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sabato 22 settembre 2012
Un eroe per papà
Ci sono libri che sgomentano, che vorresti non aver mai
incrociato. Come un bambino, vorresti ficcare la testa sotto il cuscino per
fingere che non esista, che il vento sia solo vento e non il soffio di un
dinosauro gigantesco pronto a distruggere la tua casa e portarti via le persone
che ami. Eppure non sei più bambino e il mostro lo devi guardare negli occhi perché solo così,
solo prendendone consapevolezza, lo puoi sfidare e vincere e ricacciarlo
lontano.
Che siano tempi duri per l’educazione nemmeno un provocatore
d’esperienza e d’eccezione può negarlo, che il rigurgito di ubris dei padri
stia travolgendo, come un’onda sozza e morbida, i figli forse non tutti lo
comprendono, ammaliati dal canto delle sirene che promettono libertà
nascondendo nella fossa dei cadaveri la responsabilità che li ha ridotti prima
a pòrci e poi a carogne. Ma è così.
E quando pensi di startene tranquillo, nel tuo guardino a
contemplare le rose, mentre attorno la catastrofe nucleare sta radendo tutto al
suolo e incenerendo, ecco che basta un libro, o una conversazione
apparentemente banale a tavola d’estate sull’uso dell’intimità delle figlie,
per prenderti per i capelli e ficcarti con violenza la testa sottacqua.
Ed è un vero e proprio waterbording questo saggio di Meg
Meeker, pediatra statunitense con interesse per l’educazione, tradotto in
Italia dalla brava Sossy Manoukian, anch’essa esperta di pedagogia e
adolescenti, il cui titolo originale Strong fathers strong daughters è stato
tradotto con il più colorito ed immediato Papà
sei tu il mio eroe. Ho
intervistato Sossy chiedendole di entrare in profondità nel testo e qui (prima parte) e qui
(seconda parte) trovate le sue sagge risposte che illustrano perché il
padre ha un ruolo così significativo nella vita e nello sviluppo delle figlie
femmine e deve proprio essere il loro eroe.
Mi riservo di approfondire il terrore che questo libro mi ha
spalancato d’innanzi per convincere anche voi non solo a leggerlo, ma a darvi da
fare –subito- per evitare che le nostre figlie cadano in quest’abisso di dolore
che potrebbe segnarle per tutta la vita. Perché di questo si tratta, della loro
felicità, del loro futuro, della loro solidità. Che è una illusione pensare che
averle attrezzate con una buona e dettagliata educazione sessuale per farle
camminare solari e fiorite nell’altopiano della vita, dove tutto è profumo e
cielo e vette innevate. Anzi, la devastante descrizione di quali effetti una
precoce e frequente intimità dilapidata possa produrre nell’esistenza di una
bambina –gli studi istituzionali statunitensi riportati dalla Meeker parlano di
inizio delle attività sessuali intorno agli 11 anni- se il padre non prova
almeno a indirizzarla verso una strada corretta, producono un sano senso di
auto-analisi in ogni genitore, nel tentativo di comprendere dove e quando ha
sbagliato e che cosa può fare per correggersi.
Perché è inutile illudersi: tutti sono esposti alla
debolezza e non esiste nessuna famiglia che possa garantire che i suoi ragazzi
no, mai e poi mai, perché noi, perché i valori, perché le amicizie… Conosco più
giovani di “buona famiglia”, tutti “casa, scuola e oratorio”, tutti
“volontariato e preghiere” che si sono sposati perché in tre che non…. Lasciamo
perdere.
Arriva una età in cui un genitore può solo affidarsi a due
cose, e con grande differenza che non sto qui a dettagliare: la preghiera e ciò
che ha fatto fin lì. Infatti questo dobbiamo pensare: che siamo stati capaci di
trasmettere il senso di quei valori –redde ratinem!- per cui vale la pena, per
cui la pazienza paga, per cui il pudore non è oscurantismo. E non favorire le
tentazioni, non giocare a fare il moderno e facilitare, ben consapevole che
l’occasione si può creare comunque e ovunque. Poi c’è la libertà, quella dura e
tagliente cosa che Dio ha creato per permetterci l’amore, e la responsabilità
–oh questa sì da insegnare- che a se stessi e a Dio dovranno rendere conto.
Per questo il saggio di Meg Meeker è un aiuto formidabile,
perché ci guida a comprendere come padri che cosa possiamo fare per mettere
tutto in gioco, tutto sul loro comodino perché in questa giungla metropolitana
oggi sappiano difendere se stesse dai seducenti Lucignoli che in tutti i modi,
agghindandosi da principiazzuri o da lupi famelici (e non so oggi che cosa
attizzi di più), trascinino le nostre bambine nel paese dei profumi, che i
balocchi li hanno ormai lasciati alle spalle…
E se osate pensare che la mia è realmente una bambina e c’è
tempo e non è il caso di preoccuparsi ora, sia anatema, perché state perdendo
il tempo di seminare ed è un tempo che scivola via più rapido di una Olimpiade,
di una medaglia persa all’ultimo secondo, o rubata da una giuria compiacente.
Leggete e poi mi direte. Non sciupate il tempo, che non si
sa mai se ci offrirà mai nuovamente il suo sguardo benigno.
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