno sul Corsera ho letto un articolo che invitava i
genitori a non buttare i giocattoli dei figli perché dietro ognuno di essi c’è
un ricordo! Ho cominciato a immaginare ridendo case piene di giocattoli dove
non si poteva più entrare.
Perché all’estero è diverso
secondo lei?
Non voglio generalizzare ma
sicuramente nel Nord Europa c’è più pragmatismo e quindi i piedi rimangono per
terra. Ci si fanno meno problemi a prendere un aereo con un neonato o a
portarlo in alta montagna. Quante famiglie abbiamo visto in giro con dei bambini
piccolissimi? Della scuola inglese, infatti, mi piace l’essenzialità. Non mi
hanno mai chiesto di portare un bavaglino e questo perché il bambino deve
imparare a mangiare senza sporcarsi. Non lo trova giusto? All’Università negli
Stati Uniti gli studenti vivono nel campus e si guadagnano i primi soldi con
qualche lavoretto. Io, per esempio, allo Smith College mettevo a posto i libri
in biblioteca e mi pagavano. Questo vuol dire educare all’autonomia.
Quali sono a suo parere i
principali problemi che le famiglie oggi affrontano nell’educazione?
La mancanza di punti di
riferimento e di uno Stato che vada incontro alla famiglia. In Francia le madri
lavoratrici portano i bambini al nido a poche settimane dal parto. Qui invece
ti fanno sentire in colpa se non fai l’inserimento come se da quello si
misurasse il tuo attaccamento ai figli. E poi penso che sia negativa la
mancanza dell’autorità. Quando i genitori giocano a fare gli amici dei propri
figli, quando i professori vengono messi continuamente in discussione non solo
dai ragazzi ma anche da papà e mamma, non può venire fuori nulla di buono.
Quali principi dovrebbe
seguire una famiglia nell’educazione?
Questa è una domanda
difficile perché chiaramente ognuno alleva i figli secondo i propri principi.
Io per esempio penso che sia importante un’educazione un po’ all’antica i cui
pilastri sono il rispetto, la gentilezza, l’onestà, la tenacia, la fiducia e
l’amore per gli altri, lo studio duro e naturalmente le buone maniere. Penso
anche che sia fondamentale un percorso spirituale. Non mi sentirei mai di dire
a un bambino che Dio non esiste. Per decidere di non credere c’è sempre tempo.
Può darci tre consigli
che una famiglia dovrebbe seguire per essere felice?
Lei mi mette in difficoltà. Sicuramente il primo,
fondamentale, è dormire. Una famiglia felice deve poter riposare la notte.
Insegniamo ai neonati sin dai primi giorni ad addormentarsi da soli nella loro
stanzetta. Evitiamo i riti della buonanotte e se piangono non corriamo subito
in loro soccorso. Gli regaleremo la possibilità di essere autonomi sin da
subito!
Il secondo è amarsi. Se i bambini respirano armonia e
tenerezza in casa cresceranno più sereni. Lo dico da figlia di divorziati. E’
chiaro che non è facile e a volte
non è possibile. Ma è fondamentale per la stabilità interiore e anche per i
futuri rapporti affettivi dei nostri figli. La famiglia che siamo è il modello
che loro in qualche modo avranno dentro per sempre.
Il terzo è insegnargli a sognare, a pensare che nulla sia
impossibile. Io l’ho imparato in America: se vuoi una cosa veramente puoi
ottenerla, basta che ti impegni. Non
a caso gli americani la ricerca della felicità l’hanno messa tra i diritti
elencati nella dichiarazione d’Indipendenza. Ai miei figli ripeto sempre che
non bisogna mollare mai. E ci credo veramente.
martedì 25 settembre 2012
La necessità di ascoltare strada maestra dell'educazione
"Sono un
educatore. Riaccendere la speranza è il compito di ogni educatore. Questo blog è dedicato a tutti coloro che
credono in questa sfida."
Ecco: una
presentazione di questo tipo colpisce e stimola. Così ho colto l’opportunità di
porre qualche domanda a Saverio Sgroi, l’autore di queste due intriganti righe.
Che cosa significa "riaccendere la
speranza" e perché ce n'è bisogno oggi?
Riaccendere la
speranza vuol dire risvegliare nelle
persone il desiderio di cose grandi. Un desiderio che negli adolescenti è
molto vivo ma che spesso questi perdono man mano che crescono e guardano agli
adulti: le paure, la disillusione, il disimpegno, a volte cinismo di chi
dovrebbe rappresentare per loro un modello di vita spegne in essi il desiderio
e la speranza nel futuro.
A questo si
aggiunge il fatto che viviamo in un mondo appiattito sulla dimensione
orizzontale, ma l'uomo è fatto anche per un’altra dimensione, quella verticale.
Se la esclude perde di vista il senso della propria vita.
Qual è la principale sfida educativa di oggi?
Credo che la sfida
più grande che abbiamo davanti sia quella di riscoprire la bellezza di educare.
Da un lato dobbiamo recuperare una dimensione pedagogica che purtroppo negli
anni ha lasciato troppo spazio a quella patologica: si ricorre troppo spesso al
terapeuta perché non si educa più. Dall'altro lato è necessario riscoprire il
senso dell'educazione e cioè aiutare l'uomo a diventare quello che è chiamato
ad essere: una persona libera che si realizza nella relazione di impegno con
gli altri.
Che cosa preoccupa le famiglie oggi?
È difficile dirlo
in poche righe. Credo che le famiglie risentano del clima di incertezza che si respira nella società. Le difficoltà del
lavoro, quelle educative, la precarietà delle relazioni, ci condizionano e ci
fanno reagire, quasi senza che ce ne rendiamo conto, con un innalzamento del
livello ansiogeno. Si diventa ossessivamente preoccupati del futuro dei figli,
ma anche del loro presente. Questo però rischia di limitare lo sviluppo
dell’autonomia nei ragazzi. Se essi si sentono costantemente sotto il controllo
dei genitori, se sanno che tanto poi ci sono papà e mamma a tirarli fuori dai
guai, come faranno a crescere e a divenire capaci di sbrigarsela da soli?
Che cosa fa soffrire le famiglie oggi?
Anche a questa
domanda è difficile rispondere. Credo che la sofferenza sia uno dei più grandi
misteri della vita dell’uomo, un mistero di fronte al quale ciascuno di noi
dovrebbe fare un passo indietro prima di dire qualsiasi parola. Un passo
indietro di rispetto nei confronti di chi soffre. Premesso ciò, penso che ciò
che fa soffrire i genitori sia sempre la stessa cosa, oggi come ieri: vedere
sbagliare il proprio figlio e sentirsi impotenti, aver paura che le scelte che
compie non lo rendano felice, fare i conti con la sua richiesta di libertà e
autonomia. So per esperienza che si soffre tanto davanti ad un ragazzo
adolescente che reclama la sua libertà. Ma, dicevo prima, è il prezzo da pagare
per farlo diventare grande.
Quali sono i temi del tuo blog che ottengono
maggiore interesse? perché secondo te?
Sono i temi che riguardano l’affettività:
l’intimità, le emozioni, i sentimenti, la sessualità. Non mi meraviglia che sia così, perché oggi è più
facile comunicare con i sentimenti piuttosto che con la razionalità. I genitori
stessi hanno un rapporto diverso con i figli, rispetto a come era qualche
decennio fa, la famiglia da normativa si è trasformata in affettiva. Anche gli
articoli su Facebook riscuotono un grande successo.
Dal tuo osservatorio che spaccato di famiglia ne
risulta?
Premetto che il
mio è un osservatorio parziale, ossia il punto di vista degli adolescenti. I
ragazzi oggi non fanno la guerra ai genitori, come avveniva vent’anni fa. Anzi,
essi hanno il desiderio di comunicare con i propri genitori, anche se lo fanno
a modo loro; e soprattutto hanno un
grande desiderio di essere capiti e ascoltati. Credo che la partita oggi si
giochi sulla capacità dei genitori di imparare ad ascoltare i propri figli.
Conosco ragazzi che hanno uno splendido rapporto con i genitori perché sanno
che possono sempre contare sempre su di essi, quando lo vogliono. Direi che c’è
un grande bisogno di una famiglia molto comunicativa.
Ci dai tre consigli per avere una famiglia...
felice?
Mia mamma mi dice
sempre che per andare d’accordo, in famiglia come nella vita, bisogna essere
disposti a cedere qualche volta. Non sempre, ovviamente. Bisogna imparare a
farlo “a turno”.
E allora i tre
consigli che mi sento di dare sono: comprendersi,
accettarsi, e fidarsi a vicenda.
In definitiva non dico nulla di nuovo,
perché sono gli ingredienti dell’amore!
Saverio
Sgroi, è direttore del Centro di Orientamento dell’Arces di Palermo,
educatore e prossimo giornalista. Lavora da più di 20 anni in attività
educative con gli adolescenti, che incontra frequentemente nelle scuole per
parlare di educazione dell’affettività. Ha svolto diverse conferenze e incontri
per educatori (genitori e docenti) sul mondo degli adolescenti,
sull’affettività, sulla comunicazione genitori-figli e sui social network. Dal
2008 ha fondato e gestisce il portale per teenagers Cogito et Volo Da quasi due anni scrive
per alcune riviste periodiche, su temi che riguardano l’educazione. I suoi
articoli sono raccolti sul sito La
sfida educativa.
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