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mercoledì 31 agosto 2011
L'equilibrio difficile - The challenging balance
Scroll down for English version - thanks!
Prossimo post/next post Venerdì/Friday September 2nd
Credo che tutte, o per lo meno la maggior parte, delle sfide che un genitore debba affrontare nel suo ruolo educativo siano avvolte da un unico centrale problema: trovare l’equilibrio, l’unico efficace e saggio equilibrio, tra due devastanti errori.
E questo equilibrio è una lama di rasoio da percorrere in una terra avvolta dal buio.
Perché la politically corrrectness, che inquina e avvelena la nostra epoca, non solo non è assolutamente di aiuto, ma produce gravi conseguenze per le nostre famiglie.
Possiamo discutere per ore sul significato vero, e sostanziale, di felicità e in particolare di che cosa sia e come possiamo insegnarla ai nostri figli. Temo però che solo pochi siano decisi a insistere, nel dibattito, che sia possibile conquistare la felicità senza fatica e dolore.
Ma, allora, perché non agiamo di conseguenza? Perché non siamo coerenti?
In questo bellissimo articolo di Federica Mormando, apparso sul CorSera in agosto, l’autroce sottolinea come i comportamenti incoerenti dei genitori in questo tema mostrino in realtà che la percezione di felicità non è quella di una conquista, ma piuttosto consista nel non avere di fronte a sé alcun ostacolo, e proprio per questo li rimuovono di continuo dandosi da fare perché i figli non sperimento insoddisfazioni, dolori, sofferenze, sconfitte, persino noia.
Con eccessi descritti da quest’altro articolo sulle vicende di genitori e figli in spiaggia.
Sappiamo tutti che questo non è solo un atteggiamento inutile, ma anzi è soprattutto estremamente dannoso (e stupido). Infatti la vita colpisce, e duro, come spiega bene Rocky in questo spezzone, che consigliamo spassionatamente di vedere dato che dice anche molto sulla paternità. La vita ferisce e se non siamo pronti a incassare, patiremo molto molto di più e questo produrrà conseguenze devastanti, che -stiamo purtroppo vedendo- sembrano essere diventato un fenomeno frequente.
Che cosa dobbiamo fare allora? Come trovare l’equilibrio tra infliggere o permettere sofferenze non necessarie e prevenire, sottrarre ai nostri figli quelle prove che invece sono utili a forgiare il carattere?
Siamo convinti che dobbiamo esporre i figli alla vita: il che significa aiutarli ad imparare che cosa significhi vivere, e nel modo più ruvido. Metterli alla prova e alzare di continuo l’asticella tenendola sempre in centimetro al sopra delle loro attuali possibilità.
Come qualcuno ha detto una volta: dobbiamo preparare i nostri figli per il cammino, non il cammino per i figli.
Che cosa vuol dire questo?
Non soddisfare tutti i loro desideri, qui, adesso, o persino prima che li abbiamo espressi o formulati. Dare obiettivi, definire incarichi e risultati da ottenere per dare loro mete da raggiungere per ottenere ciò che sognano. Farli sognare.
Far scoprire loro che cosa significhi la fatica: rifare il proprio letto, pulire e ordinare la stanza, riparare la bicicletta e così via.
Che cosa altro potete suggerire in concreto dalla vostra esperienza? Che cosa può essere fatto o evitato per aiutare i nostri figli?
p.s. intendiamoci: la vita è meravigliosa, è una occasione irripetibile. Non vogliamo dare l’impressione che abbiamo una idea negativa della vita. Ma la vita è dura.
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English version
I personally believe that all, or most of, the challenges parents have to face could be wrapped up in one single core problem: we have to find out the sole balance between two mistakes.
The politically correctness approach, that is polluting our age, far from helping us is causing a lot of heavy consequences to our families.
We could discuss for hours about the true meaning of happiness, what it is truly and how can we teach it to our kids. I do believe though that just few would insist in saying that happiness can be gained without pain and efforts. Do you remember the old saying no pain no gain?
So why do we not act accordingly?
In this wonderful article appeared on the Italian newspaper Corriere della Sera in august –unfortunately it was written and printed just in Italian- Federica Mormando points out the inconsistent behaviors of parents who believe that happiness means to keep away all potential sorrows, pains, failures, defeats, even boredom from their kids life.
We all know that this is not just a useless job, but indeed very stupid and dangerous one. Because life bites and hurts and if you are not ready for that, you will suffer much more and that will cause, as we see unfortunately much often now, devastating consequences.
What should we do then? How can we find the balance between inflicting or allowing useless suffering and preventing all the trial that are on the contrary useful to build strong personalities?
We think we have to expose our kids to life, make they learn what life means the hard way. Test themselves and put them to trial which are a inch tougher than they are used to withstand.
As someone once said do not prepare the path for your kids, but your kids for their paths.
What does this mean specifically?
Don’t fulfill all their desire immediately or even before they even ask for; put targets and define jobs and results to be achieved before they could get what they dream of.
Let them discover boredom and find a way to overcome it.
Let them discover what fatigue is, let them make up their bed, clean their room, repair their bicycle and so on.
What else you could suggest from your own experience? What could be done or should be avoided to help them?
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4 commenti:
Pubblico una serie di commenti raccolti su Facebook
Gabriella d'Ippolito:
è molto difficile questo equilibrio di cui parli, perché non riesco mai a capire dove sta il confine tra la mia testardaggione (questa cosa la devi fare e non ci sono discussioni) e i limiti naturali di una bimba di 4 anni. Finisco a volte per renderla insicura e aggressiva con le mia severità, mentre laddove cerco di farla sentire apprezzata fa come se non avesse bisogno di aiuto (tanto sa fare da sola!). Come si fa a trovare il giusto mezzo?
Mariateresa Giannone Ferramondo:
Nessuno ci insegna come essere genitori ed è molto dura,ma penso che anche se costa bisogna stare un passo indietro, incorggiandoli sempre e rendendoli responsabili. Dagli errori si può imparare tantissimo se si ha l'umiltà di rimettersi in gioco!
Giuliana Zimucci è proprio un lavoro difficile, perchè costa a noi stessi fatica. E a volte sei così stanco che molleresti facilmete la presa, per stare un attimo tranquillo. abbiamo noi stessi sperimentato che la vita ti dà delle batoste, e se li amiamo dobbiamo far capire ai figli che saper accettare la frustrazione significa crescere.
Nuovo commento su FB (sono timide e non scrivono qui)
Giuliana Zimucci Gabriella: quanto ti capisco...! per me è la stessa cosa.... a volte ho paura di fissarmi su una regola solo per il principio che devo dettare io le regole e lui ubbidire. Forse la soluzione sarebbe quella di saper valutare bene quali sono realmente le cose su cui essere rigidi (si fa così punto) e quelle su cui invece si può chiudere un occhio, magari accompagnandolo in una nuova scoperta (e qui bisogna trovare tempo, modi e limiti). Se sbaglio, mi corriggerete!
Caro Paolo, a questo punto aspettiamo una risposta!!!
Personalmente credo che qui è uno di quei casi in cui ci si possa spendere ruoli diversi tra madre e padre. Dove l'aspetto della giustizia è paterno e quello della "misericordia" materno.
Credo anche che non dobbiamo far passare il messaggio che quello che il genitore dice è trascurabile. Non credo alla "testardaggine" quindi, credo che se ti chiedo una cosa quella è. Al massimo posso aiutarti a farla, ma non dispensarti. Altrimenti ciò che resta è che la mia parola è flatus vocis.
Il che comporta un impegno anche peggiore, perché vuol dire riflettere prima di chiedere. Capire se possiamo chiedere oppure no. E chiedere è imporre, ordinare o richiedere?
Sono situazioni diverse.
Spero di essere stato chiaro.
Grazie a voi!
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